
Olga Chieffi
Si concluderà questa sera, alle ore 18, nell’Auditorium di Villa Rufolo, con un concerto della violinista Annastella Gibboni, in duo con il pianista Fabio Silvestro, la due giorni dedicata ai giardini promossa dall’Associazione Parchi e Giardini d’Italia. Una splendida festa tra i fiori, questa, alla quale la Fondazione Ravello non poteva mancare e offrire anche l’aspetto musicale che il direttore artistico Lucio Gregoretti ha affidato a due eccellenze, che si ritrovano tra le note da molti anni, oggi entrambi docenti presso il Conservatorio “Gesualdo da Venosa”, i quali hanno allestito un programma legato all’occasione. Ieri, la direzione di Villa Rufolo ha organizzato una “Giornata-laboratorio” dedicata all’illustrazione ed alla dimostrazione pratica delle tecniche di costruzione dei muretti a secco, patrimonio immateriale Unesco, a cura dei Responsabili scientifici del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, la Prof.ssa Arch. Emma Buondonno, Arch. Rossella Russo, Ing. Giuseppe Trinchese. Stasera, il concerto principierà con la Sonata op.24 in Fa maggiore n°5, “La primavera” di Ludwig van Beethoven, datata 1800. Come per altre sonate non è dato sapere a chi risalga la denominazione di Sonata “della Primavera” che ha avuto fortuna, anche se in sostanza manchino elementi specifici ad avvalorare tale appellativo. Se esso vuol sottintendere freschezza, serenità o senso gioioso della vita, altre musiche di Beethoven potrebbero meritarlo, soprattutto di questo periodo creativo ove la dialettica dei motivi non assume, in generale, la imponenza e l’impeto drammatico che saranno della Sonata “a Kreutzer”. Un lieve e scorrevole tema “femminile” e, dopo un brusco rivolgimento tonale del pianoforte, un secondo tema di più marcata tempra ritmica assicurano la duplice prospettiva entro cui, non senza eleganza, si snoda il primo movimento Allegro. Nell’Adagio il pianoforte propone la melodia, subito imitato dal violino. Successivamente la vicenda si limita a consegne reciproche del tema con qualche accenno ornamentale. Nell’affettuoso, confidenziale dialogo il violino, verso la metà, il minore, porta una sua nota di patetica mestizia. Nello Scherzo una figura ritmica di valzer viennese, di piglio weberiano, si schematizza in una di quelle ripetizioni testarde che in un prossimo futuro assurgeranno a protagoniste dello scenario drammatico beethoveniano. Il Finale si attiene, pur con qualche libertà, alla falsariga del Rondò, con quattro esposizioni del ritornello separate da altrettanti intermezzi, l’ultimo concluso da una cadenza ampia e tumultuosa. Seguirà la celeberrima Fantasia su motivi della Traviata op.50 in cui Antonio Bazzini raccoglie sul proprio strumento le confessioni intime di Violetta Valéry: qui, infatti, tutti i motivi musicali la riguardano, compreso quello orchestrale, particolarmente larmoyant, che, nel secondo atto, la incalza mentre tenta invano di scrivere la sua lettera di commiato ad Alfredo Germont. Motivo che, nelle mani di Bazzini, diventa ricorrente, dopo essere apparso sovrapposto alle inconfondibili note iniziali del Preludio all’atto III, esso riemerge, ancora più sconsolato, nel breve raccordo tra il flashback rappresentato dal Preludio al I atto e un’improvvisa, chimerica accensione, prima che Violetta dia sfogo alla propria disperazione con l’enunciazione di “Alfredo, Alfredo, di questo core” . Dopo aver evocato l’ “Addio del passato”, nella conclusiva perorazione di “Amami, Alfredo”, il canto di Violetta si sdoppia sul violino in una sorta di estremo e appassionato abbraccio con l’amato. Dopo tanta tensione ecco l’Andante in si bemolle maggiore per violino e pianoforte, op. 75 composto da Gabriel Fauré il quale non si è mai tirato indietro nel riciclare del buon materiale musicale. Infatti, questa pagina doveva far parte originariamente del Concerto per violino e orchestra, scritto da Fauré nel 1879 e rimasto incompleto e circoscritto ad un solo tempo, l’Allegro. L’Andante venne eseguito il 20 dicembre 1878 alla Société Nationale de Musique a Parigi dal violinista Ovide Musin con André Messager al pianoforte e successivamente pubblicato come Andante in si bemolle maggiore op. 75. È una pagina di straordinaria eleganza formale che rispecchia quella linea di libertà, e quel flou tutto francese, aperto ad una sensibilità quanto mai nuova senza che la simmetria della composizione classica fosse obliterata od offuscata restituendo in chiave di purezza d’arte la melodia. Finale caro all’intera famiglia Gibboni, una vera e propria schiatta di violinisti, eredi dell’arte di papà Daniele e della pianista Gerardina Letteriello, Zigeunerweisen op.20, forse la composizione più conosciuta e amata di Pablo de Sarasate che richiede grande abilità tecnica, mai, però, fine a se stessa, brillante, appassionata, conosciuta anche come Fantasia su temi gitani. Sarasate, virtuoso di violino, trova ispirazione per questo brano nelle musiche e nelle danze eseguite da gruppi tzigani nella primavera del 1877 mentre soggiorna a Budapest. Zigeunerweisen è articolata in quattro sezioni: Moderato, Lento, Un poco più lento, Allegro molto vivace, che vengono eseguite senza soluzione di continuità; come prevede la tradizione ungherese si passa da un’impostazione iniziale lenta a momenti via via più concitati, sviluppando i temi popolari magiari con trasformazioni e abbellimenti. Il brano nasce in origine per violino e pianoforte ma successivamente Sarasate riorganizza la partitura per violino e orchestra al fine di ottenere una versione più idonea a trasmettere l’impeto irruente da lui immaginato. In questo programma manca il Paganini di “famiglia”, ma siamo certi che dopo gli applausi, non mancheranno capricci ed esalazioni sulfuree.