Giovannii Perna
La ricreazione è finita. Se ne accorgono pure i bam- bini delle scuole calcio. Lo senti. Il caldo era quello che potevi sentire sulla pelle, il gubbino leggero è finito quasi immediatamente ri- piegato sulla tracolla, quella che contiene il * né- cessaire* in termini di li- quido, echi di ricambio, powerbank.Entravo con lui, fianco a fianco, dal tornello abbonati. Fisico asciutto, i colori granata addosso. «Vi vedo spesso in tv. Vorrei
tanto dare una mano», mi di- ceva. «E noi più che tifare non possiamo» gli ho risposto. «No, io vorrei aiutare questi ragazzi, un tempo qualche gol lo facevo», mi confessa con un sorriso timido, carico di quella passione che non muore mai. Si chiama Italo Tramontano, bomber di razza, e il 9 aprile ha com- piuto 84 anni. Me lo diceva con un sorriso che quasi mi spezzava il cuore. Io non ho sorriso, ho pianto. Sai quando hai bisogno di un certo tipo di
parole, e te le senti dire? Ecco.Rieccolo davanti a me, il Fussball Club Südtirol, faceva caldo anche a Bolzano, ad agosto ed all’alba di una sta- gione così difficile. In panca anche loro hanno un altro, hanno Castori, e so di darvi un dolore quando scrivo che non sta sul podio dei “miei” allenatori.Più che il Fussball Club Südtirol il vero nemico era il tempo. Lo sapete come è la storia: la tensione che sale, il pallone che pesa come il piombo: ogni contrasto una guerra, ogni passaggio una lotta per la salvezza.Guar- date, poco mi interessa par- lare di numeri. È la testa, l’atteggiamento che guardo e che mi (ci) occorre. Conta sa- pere che adesso abbiamo in- dossato il Corazza. Come facesse a stare seduto prima, lo capiremo poi.Gli assist, due. Prima per Ghiglione, poi per Ferrari. Nel giorno che si invocava l’attacco l’abbiamo vinta con la difesa. La rac- chetta di Pietrangeli, le di- stanze accorciate, la sofferenza successiva. Tutto atteso, da queste parti non c’è bisogno di Trump per sapere quanto sono salati i dazi. L’abbiamo vinta con la difesa, l’abbiamo vinta con Christen- sen versione Cremona, al 92’. E forse la storia cambia da qui in poi.Ma è una di sei, cia- scuna propedeutica all’altra. La prendo, la annuso questa vittoria, la classifica la guar- derò dopo il Mantova e prima di Marassi.La fiala di adrena- lina che avevo conservato in frigo, la tiro fuori. Avevo paura di non doverla più usare, avevo paura che un po- meriggio così non mi avrebbe chiesto il cuore, ma così è stato. La stagione, oggi, non sembrava più un film da riav- volgere con malinconia. No, torna ad essere un thriller da
vivere. Non è poco.Alla fine, nessuno voleva andarsene. L’Arechi si è fermato per re- spirare, e prendere la rin- corsa.Ho visto un uomo di 84 anni, con gli occhi lucidi, entrare nel tempio granata con il cuore di un bambino. E in quel gesto, in quella scena, c’era più di quanto potessero dire le parole.Se ci fosse una sola immagine per raccontare tutto questo, sarebbe quella. Ne voglio altre ancora, fino alla fine, belle come questa.





