Giornata triste per la città, folla scontenta per il rito smembrato, rispettato nelle case e nei piccoli segni di quella festa che è e resterà in tutti noi
Di OLGA CHIEFFI
Ne’ “Le leggi fondamentali della stupidità umana”, Carlo Cipolla affronta un tema di grande interesse ed attualità, in tempi come i nostri segnati da rinnovate “debolezze” dell’intelligenza. Lo stupido è “una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita”. Durante questa giornata che avrebbe dovuto essere di festa, il pensiero è volato a quella divertente parodia della storia sociale antica che è “Allegro ma non troppo” edito da Il Mulino. Chi ha “vinto” in questa giornata? Nessuno. Dai commenti di quanti hanno seguito la processione nei vari punti del percorso, la delusione è stata corale. “Una celebrazione triste – è stato affermato dinanzi ad uno dei punti caldi quello della Pasticceria Pantaleone – finanche le bande non hanno suonato nel primo attraversamento dei Mercanti. Queste schermaglie di infima lega, in particolare da parte del Comune, non fanno bene a nessuno, tanto meno a chi le istiga”. Lentissimo il percorso, bagno di folla a Portanova, la fermata dedicata ai sofferenti, bande in grande spolvero sulla Via Roma, dove tra due ali di folla, sono state intonate marce, quali Cinesina, da parte della formazione di Cava de’ Tirreni, diretta dal M° Ciro Vigorito, seguita dal concerto bandistico di Pellezzano, con in testa il M° Giuseppe Genovese, che ha seguito la statua di San Giuseppe, mentre l’inedita Rooney’ March ha rivelato lo storico concerto bandistico “Città di Salerno” di Rino e Rosario Barbarulo, che ha accompagnato la paranza di San Matteo. L’ attesa dell’ unico evento della giornata, la processione, per di più turbata dalla tensione e il timore di scontri (Vescovo con guardiaspalle) lungo il percorso per di più privo delle abituali transenne (l’amministrazione comunale non ha concesso nemmeno quelle, oltre a negare il labaro), sorvegliato da celerini in tenuta antisommossa, è cominciata naturalmente a tavola, con i “piscitielli fritti”, il mazzame “’a meveza” imbottita di prezzemolo, aglio e mentuccia, cotta nell’aceto, con peperoncino rosso; “mulignane spaccate”, “maruzzelle” bollite, friarielli, scagliuozzi, frittelle varie, fichi d’India, e il trionfo delle Santarosa di Mario Pantaleone, che quest’anno hanno veramente impreziosito le tavole con una elegante sottolineatura di profumo di limone nella crema. Poi, si è seguito l’inquadramento delle bande con la formazione maggiore che ha rallegrato Piazza Amendola, Largo Campo, Piazza Abate Conforti, e quindi giungere attesissima e applaudita dal pubblico sotto lo scalone del duomo. Intorno alle 21,45, il rientro in cattedrale sotto una pioggia insistente che ha ancor di più disperso quanti avevano deciso di omaggiare il Santo Patrono. La quarta banda che ha seguito San Matteo è stata quella dei tanti bimbi che stringevano tra le mani il “pulicinelluzzo” ritornato con il suo venditore dopo due anni di assenza, la sua sigla, nel richiamo particolare, un piccolo cono di cartone, ricoperto di carta colorata con una trombettina di plastica che cambia di tono all’alzarsi e abbassarsi di uno stantuffino, con in cima la testa di un piccolo pulcinella di creta che conduce profanamente la processione, stavolta non verso il gran finale, ma verso un futuro che vorremmo degno di un evento che è dell’intera popolazione di Salerno.