Di Adriano Falanga
Pubblicata anche la relazione del Prefetto di Salerno Salvatore Malfi, nella quale sono edotte, in maniera più articolata, le motivazioni che hanno comportato lo scioglimento del consiglio comunale di Scafati e il suo commissariamento per diciotto mesi. Il documento è frutto dei sei mesi di lavoro della commissione di accesso, nonché sintesi dell’iter giudiziario avviato nei confronti dell’ex sindaco Pasquale Aliberti e di suoi stretti collaboratori. Sullo sfondo naturalmente le dichiarazioni del pentito Alfonso Loreto, ma non solo. Perché la lunga lista di vicende anomale e penalmente rilevanti, è arricchita anche da motivazioni di carattere politico-amministrativo. Non solo camorra quindi, ma anche scelte e azioni politico amministrative ritenute non corrette, finalizzate a determinare e conservare quello stato di cose che hanno portato a Scafati l’etichetta di illegalità. Le vicende sono note oramai, e tutte ruotano attorno alle figure centrali dell’intero decreto: Pasquale Aliberti, la segretaria Immacolata Di Saia, lo staffista Giovanni Cozzolino, l’architetto Maria Gabriella Camera, Roberto Barchiesi ex consigliere comunale, Ciro Petrucci ex vice presidente Acse. Figure in cui si consuma il “sistema Scafati”. Citata anche Monica Paolino e altri tra dirigenti e funzionari comunali. I nomi sono sempre tutti coperti da omissis, ma le cronache giudiziarie ci hanno ampiamente restituito la loro identità. Drastica la sintesi delle irregolarità evidenziate dal Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica tenutosi il 28 ottobre 2016. “La macchina comunale risulta affetta da una forma di controllo sistematico, attuata dal sindaco congiuntamente al segretario generale. Tale forma di controllo è esercitata anche attraverso l’architetto (Camera, ndr) chiamata al comune di Scafati con contratto a tempo determinato dai medesimi soggetti, finanche in tema di appalti”. Il Prefetto Malfi evidenzia anche il come la commissione d’accesso abbia avuto “diretta percezione della presenza fisica di esponenti della criminalità nel Comune, allorquando, all’inizio della sua attività e nel corso di un accesso, ha rilevato che due pluripregiudicati erano presenti nella sede comunale durante l’orario di chiusura al pubblico (uno in attesa davanti alla segreteria del Sindaco e l’altro davanti all’ufficio di Ragioneria). Tali soggetti – si legge ancora – risultano condannati rispettivamente a 12 anni di reclusione ed a 6 anni e 8 mesi in quanto ritenuti partecipi di una pericolosa organizzazione criminale”. Il Prefetto Malfi precisa anche che uno dei due è risultato padre di un componente del cda dell’Acse.
La segretaria comunale è poi destinataria di un apposito paragrafo delle 36 pagine redate da Malfi. Il Prefetto di Salerno ricorda la sua collaborazione nei comuni sciolti per infiltrazioni camorristica: Casapesenna, San Cipriano D’Aversa, Casal di Principe, Battipaglia. “Viene ritenuta dagli inquirenti vicina al sindaco arrestato per Camorra a Casapesenna”. Segue poi una serie di dichiarazioni rese da funzionari e consiglieri comunali sulla figura della Di Saia. “La macchina amministrativa è gestita in maniera totalitaria e diretta dal binomio sindaco e segretaria generale” dirà un consigliere comunale. Dirà poi l’ex comandante della Polizia Municipale: <<Un Tenente responsabile dei controlli in materia di abusi edilizi la cui sorella è l’ex moglie di un pluripregiudicato per furto, lesioni, estorsioni e droga è autonomo nella gestione dell’attività di controllo sul territorio sia per quanto riguarda le autorizzazioni sia per quanto concerne le verifiche relative alle ordinanze di abbattimento per le opere abusive. Non vengo informato con continuità circa le attività in corso di accertamento… ho avuto il sentore che la mia buona fede sia stata spesso utilizzata”. Una serie di dichiarazioni che portano queste conclusioni: “Tali elementi rendono evidente che il Sindaco e la Segretaria Generale hanno fatto ricorso ad un sistema di atteggiamenti condizionanti, tali da causare la perdita dell’autodeterminazione nei dirigenti e funzionari con la conseguente mancanza di autonomia gestionale e di supervisione nei settori strategici dell’Amministrazione”. Così il giudizio del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, presieduto dal Prefetto e composto, tra l’altro, dal Questore e dai comandanti provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato.