SCAFATI. Ha resistito, ha resistito ma alla fine anche lo storico e rinomato Bar Cerrato ha chiuso i battenti. Posto nella centrale piazza Vittorio Veneto, lo storico bar, famoso per il suo pregiato caffè fatto dal “professore” e servito rigorosamente in vetro, o per la sua sfogliatella, ha calato la serranda lasciando l’ennesimo vuoto in quello che era una volta centro nevralgico della città. Correva l’anno 1860, Garibaldi conquistava il Regno delle Due Sicilie e lo “consegnava” al re Vittorio Emanuele II a Teano, Abramo Lincoln diventava presidente degli Stati Uniti d’America, l’imprenditore Alfonso Cerrato, apriva i battenti di quella che presto sarebbe divenuta un’istituzione per questa città. Artisti, politici, esponenti di spicco della società civile non solo locale, ma di tutta le regione, sono passati per queste mura. Una volta vera “fabbrica” di prelibatezze, arrivò all’apice negli anni 80, quando si tenne addirittura la festa (almeno così racconta la tradizione popolare) del miliardo di lire accumulato dalla famiglia di gestori. Tredici dipendenti, lentamente diminuiti fino a che l’attuale proprietario, il pronipote dell’Alfonso fondatore, Ferdinando, non è rimasto solo a tenere in piedi la struttura. Cerrato è solo l’ultimo di una serie di attività commerciali che per decenni hanno dato lustro alla città. “Cormun”, “Angrisani”, “Giarretta”, “Bar Cirillo”, solo per citarne alcuni, sono tutti tristemente rappresentati oggi da serrande calate. Colpa della crisi? Relativamente. Colpa anche di amministrazioni comunali che negli non hanno voluto riqualificare il centro, lasciando che il degrado sia sociale che urbano prendesse il sopravvento. Piazza Vittorio Veneto, così come via Cesare Battisti e il quartiere Vetrai, da memoria storica sono diventati una sfilata di palazzi decrepiti, abbandonati, molti pericolanti. Un quartiere in cui non esiste più nulla, e in cui non viene più nessuno. Gli immobili, sempre più a buon prezzo, vengono oramai affittati il più delle volte al nero ad immigrati extracomunitari, la cui convivenza con i vecchi residenti spesso diventa difficile e in alcune circostanze pure violenta. «Qui nessuno vuole più venire -spiega il 57enne A.N., uno dei pochi commercianti rimasti- sono anni che si parla di riqualificare il centro storico, ma ad oggi non un solo euro è stato investito». Eppure i progetti ci sono, le promesse non mancano, soprattutto in tempi di campagna elettorale: «E certo – aggiunge F.G. 24 anni – noi infatti stiamo proprio aspettando i nuovi candidati venire da queste parti. Siamo stanchi di essere presi in giro, qui non c’è rimasto più nulla. I palazzi ci cadono addosso». Poi, mostrando un bastone di legno marcio, lo agita, sorride e con fare ironico mormora: «so io come accoglierli».
Adriano Falanga