Eterna la cantata dei pastori, si ferma nel weekend al teatro delle Arti, ospite del cartellone allestito da Claudio Tortora
Di OLGA CHIEFFI
Tutto nella Cantata dei Pastori ha origine comune, quasi radici e rami della stessa pianta, che passa dal bosco, sapientemente animato, sino alla nascita finale di Gesù, in un mondo in cui l’unione fra la luce e l’ombra non è realizzata, la conciliazione del perdono avviene soltanto con la sconfitta delle tenebre in favore della luce, della gioia, anche esteriore. La tenebra significava dolore, ma anche dolcezza, intimità di un grembo, l’edificazione di una società futura ideale, deve escludere l’alternativa alla luce, deve ancora illudere l’uomo che non avrà più ostacoli, dubbi da temere nelle sue scelte. Ma noi uomini del Sud, sappiamo bene come la luce e l’ombra si compensino e come la vera grotta della luce sia soltanto la vita, alla quale Benino si risveglia, cominciando a scrivere la storia. E’ un trionfo ogni sera da oltre quarant’anni, la Cantata dei Pastori con Peppe Barra nelle vesti di Razzullo, un po’ filosofo, un po’ scrivano, con i suoi compagni di sempre, Sarchiapone Salvatore Misticone, il Diavolo, Patrizio Trampetti, Maria Letizia Gorga, Giacinto Palmarini, e saranno ospiti dell’amico Claudio Tortora, al Teatro Delle Arti, questa sera alle ore 21 e domani, alle ore 18,30. Prima della prima, però una chiacchierata alle ore 17, in salotto sul rapporto e sulla domanda lanciata da Claudio Tortora e Maurizio Scaparro “Cinema è teatro?”. A parlare di questo eterno incontro e scontro, il professore Alberto Granese, critico letterario animatore di tanti salotti artistici; Stefano Pignataro, presidente del Consiglio degli studenti Dipsum –dell’Università degli Studi di Salerno e Ornella de Rosa, docente universitaria, Moderati da Cinzia Ugatti. Un successo quello della cantata, firmato da un esperto Razzullo e da un grande Sarchiapone, il barbiere gobbo, la classica coppia comica che con lazzi e sberleffi, propri della Commedia dell’Arte, diventano elementi importantissimi e determinanti, in una rappresentazione che da tre secoli è accompagnata da un ininterrotto successo popolare, a dispetto delle battute irriverenti, dei doppi sensi, delle gag spinte, esagerate, sino al momento culminante della Nascita del Bambinello e dell’elevazione della pastorale “Quanno nascette Ninno”. Ma la Cantata dei pastori è soprattutto musica e Peppe Barra si presenterà qui a Salerno, con una band di sette musici guidati da Luca Urciuolo, pianista e compositore ben conosciuto nella nostra città dai jazzofili. La Cantata, che è un continuo work in progress, è quest’anno un’operazione teatrale e musicologica importante, avendo recuperato tutti i canti scritti da Roberto De Simone negli anni’70, adattati ad un ensemble essenziale, La “Cantata dei pastori” che amiamo e che ci incanta, è quella della mescolanza con il suo intreccio di lingue voci e suoni, voci colte e popolari che parlano la lingua del barocco, dell’epoca dei lumi, e quella contemporanea, con armonie che riportano sempre alla radice che è la nostra scala napoletana. Ecco che l’opera dell’Abate Petrucci, diviene palestra-kèpos, un dialogo dell’uno dei e dei molti, sulla base di provocazioni sempre suggestive, poiché provengono dalla favola, incamminandosi sulle tracce del Parmenide di Platone, il dialogo della rottura, della parità e della mescolanza, dando vita ad una sempre rinnovantesi forma d’arte, in un eccelso cortocircuito temporale nella dimensione del sogno.