di Olga Chieffi
La danza della compagnia Cornelia, nata solo tre anni fa alla vigilia del blocco totale per le arti per pandemia, una specie di puntura del famigerato fuso di Carabosse, che ha inaugurato domenica sera la decima edizione di “Quelli che la Danza” alla Sala Pasolini di Salerno, non è più un qualcosa sotto cui aggobbire, concatenazione di posizioni, posture, sistemi o blocchi marmorei sotto cui aggobbire, ma linguaggio, emozione, dinamicità, corpo, da vivere in prima persona, d’ispirazione e immediato riferimento. Un simbolo iridescente dell’arte il loro, che come un passe-partout, è capace di aprire le numerose porte dei nostri sensi delle “case” estetiche della platea. Al pubblico salernitano, i ballerini di Cornelia, Eleonora Greco, Roberta Zavino, Leopoldo Guadagno, Nicolas Grimaldi Capitello e Francesco Russo, hanno proposto “Sleeping Beauty – Work Bitch” con coreografie di Niko Piscopo e musiche di Peter Ilich Tchaikovsky, Dua lipa e Billy More. Il pubblico è entrato in sala a spettacolo iniziato ovvero con i ballerini in riscaldamento, tutti con scarpe da punta simbolo e sogno della danza di tradizione. Ma i cinque ballerini di ultima generazione non seguono le regola della sala che li vuole tutti in nero, ischi stretti, pancia in dentro, petto in fuori e collo lungo, sono in body colorati, con chewing gum in bocca, colpo della strega, senza equilibrio, ma sanno bene tendersi la mano tra loro. Fa loro lezione un robot che rappresenta la marmorea tradizione cui non si può trasgredire, quella autoritaria, capace di inibire ogni movimento, che offende, che vuole inquadrare tutti in movimenti meccanici ed omologati. Ma l’arte è dubbio, è ombra, imperfezione, diversità e solo dal “nascosto”, possono scaturire nuove nascite, quale dono di esaltante energia. I cinque interpreti sono figli dei nostri tempi “usa e getta” – anche la coscienza e i sentimenti, disvivere più che vivere -, ossia la vita quotidiana intesa quale consumo veloce, consunzione oscura, spendita e ricarica inerti, abbandono, cieca soddisfazione, sopraffazione, solo l’incontro con la vera arte può assolverti e redimere. Ecco, allora, che torna alla mente il “Parmenide” di Platone, il dialogo della rottura in cui viene “franto” l’essere eleatico (qui rappresentato dalla voce stentorea dell’audio) nonchè della parità ( i giovani sono diversi e pari, gender free) e della mescolanza. Il robot salta, va in tilt, a causa del non rispetto delle regole e i cinque interpreti sono finalmente liberi di creare linee, passi, figure prendendo piena consapevolezza del loro corpo, finalmente senza temere di sbagliare, poiché il cammino per ricercare qualcosa, che è l’istante infinito dell’arte o la propria verità, è un viaggio alla ventura attraverso un gioco che non porterà ad alcuna meta definita e definitiva, ad alcun approdo sicuro, poiché ogni posta raggiunta potrà essere costantemente, in perpetuo distrutta e ricostruita. Lasciamoli sbagliare i cosiddetti Millenials, indirizzandoli non autoritariamente, ma autorevolmente, schiacciati come sono tra la cultura tradizionale imposta e anche male e la tecnologia che li attira, li ghermisce, li incanta. Basterebbe dire loro che gli aggeggi elettronici devono rimanere solo “mezzi” per raggiungere con più facilità e velocità un obiettivo altro, non diventarne schiavi per futilità. La voce, riavutasi, ritorna cambiata e denuncia che il mondo che è stato consegnato ai giovani lo è stato proprio da coloro i quali oggi li giudicano con fare retorico e moralizzante, ed è allo sfascio, poiché le generazioni precedenti hanno fallito. Il messaggio è l’eterno invito a ricominciare, a verificare, immaginare, scegliere, analizzare, inventare, ideare, per riuscire a risvegliare la Bella Addormentata, scoprendo dentro di noi una nuova, particolare qualità d’animo, un patrimonio di sentimenti e valori ricchissimo, quell’educazione all’amore che l’arte sa trasmettere e che noi ricambiamo attraverso quell’applauso convinto che ha risvegliato “alla vita che stiamo vivendo” (J.Cage) Aurora (Leopoldo Guadagno) e il pubblico in sala, insieme a lei.