Patriarcato - Le Cronache
Attualità

Patriarcato

Patriarcato

di Alberto Cuomo
Dopo l’omicidio della povera Giulia Cecchettin da parte di Filippo Turetta e la presa d’atto del numero elevato di femminicidi in Italia, si è fatto un gran parlare, anche in campo internazionale, di “patriarcato”, del potere del maschio nella vita sociale che alimenterebbe una sua volontà di possesso tale da farlo pervenire, in presenza di una difficoltà all’appropriazione, sino alla soppressione dell’oggetto desiderato. Affidarsi ad una interpretazione che veda esclusivamente nel maschile la volontà di potere è però fuorviante tanto da rinviare l’analisi storico-sociale a presunte categorie legate al sesso, finanche genetiche. Una ipotesi, quella della relazione tra sesso e carattere tale da determinare gli andamenti della storia che trovò spazio nella seconda metà dell’Ottocento coinvolgendo analisti di diversa estrazione politica e scientifica. Chi interpretò la storia attraverso i miti e i principi religiosi, in una dialettica tra maschile e femminile, invece che tra pensiero e mondo materiale, come in Hegel, o tra produzione e bisogni come in Marx, fu Johann Jacob Bachofen, uno studioso svizzero interessato alla evoluzione del diritto nelle sue relazioni con i “fatti”. E per il Bachofen era dato scoprire i fatti del passato, il movimento della storia, non solo nei documenti propriamente storici quanto anche nelle idee religiose, nei miti e nelle opere poetiche. Sarà pertanto l’esame della trilogia eschilea, Agamennone, Coefore ed Eumenidi, che lo indusse a ipotizzare la presenza in Grecia di un tempo in cui il potere era stato nelle mani delle donne. Di qui, nel 1861, la pubblicazione a Stuttgart di Das Mutterrecht, Il Matriarcato, in cui rilevava la ginecocrazia del mondo antico che, nella sua natura religiosa legata alla procreazione, istituiva i primi elementi giuridici. Secondo il Bachofen, l’umanità si sarebbe sviluppata secondo una successione di fasi tra la fisicità terrena del femminile quale luogo ctonio, notturno, con i suoi simboli legati alla terra e all’acqua e la spiritualità intellettuale del maschile, solare, con i suoi simbolismi celesti, il diritto positivo, la monogamia, la proprietà privata.
La fase del matriarcato, governata da leggi naturali e improntata alla condivisione dei beni era stata tuttavia preceduta da una più originaria età di anarchica promiscuità dominata dalla urweib, la femmina originaria, l’etera che precede la madre e che privilegia alla fertilità l’eros, sì che la storia, che si alimenterebbe della costante dialettica fra le società di tipo ginecocratico e i nuclei sociali che affermano il principio paterno, aveva conosciuto anche momenti di potere violento delle donne (amazzonismo), dapprima in quanto ribellione e, solo successivamente, quieta affermazione della madre, in un circolo che potrebbe ripetersi. Nella loro attenzione al diritto, le prime opere del Bachofen trovano l’interesse del Mommsen mentre quella sul matriarcato è esplicitamente lontana dagli affreschi storici di quest’ultimo, conoscendo invece l’apprezzamento di Marx e Engels che vi ravvedpno la transitorietà delle epoche e, quindi, del mondo borghese, o di Freud che fa della figura della madre un topos dell’inconscio, sino ad essere ripresa dalla letteratura in Goethe o Rilke ed in quella femminista. Al Bachofen si riallaccia Otto Weininger, un intellettuale viennese, studioso di psicologia e filosofia che, estimatore di Sigmund Freud, nel 1903 pubblicò Sesso e carattere dove sostiene tutti abbiano in proporzioni diverse sia un lato maschile che femminile. Per lui la parte maschile sarebbe attiva, produttiva, razionale, mentre la femminile sarebbe passiva, improduttiva, irrazionale e amorale. In questo senso ritiene che solo le “donne mascoline”, le lesbiche o quelle che non sono riproduttive possono aspirare ad una equiparazione con l’uomo mentre le altre dovrebbero avere solo una funzione riproduttiva. Una tale visione misogina, per così dire maschilista, trova tuttavia una attenuazione nel parallelo tra il femminile e il genio. Per Worringer la donna e il genio, particolarmente quello artistico e poetico, hanno in comune un modo di rappresentare il mondo in termini imprecisi, secondo figurazioni non del tutto determinate, le énidi, dal gr. ἕνος, che individua una famiglia di molluschi gasteropodi comprendente numerosi generi, aperte quindi a molteplici interpretazioni. Ecco, attardarsi su questioni di potere legandosi al genere non tocca il cuore del problema riguardante i femminicidi che è nella violenza generale caratterizzante il nostro mondo dove il più forte, non solo in termini fisici, come è nel rapporto di coppia, quanto economici, politici, istituzionali, uomo o donna che sia, violenta il più debole. È sulla struttura violenta della nostra società, della nostra epoca propensa anche alle prevaricazioni dei popoli sui popoli, a guerre, definite giustamente dal Papa, quali terrorismi che bisognerebbe interrogarsi. Inserire nel corso delle lezioni qualche ora di “educazione sentimentale” secondo quanto è annunciato dal governo, oltre a costituire una dichiarazione di insufficienza della scuola non avrà alcun peso nell’educazione dei giovani se intorno a noi continua ad esserci la violenza che invoglia i politici e tutti quanti solo a scegliere per chi parteggiare.