di Olga Chieffi
“Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole”, scrive Verga ne’ “I Malavoglia, “Il mare concederà a ogni uomo nuove speranze, come il sonno porta i sogni”, ripeteva Cristoforo Colombo. Quel “meraviglioso” viaggio dall’Italia all’America lo abbiamo compiuto nell’incantevole cornice del Teatro Verdi di Salerno, che ha prestato il suo cielo blu lapislazzuli alle sapienti luci di Francesco Adinolfi, per evocare il respiro, il rumore del mare. Il capitano della nave si presenta sulle note di “All of me” e su di un palco allestito da teatro di una nave da crociera, con tanto di Symphonic orchestra schierata, appare Sal Da Vinci a raccontare tutto di sé, inaugurando una generosissima scaletta con “El Cantante”, song dell’omonimo film, in cui appunto svela il suo essere nato per far musica. I suoni hanno da sempre accompagnato la vita quotidiana di Sal, ciò gli ha implicato da quando è salito da bambino sul palcoscenico di accettare l’ansia, di essere posizionati al limite, in una zona di confine tra passato, presente e futuro, tra l’immaginato e il possibile. Così, “’mbriacat’ ‘e sole”, si presenta da cantante del ponte principale con “Un amore così grande”, prima di mollare gli ormeggi da Napoli, alla volta di New York. Gli ottoni evocano la sirena della nave che abbandona il porto: tre suoni brevi, tre suoni che ci hanno fatto balenare in mente quelli che aprono la sinfonia della “Forza del Destino” di Giuseppe Verdi, perché per mare non ci sono taverne, si va incontro all’ignoto. Il percorso musicale disegnato da Sal ci fa ritrovare in una storia mutevole delle forme e delle innovazioni musicali, tracciate nel contempo attraverso memorie, temporalità, affettività diverse. Lasciando Napoli, un po’ di malinconia mediterranea, un po’ di blues partenopeo attanaglia la platea, con “Tu ca nun chiagne”, e “Caruso”, sottolineato dall’avvolgente suono del flicorno soprano di Gianfranco Campagnoli, prima del duetto col comico, nonché co-autore dello spettacolo, Ciro Villano, dedicato all’estate e alle vacanze. La colonna sonora di questo frame è “E la chiamano estate” di Bruno Martino e “Settembre” di Peppino Gagliardi, sulla soglia dell’oblio. Momento forte di denuncia quella dell’attrice Floriana De Marino, che ha impersonato la migrante. L’attraversamento del mare, la partenza, la speranza la notte nera dove tutto dorme e la brezza che s’infrange, fa sì che il mare sorrida. Le voci, grida, pianti, tuoni, brontolii, fischi e fracassi, respiri, cigolii, colpi, catene e battiti, crepitii e suoni, lamenti che si spengono. Ad occhi chiusi il piede che tocca la nuova terra, la mente libera sopravanza il corpo, giacchè è tempo di piccole ebbrezze nell’orizzonte della nuova vita, al di là del Mare. “A mano a mano” di Riccardo Cocciante svela il suono dell’oboe di Antonio Rufo, che ha al suo fianco il corno di Filippo Azzaretto e l’ottimo flauto di Gigi Patierno, che si è alternato anche al sax alto e all’ottavino. Il primo tempo è stato chiuso in tripudio da un medley del musical Scugnizzi, con Sal Da Vinci che ha rindossato da par suo la tonaca e la voce di Don Saverio, che lo rivelò alla platea salernitana ai principi degli anni duemila. Siamo in mezzo all’oceano e in teatro riecheggiano l’Immensità e Il Mondo, prima del secondo siparietto dedicato al ponte di Brooklyn e alla fuga di cervelli che guardano all’America. E’ il momento del medley dedicato a Renato Carosone, pezzi di musica ben assemblati, gocce d’America, di flamenco, di tango, di bajon e di cultura musicale nostra ripulita da memorie imbalsamate. E’ il momento degli ottoni e delle percussioni “latin” session “richiestissime”, composte da Franco Izzo e Alessandro Tedesco, Peppe Fiscale e Gianfranco Campagnoli con Gianluca Mirra e Antonio Mambelli, Prima dell’ omaggio a Frank Sinatra con New York New York. E’ il momento del ricordo: un ponte di musica lega Mario, Sal e Francesco Da Vinci, una famiglia musicale di grandissima umiltà ed educazione. In sala il M° Antonio Florio, ricorda di aver diretto ad un Festival del Mare al Magic Land di Licola il giovane Sal, con prove affollate, non perfettamente organizzate, in un ambiente non proprio immacolato, e i due Da Vinci si comportarono in maniera integerrima, degni rappresentanti delle loro più alte tradizioni musicali. La canzone era “Vera” che è stata intonata insieme da Sal e Francesco. Un medley dei successi di Battisti e sulle ali della musica si attracca a New York, unitamente agli eleganti ballerini Anna Ferrini ed Emilio Caruso. Gran finale sulle note del Mercante di Stelle con la grande orchestra diretta dal M° Adriano Pennino, che vanta quale spalla l’eclettico violino di Gennaro Desiderio, a sostenere la voce tenorile di Sal che si dona sempre nel registro medio acuto, di serata in serata, allontanando ogni ombra, senza temere stanchezza, sulle ali dell’abbraccio, forte del pubblico.