di Oreste Vassalluzzo
«E’ una storia che mi ha segnato non poco. Mi ha segnato negli affetti familiari e nelle relazioni sociali». E’ l’ex sindaco di Battipaglia Giovanni Santomauro a parlare. Nel salotto della sua abitazione racconta quello che ha esposto l’altro giorno davanti al Gup Emiliana Ascoli durante l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio richiesto dal Pm della Dda di Salerno Rosa Volpe nell’inchiesta politica e appalti che ha coinvolto l’amministrazione comunale di Battipaglia e che culminò, nel maggio 2013, con l’arresto dell’ex sindaco e degli imprenditori Nicola Madonna e Attilio Guida, oltre che di dirigenti del Comune e tecnici. Santomauro ha risposto all’accusa di concussione sessuale nei confronti di due donne, una straniera e una italiana, e di concussione per aver chiesto l’assunzione di un operaio, oltre che per abuso d’ufficio. Con la consapevolezza di chi crede di poter smontare ogni accusa, Santomauro chiarisce il suo ruolo in tutta questa vicenda. «Ho commesso un solo errore – ripete sul suo divano di casa -, ho consumato questi rapporti nella Casa Comunale. Ha sbagliato l’uomo e non il sindaco. Quei rapporti avrei potuto consumarli ovunque e comunque ma non ho mai adottato provvedimenti in favore di qualcuno, che non siano stati dovuti, e nemmeno nei confronti di queste due donne. Ho sempre rispettato il mio ruolo di pubblico ufficiale». Santomauro insiste su questo punto. «Ho trovato loro un lavoro presso privati sfruttando la mia amicizia personale. Lavoro che tra l’altro non è stato né duraturo né di particolare rilievo». Negli occhi dell’ex primo cittadino c’è tutta la rabbia di mesi di silenzio e la voglia di chiedere scusa alla propria famiglia e ai cittadini di Battipaglia, ma anche quel senso di riscatto che prima o poi l’affrancherà dagli eventi subiti. «Un errore grave ho commesso ed è quello di aver tradito la fiducia della mia famiglia – continua con commozione -, dei miei figli e dei cittadini battipagliesi. Per questo chiedo scusa ai cittadini come ho già fatto con la mia famiglia. E’ un comportamento che ho avuto eticamente censurabile, ma non vi è nulla di censurabile come reato». Giovanni Santomauro non ha più nulla di quell’atteggiamento che da sindaco aveva assunto durante il suo mandato. «Mi sembra ancora di vivere un sogno – ammette parlando della sua vicenda giudiziaria -. Quarant’anni di vita istituzionale in cui ho creduto e a cui ho dedicato la mia vita sono stati oscurati completamente da questa vicenda. Ho gestito enti importantissimi e su questioni delicate e non sono mai stato coinvolto in vicende giudiziarie. Ho sempre operato con grande spirito di servizio e per il bene della comunità. E’ un prezzo troppo alto questo che sto pagando rispetto a quella che è ed è stata la mia storia professionale da sempre limpida e trasparente». Santomauro rivendica anche come un atto del tutto normale e previsto dalle norme la segnalazione di un operaio ad una ditta. Caso per cui è indagato dalla Dda. «Segnalare una persona per un posto di lavoro fa parte delle prerogative del sindaco a cui è chiesto di operare per il bene dei suoi cittadini e per lo sviluppo sociale ed economico della comunità – ha detto l’ex sindaco -. Questo operaio, che tra l’altro nel passato mi ha anche aggredito, mi aveva confessato il suo disagio economico. E chi non ha amicizie in ambito amministrativo a chi si rivolge se non al sindaco? Avevo il dovere giuridico e morale di aiutare questa persona». Santomauro, da ex segretario generale del Comune di Battipaglia, rivendica la correttezza degli atti consumati. «Tutte le varianti che sono state approvate per i due lavori per cui sono indagato sono pienamente legittime – dice -. Ho avuto la fortuna di avere collaboratori seri e corretti. E per questo voglio ringraziare Fausto Dragonetti, Pasquale Angione e Gerardo Paraggio». Giovedì il Gup deciderà sul rinvio a giudizio dell’ex sindaco e di altre 14 persone indagate a vario titolo nell’inchiesta condotta dal Pm Rosa Volpe. «Spero di uscire presto da tutta questa vicenda che mi ha segnato profondamente e che non meritavo».