Salvatore Giannella e il pianoforte romantico - Le Cronache Spettacolo e Cultura

Questa sera, alle ore 19 il pianista salernitano si esibirà nella sala dei Lecci del Bioparco di Roma, ospite del cartellone della Camera Musicale Romana, firmato da Elvira Iannuzzi

Di Olga Chieffi

In una serata interamente dedicata al genio romantico di Robert Schumann e Fryderyk Chopin,  dal titolo “Il pianoforte romantico tra narrazione ed emozione”, sarà stasera, alle ore 19, protagonista il pianista salernitano Salvatore Giannella, nella sala dei Lecci del Bioparco di Roma, ospite del cartellone della Camera Musicale Romana, firmato da Elvira Iannuzzi. Per il rècital romano, Salvatore Giannella, ha scelto di iniziare con il Robert Schumann del Carnaval, Scenes mignonnes sur quatre notes op.9, composto tra il 1834 e il 1837. In Carnaval, un fatto eminentemente musicale e in certa misura soprattutto tecnico, l’impiego del principio della variazione, inteso come trascolorare, anche dal punto di vista dell’espressione e dello stile, di una sostanza unica, capace di generare gli esiti più imprevedibili, veniva a coincidere con la citazione di uno dei temi principali del Romanticismo, quello della maschera, del travestimento, della molteplice scissione della personalità in aspetti radicalmente diversi, e che Schumann aveva mutato da scrittori come Jean-Paul e E.T.A. Hoffmann. Un fatto che si ripete spesso in Schumann, specialmente nelle composizioni del suo primo periodo, quello precedente al 1840, quando il musicista, ormai trentenne, avrebbe provvisoriamente abbandonato il pianoforte, sin allora suo quasi esclusivo terreno d’azione, per imboccare la strada delle grandi forme sinfoniche e cameristiche. Con il Carnaval questa aspirazione a tradurre autobiograficamente la letteratura nella musica, e viceversa, tocca la realizzazione forse più alta e più ampia. Bisogna spiegare innanzitutto che cosa significano le “quattro note”. Le note musicali, nei paesi tedeschi, vengono denominate con lettere dell’alfabeto dalla A alla H. Tutti sanno che un nome può essere tradotto in suoni. Il nome di Ernestine von Fricken non si prestava a formare un tema, ma il nome della sua città Asch sì, ma con un piccolo trucco: il Mi in tedesco si legge ES. Asch diventa dunque la, mi bemolle, do, si. Proseguendo nel gioco si può leggere la parola Asch suddividendola in As e Ch, così si arriva a La bemolle, do, si. Inoltre, se si legge musicalmente il nome Schumann, abbiamo di nuovo le lettere del nome Asch nella formulazione di Scha, un modo ingegnoso di intrecciare qualcosa di Ernestine e del suo innamorato Robert. Ancora una festa mascherata diventa lo sfondo indispensabile per comunicare i mutevoli aspetti di una vita interiore tormentata e al contempo vivace. Il legame con i Papillons risulta evidente. Un affresco policromo, come nessun’altra composizione di Schumann, nel quale differenti stati d’animo si compensano e si annullano abilmente per poi immergersi di nuovo nella gaia ed ironica mascherata. Il tutto si chiude infine sulla “rumorosa ed enfatica” marcia della Lega di Davide. La vita stessa esprime la sua complessa varietà attraverso l’espediente delle maschere; non quindi un atteggiamento univoco, non una visione compatta, bensì un’opera che vuol riflettere sull’insopprimibile molteplicità del mondo sotto una luce inequivocabilmente radiosa. Se per comprendere la musica di Schumann è indispensabile conoscerne i riferimenti extra musicali per contestualizzarne la narrazione, nel mondo chopiniano l’emozione del suono prevale su ogni possibile rappresentazione e la poesia che ne scaturisce è “musica assoluta”. Seguirà l’Andante spianato et grande polonaise brillante op.22 in Mi bemolle Maggiore di Fryderyk Chopin, datato 1832. Se si volessero sintetizzare in breve le caratteristiche dello stile pianistico chopiniano si può dire che due sono gli aspetti fondamentali presenti nelle composizioni di questo musicista: anzitutto il cosiddetto “tempo rubato” e il dinamismo interiore da cui le opere chopiniane traggono vitalità attraverso le diverse gradazioni nel passaggio dal forte al piano e viceversa, per contrasto o per sfumatura, così da realizzare quella tensione psicologica ed emozionale di forte espressività romantica, pur nella mutevolezza degli accenti dinamici del linguaggio pianistico. Il virtuosismo ha un ruolo di prim’ordine e appartiene allo Chopin più autenticamente sincero e coerente con se stesso. Si continuerà con le due Polacche dell’op.26, probabilmente concepite come un dittico, in cui Chopin impiega un vocabolario armonico straordinariamente ricco e personale, restituendo la propria idea in uno stile epico: l’Allegro appassionato della prima in Do diesis minore penetra fin dalla vigorosa iniziale affermazione , la seconda definita la Siberiana, si conclude drammaticamente con un “a solo” fortissimo seguito da due accordi in pianissimo. Finale pirotecnico con la Polacca op. 53, “Eroica”, che resta una delle vette indiscusse del pianismo romantico, nome dovuto alla bellezza e all’incisività di temi che rimangono scolpiti, evocanti sia il sentimento eroico e patriottico, sia quello malinconico e nostalgico, in una straordinaria virtuosità di scrittura, che raggiunge il suo acme nell’episodio caratterizzato dal famoso ostinato di ottave in crescendo. Una digressione nostalgica precede la riapparizione del tema iniziale che conclude trionfalmente la composizione.