Il 31 dicembre prossimo potrebbe essere l’ultimo giorno per i punti nascita del Cilento. L’ospedale “Dell’Immacolata” di Sapri, il “San Luca” di Vallo della Lucania e il “Luigi Curto” di Polla potrebbero perdere i reparti di ostetricia neonatale per effetto del decreto Balduzzi che prevede un requisito fondamentale per la loro esistenza. Requisito che i tre nosocomi non riusciranno a raggiungere: quanto predisposto dell’allora ministro Renato Balduzzi prevede infatti un minimo di quattrocento parti annui per il mantenimento in vita di un reparto.
Il Cilento non ce la fa, alla luce della grave piaga del calo demografico che sempre più attanaglia i centri a sud di Salerno ed in particolare quelli dell’interno, con buona pace di presidenti e politici vari. I sindaci poco possono fare se non chiedere alla Regione, competente in materia sanitaria, e all’Azienda Sanitaria Locale di Salerno di non applicare il decreto o di porre in essere iniziative per ottenere deroghe o proroghe. Si tratta ovviamente di ipotesi molto remote dato che ormai si è agli sgoccioli e dalle parti di Palazzo Santa Lucia tale problema sembra non essere di interesse. E dunque, se i reparti verranno chiusi, dove nasceranno i cilentani? Potranno farlo in cliniche private, nessuno lo vieta, ma se c’è la sanità pubblica è giusto che i cittadini ne usufruiscano. I neo cilentani potranno nascere ad esempio a Battipaglia, ospedale dove il reparto neonatale è già in emergenza a causa di un’atavica penuria di medici ed infermieri.
Il “Santa Maria della Speranza”, dunque, potrebbe essere a rischio collasso? Non sarebbe da escludere perché diviene naturale che il nosocomio battipagliese diventi il centro di riferimento per un territorio molto ampio e decisamente vasto. Un problema nel problema dunque che si imporrà sui cittadini, vessati da leggi lontane dalla realtà.