Scafati. Ancora nuovi e inquietanti dettagli sull’attività criminale del clan Famiglia, operante tra Scafati e Pompei, grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Di Dato, 29 anni, durante un interrogatorio condotto dai sostituti procuratori della Dda di Salerno, Elena Guarino e Carlo Rinaldi, presso la Casa Circondariale di Ariano Irpino. Di Dato ha delineato i ruoli principali all’interno dell’organizzazione e ha fornito particolari preziosi su una rete che si estendeva ben oltre i confini provinciali, coinvolgendo anche Paesi stranieri come Albania e Germania. Durante l’interrogatorio, Di Dato ha chiarito le responsabilità dei fratelli Antonio e Raffaele Forte. “Antonio Forte gestiva l’intero traffico di cocaina. Era lui a occuparsi dei rifornimenti e a distribuire la droga nelle piazze di spaccio,” ha dichiarato Di Dato. “Raffaele, suo fratello, si occupava della logistica, soprattutto per quanto riguarda i furti d’auto. Avevano una squadra di esperti che usavano dispositivi elettronici per rubare le macchine senza far scattare l’allarme.” Di Dato ha anche fatto luce sul racket dei “cavalli di ritorno”, gestito da Gaetano Esposito, una delle figure chiave dell’organizzazione criminale. “Esposito era il responsabile del racket. Rubava le auto e poi contattava i proprietari per richiedere un riscatto, restituendo il veicolo solo dietro pagamento.” Le dichiarazioni del collaboratore non si sono fermate al traffico di droga e ai furti. Di Dato ha raccontato di episodi di estrema violenza ordinati dai vertici del clan. “Salvatore Di Paolo ordinò il pestaggio di due spacciatori, Salvatore ‘il Chiattone’ e Nunzio, perché non avevano pagato un debito di droga. L’aggressione avvenne in una pizzeria per dare un messaggio a tutti gli altri,” ha riferito Di Dato. Particolarmente rilevanti sono stati i dettagli sui legami internazionali del clan, che permettevano ai fratelli Forte di gestire il traffico di stupefacenti e armi. “Antonio Forte aveva contatti con trafficanti in Albania e Germania, da cui provenivano droga e armi, poi distribuite in Campania o inviate all’estero,” ha aggiunto Di Dato. Infine, Di Dato ha riconosciuto diversi membri dell’organizzazione attraverso foto mostrate durante l’interrogatorio, tra cui Renato Sicignano, che gestiva una delle piazze di spaccio a Scafati. “Renato Sicignano lavorava con la sua compagna Imma e altri affiliati come Vaccaro Guglielmo e Vincenzo, ex guardia penitenziaria. La droga veniva fornita da Antonio Forte, Salvatore Di Paolo e da me, e veniva consegnata ogni due o tre giorni.” Le rivelazioni di Di Dato sono solo l’inizio di un’indagine che si preannuncia complessa, destinata a scardinare una delle reti criminali più radicate della provincia di Salerno.
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