“Quando sono nato mio padre non era ancora laureato, non aveva un lavoro e né tanto meno aveva intenzione di mettere al mondo un bambino. Egli fu sostanzialmente obbligato da mia madre e ne è stata testimonianza la sua rivelazione nei miei confronti in cui, per l’appunto, egli affermava di non volere un figlio.” Parole, quelle di Federico Sanguineti, che per quanto possano sembrare apparentemente colme di dispiacere sono espresse con un sentimento quasi frigido, a testimonianza -probabilmente- del rapporto non sempre roseo con la figura paterna. Sanguineti, difatti, mette in luce i propri ideali, affermando di non essere conformi a quelli del padre Edoardo e manifestando un’indubbia libertà di espressione che, pur essendo minimamente influenzata dallo stile del padre, risulta essere particolarmente peculiare. Ad oggi Federico Sanguineti è filologo e accademico presso l’Università di Salerno e autore di diversi libri, ultimo dei quali “Le parolacce di Dante Alighieri”, opera di cui si è potuto discutere quest’oggi in compagnia proprio dell’illustre autore torinese, il quale si è prestato alle numerose domande poste da parte degli studenti di diversi istituti scolastici salernitani. All’interno della propria opera l’autore ha sottolineato con enfasi la molteplicità dei temi presenti, i quali vengono trattati attraverso un’accurata analisi della celeberrima Divina Commedia di Dante Alighieri. Sanguineti, difatti, si presenta affermando di non essere intenzionato a tenere una lezione, ma di voler interpretare e riflettere, insieme agli studenti, sulle parole della Divina Commedia. A tal proposito l’autore pone un’ulteriore riflessione circa il metodo di insegnamento attuale, richiamando a sé un’affermazione fatta da Dante nella Monarchia il quale affermava che l’essere umano vive sulla Terra spinto dalla propria fame di conoscenza e dalla propria curiosità; tuttavia la curiosità dell’uomo deve stimolare alla ricerca di novità e non alla ripetizione in modo meccanico di un sapere già noto. I sapienti, inoltre, non sono in grado di insegnare e hanno il solo compito di apprendere. Sanguineti, dunque, alludendo alle parole del Sommo Poeta, critica l’istituzione scolastica dei giorni nostri, affermando la necessità di una scuola identificata come luogo di ricerca comune e non di trasmissione del sapere, dove studenti e insegnanti collaborano unanimemente per lo stesso scopo, riducendo le nozioni teoriche e applicando al contempo un insegnamento pratico maggiormente incisivo. Dante, dunque, può essere concepito come un poeta innovatore, che stravolge le convenzioni del Trecento attraverso una visione progressista. Egli, difatti, oltre che a sostenere un metodo di insegnamento innovativo, introduce per la prima volta nella storia l’immagine di un angelo donna attraverso la figura di Beatrice, suscitando scalpore. Nel Paradiso, inoltre, Dante mostra l’inesistenza della proprietà privata, criticando quella che era l’avidità della società borghese dell’epoca e anticipando, dunque, il Comunismo di Marx. Sanguineti, illustrando, i vari aneddoti citati all’interno della Commedia invita gli studenti a riflettere circa la critica di Dante verso le convenzioni sociali del Trecento, le quali si riflettono, tuttavia, ancora oggi. Non a caso la Divina Commedia è considerata una vera e propria enciclopedia del pensiero, la quale –come afferma Sanguineti- non va studiata, bensì interpretata, traendone profitto per migliorare un mondo che per quanto possa essere all’avanguardia, risulta ancora legato a convenzioni e limiti sociali di un’epoca ormai troppo lontana. Per rivedere l’incontro cliccare sul link: https://www.youtube.com/watch?v=TYfT6wlvje0&t=116s
Michele De Prisco