di Alberto Cuomo
La nostra Costituzione all’articolo 9 recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. In un certo senso la Carta sostiene che il paesaggio, il patrimonio storico e artistico del paese non sono nostri, ovvero di noi viventi, ma, così come è nel significato delle parole “paesaggio” e “patrimonio”, appartenenti al Paese, alle generazioni passate e future, sì che a noi, amministratori e fruitori temporanei, tocca tutelarli per i cittadini che verranno. I beni culturali non sono solo costituiti da immobili, opere d’arte e cose concrete, ma anche mobili e appartenenti per così dire allo spirito. E, malgrado la costituzione ci affidi la responsabilità di preservarli, molti governi, centrali e locali, ne fanno mercato, economico e politico. Ad esempio, a proposito della vexata questio dei migranti, sarebbe opportuno offrire loro la cittadinanza, tanto più a quelli nati in Italia, a patto conservino le tradizioni del nostro paese, senza sollevare problemi su atteggiamenti che offenderebbero la loro cultura. Naturalmente se non si accetta che cittadini di altra formazione non rispettino la nostra cultura a maggior ragione è inaccettabile che, proprio chi dovrebbe tutelare i nostri beni culturali ne faccia un uso spregiudicato. Fu infatti singolare, qualche anno fa, che un nostro ministro al ramo, l’onorevole Dario Franceschini, abbia fatto redigere un bando internazionale di concorso per la direzione di alcuni musei, aree archeologiche, parchi, etc. che prevedesse quale titolo la capacità di management, tale da essere di fatto privilegiato rispetto ai titoli connessi alla preparazione specifica riguardante il bene da amministrare. Fu in questo modo che Massimo Osanna, pur in possesso di ottimi titoli culturali, tuttavia non superiori ad altri concorrenti, divenne prima direttore del parco archeologico di Pompei e, successivamente, direttore Generale dei musei presso il Ministero stesso. Fin qui niente da eccepire, se non che, con Osanna, convolato due anni fa a nozze a Capri, con Gianluca De Marchi, imprenditore nel campo delle sponsorizzazioni di attività culturali, fu insediato a dirigere il parco di Paestum Velia un suo pupillo, anonimo dottore di ricerca di una anonima università tedesca, tale Gabriel Zuchtriegel, che, nel corso del suo mandato ha spesso offerto alla visita dei turisti una colonna sonora scadente data da sue performance al piano dallo stilobate del tempio di Nettuno. Lo stesso Zuchtriegel cui si deve la responsabilità di un restauro, affidato secondo l’Anac ad un tecnico non idoneo, del teatro di Velia, deturpato con materiali anomali rispetto a quelli originari. Sarà per questi “meriti” che Zuchtriegel, quando Osanna è stato chiamato al Ministero, è passato alla direzione di Pompei, non senza la levata di scudi di mezzo comitato scientifico che ha dato le irrevocabili dimissioni in una lettera allo stesso Osanna ritenendo “con vivo disappunto” non sussistessero “le condizioni minime per collaborare con il suo successore”. Invero la tutela non passa necessariamente per l’uso mercantile dei beni culturali. Già il turismo, se opportunamente gestito, può tenere in vita un museo, un parco senza vi sia bisogno di snaturarli per accedere a finanziamenti privati, quelli anche, magari procurati dal marito/moglie di Osanna. E invece si prosegue lungo l’indirizzo di ricavare denaro offrendo ai privati l’uso dei nostri monumenti e, là dove non si può vendere, per la preziosità del bene, si giunge ad affittarlo o a darlo in concessione. Nel 2008, si ricorderà, fu affittato il Colosseo per tre giorni, ad una troupe cinematografica, per 150mila euro. Nel 2013, il patron francese del lusso Bernard Arnauld con Fendi ha fittato per 15 anni il Palazzo della Civiltà italiana all’Eur progettato da Libera, per 240mila euro mensili. E non a caso, ritenendosi padroni dell’edificio i ricchi inquilini, nel 2015, fecero una soprelevazione, con un solaio sporgente dalle facciate e pareti vetrate, per una megafesta di vip internazionali, meritandosi una interrogazione parlamentare a Franceschini da parte dell’architetto romano Fabrizio Rampelli capogruppo alla Camera di FdI. In questo senso alcuni comuni si sono dotati di un tariffario e a Milano sono state affittate secondo tariffa concordata con la Curia le guglie del Duomo. A Salerno pure non si va per il sottile. L’area dove oggi sorge il crescent, vincolata dal Demanio marittimo e, in quanto prospiciente il mare, con vincolo paesaggistico, è stata venduta ai privati che vi hanno costruito il noto ecomostro. Allo stesso modo sono in vendita aree pubbliche acquistate con il sacrificio dei salernitani e non utilizzate a loro ristoro, come è per l’area di via Vinciprova e per quella adiacente al grand Hotel Salerno. A loro volta il castello Arechi, il forte la Carnale, ed ora la torre Angellara, roccaforte cinquecentesca di avvistamento contro gli Ottomani, pure sono stati dati in concessione ai privati. A Paestum di recente, la direttrice del parco Paestum-Velia, oltre a rincarare il costo dei biglietti di ingresso, ha disposto tariffe per l’uso esclusivo, senza che i visitatori acquirenti di biglietti possano interferire, dei templi e persino dell’intero parco, dichiarando di essere in linea con il decreto 108/2024 a fronte dell’interrogazione parlamentare della senatrice Valeria Valente del Pd. Ormai tale uso dei beni culturali è del tutto diffuso, e non si comprende perché direttori che vengono scelti per le loro capacità manageriali utilizzino forme di affitto di cui tutti sarebbero capaci.