di Oreste Vassalluzzo
BATTIPAGLIA. Sono un battipagliese. Come si dice dalle nostre parti «nato, cresciuto e pasciuto» nella città più importante della Piana del Sele. Da vent’anni ho seguito per lavoro le sorti politiche e amministrative di Battipaglia. Ho visto le stesse facce, scritto gli stessi nomi, ascoltato sempre gli stessi discorsi. Ora ci piove addosso, come cittadini di Battipaglia, l’etichetta di “camorristi”. Un marchio a fuoco che non credo di meritare e come me la pensano tutti i battipagliesi. Ma certo è che qualcosa davvero non andava, e anzi, non va in quel palazzaccio sorto negli anni del fascismo in piazza Aldo Moro. «Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo». Prendo a prestito, non a caso, una frase del magistrato antimafia Paolo Borsellino. A Battipaglia è accaduto proprio questo. La politica, o meglio certa politica, ha trovato una via di dialogo con la criminalità organizzata. Una criminalità in giacca e cravatta. Qualcosa che va “oltre” la camorra. E a questo gioco si è prestata mostrando il fianco debole, quello più becero? O forse ha soltanto evitato di guardare, girandosi dall’altra parte? Le risposte verranno dalle motivazioni del decreto di scioglimento del consiglio comunale per “infiltrazioni mafiose”. Si sapranno, nomi, facce e circostanze. Di certo sparare al “politico” è un esercizio facile quanto inutile. E poi è, anche se non del tutto, profondamente ingiusto. Di certo la politica senza l’avallo di dirigenti, funzionari e impiegati pubblici, non è in grado di fare nulla. Se collusioni ci sono state, e alla luce di quello che è accaduto ci sono state, nessuno è esente. La politica e la burocrazia hanno fatto ognuno la propria parte sulle teste dei cittadini di Battipaglia. Di storie “strane” ne abbiamo raccontate molte, noi di Cronache, a partire proprio da quell’appalto per il completamento della Casa Comunale da cui è partita l’inchiesta della Dda di Salerno che ha spazzato via l’amministrazione guidata dall’ex sindaco Giovanni Santomauro. Già, proprio lui, l’ex sindaco, ex segretario generale per vent’anni al Comune di Battipaglia. E’ stato anche direttore generale dell’ente. E Casal di Principe la conosceva per avervi sostato, per lavoro s’intende, per alcuni anni. Non sta a me “sputare sentenze”. Non è nel mio carattere, non è nel mio ruolo. Ma di certo la camorra, intesa come interessi vari e spesso illeciti, ha trovato terreno fertile in un apparato burocratico che non può essere stato realizzato in quattro anni di lavoro da primo cittadino. Si tratta di un “sistema” che viene da lontano. Chi non ricorda la sala piena, a palazzo di città, quando nel 2009 Michele Figliulo, allora segretario provinciale del Pd, sancì la candidatura di Giovanni Santomauro, da poco defenestrato dal suo ufficio di segretario generale dall’ex sindaco Gennaro Barlotti, a sindaco di Battipaglia. Quella sala era piena di dipendenti del Comune. Tutti ad applaudire il loro “comandante in capo”. Se di “sistema” si parla. Non può prescindere dalle responsabilità politiche e amministrative i cui personaggi devono essere individuati e colpiti. Dalla giustizia e dai cittadini. Chi ha sbagliato deve essere sbattuto fuori senza troppi indugi. La commissione che gestirà il Comune di Battipaglia lo deve ad una intera comunità che non merita un’etichetta infamante solo per quattro “ladri di galline”.