Rocca Cilento e il castello su Rai1: “È stato uno spettacolo indegno” - Le Cronache
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Rocca Cilento e il castello su Rai1: “È stato uno spettacolo indegno”

Rocca Cilento e il castello su Rai1: “È stato uno spettacolo indegno”

di Arturo Calabrese
Ha creato molte polemiche la recente puntata di “Camper in viaggio”, programma in onda su Rai 1. Al centro di essa, vi era il castello di Rocca Cilento, frazione di Lustra. A fomentare i commenti negativi sui social è sia la natura privata della struttura, che ha così goduto di pubblicità sulla rete ammiraglia del servizio pubblico, e sia il rifacimento che ha visto protagonista il castello negli ultimi anni. Molto critico è l’architetto Costabile Cerone: «La puntata debutta con il falso “Castello” roteante nello spazio, che inquadrato in tutte le sciagurate angolazioni viene decantato come una “Location” per eventi e soprattutto un “centro culturale” e di arte capace di aver “conservato la struttura originale – scrive – Ho avuto modo di vedere parte del filmato perché “condiviso” dalla pagina ufficiale dell’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, lo stesso Ente che avrebbe dovuto urlare a gran voce per l’atto di crudele violenza commesso sul territorio. Un vergognoso scempio storico, paesaggistico, ambientale, culturale, architettonico, urbanistico, normativo ed educativo, addirittura sdoganato con ingenuo orgoglio al mondo intero!
Ricordo che all’art. 3 dello Statuto dell’Ente Parco, una delle finalità perseguite è quella di “conservare e valorizzare il patrimonio storico-culturale-artistico” e “promuovere lo sviluppo di attività integrative compatibili” con dette finalità, pertanto invito l’Ente, sottoposto a vigilanza del Ministero dell’Ambiente, a rimuovere dalla propria pagina istituzionale il relativo link al filmato». A sostenere la medesima tesi è lo storico Pasquale Feo, che in passato ha anche ricoperto cariche istituzionali: «Camper marchette – dice – Non bastava lo stupro architettonico, ora anche il supplizio narrativo per seppellire la verità. Non pensavo che si potesse scendere fino al limite della prostituzione culturale e identitaria». Un coro quasi unanime quello degli utenti dei social.