Di Adriano Falanga
A Scafati l’ospedale Mauro Scarlato è oggi un insieme di reparti sotto la direzione di altri due ospedali, quelli veri però: Villa Malta di Sarno e Umberto I° di Nocera Inferiore. Tutto iniziò nel 2010, quando la Magistratura decise, a seguito di tristi accadimenti, di accelerare il decreto regionale 49° firma Stefano Caldoro, nato sulle ceneri della bozza Zuccatelli dell’ex giunta Bassolino. Fu deciso che a Scafati il Pronto Soccorso non serviva, e poco importa se la struttura quanto a interventi effettuati era seconda solo al Ruggi di Salerno. Centinaia di migliaia di utenti potevano essere serviti dal pronto soccorso del nosocomio di Nocera Inferiore, e poco importava anche se, come era prevedibile, questo finisse con il collassare. Il resto è storia nota, Scafati ha subito una riconversione, ospitando il Polo Pneumologico trasferitosi da Nocera. Resta la lungodegenza, ma resta comunque senza pronto soccorso. Per avere un qualcosa che sulla carta si chiama primo intervento, c’è voluto l’intervento della giustizia amministrativa. La città, e con essa le forze politiche, sembrano aver metabolizzato la grave perdita, salvo poi ricordarsene quando accade il fattaccio, e ci si scontra con la pesante realtà e i disagi dal non avere un pronto soccorso a disposizione. Nulla contro nessuno, ma lo scontro politico sul delicato tema presenta tratti di pura ipocrisia. La politica protesta, ma è stata la politica a chiudere il pronto soccorso, e solo la politica può riaprirlo. E l’ipocrisia è ancora più evidente quando l’ospedale Scarlato si trasforma in materia da campagna elettorale.
Il centrodestra oggi dimentica di essersi “venduto”, elettoralmente parlando, la sua riapertura, ma il centrosinistra sembra non essersi accorto che a capo dei Ministeri, del Governo e della Regione Campania siedono oggi quei candidati per cui hanno chiesto voti in campagna elettorale. E lo stesso vale per il M5S, che ha parlamentari salernitani eletti anche con i voti degli scafatesi, sedere in commissione Sanità a Montecitorio, e non essere riusciti a cavarci un ragno dal buco. Non da ultimo il Cotucit, il tramite cui leader Michele Raviotta ha più volte minacciato le dimissioni: “Se entro fine settembre non saremo ricevuti da De Luca e avremo risposte certe, io sono pronto a dimettermi. Ed invito anche gli altri consiglieri comunali a farlo”. Le uniche dimissioni che Raviotta è stato disposto a firmare però, erano quelle che avrebbero permesso al sindaco Pasquale Aliberti di ricandidarsi per il terzo mandato, nonostante il commissariamento del Comune.