Non sono pochi i significati che il vocabolario italiano attribuisce alla parola “passaggio”, un movimento, comunque, di persone, di cose, di azioni. Viene chiamato “passaggio” l’attraversamento biblico del Mar Rosso da parte degli Ebrei, ma è passaggio anche una processione che transita per le vie del paese, un treno che corre sui binari ed è passaggio la transumanza del gregge in primavera. E “passaggio” è anche la vita di ogni uomo su questa terra. Definizioni che non si fermano a queste, ma che hanno tutte in comune un principio: attraversare un luogo, una situazione, un atto compiuto dall’uomo per sé o con e per altri. Decisamente diversi dai vicoli, che danno spesso l’idea di angustia, ristrettezza, i “Passaggi” aprono la mente al transito di uomini, donne, anziani, bambini che sono passati e passano, viaggiano verso una mèta, un vicinato, un altrove ben preciso… Il Passaggio racchiude l’umanità in cammino, è il proseguire verso un obiettivo definito e sicuro. Così il “viaggio” che Valentina Di Pasquale, fotografa attenta al cammino ed all’habitat dell’umanità, ha compiuto nei “passaggi vietresi” un attraversamento fisico di luoghi che uniscono, che portano a una diversa destinazione; per poi scoprire che quegli scatti fotografici diventano una sorta di “rito di passaggio” in un costrutto urbano che racconta storie antiche e di botteghe delle mani. Così, il paese delle ceramiche, si disvela ad un nuovo racconto, fuori dalle botteghe artigiane. Un lavoro, quello della Di Pasquale, che vuole mettere in mostra, per la prima volta, i luoghi del “cammino” di un paese costiero, spesso ignorati, dimenticati, o considerati talmente naturali per chi li frequenta con abitudine da diventare invisibili. Invece respirano umanità, presenze umane che Valentina Di Pasquale, con rara sensibilità d’animo, percepisce pur in assenze fisiche e, nell’attimo giusto, sa magicamente cogliere con la sua fotocamera, spingendo il fruitore dell’immagine ad una meditazione intima, silenziosa. «Ho camminato nei passaggi segreti e nelle piazzette di Vietri – dice l’artista – come in un labirinto antico, dove ogni vicolo è una soglia e ogni piazza un abbraccio. Sono luoghi che non si trovano sempre sulle mappe, ma che vivono nella memoria e nel respiro quotidiano: percorsi solo a piedi, decorati come stanze all’aperto, intimi eppure aperti a tutti, custodi di una memoria viva: fungono da canali di collegamento, ma al tempo stesso sono abitati, decorati, vissuti come un prolungamento delle case. Spazi pubblici e privati insieme, in cui la ceramica locale diventa segno identitario, arricchendo con dettagli tangibili una tradizione che ancora respira». Ed è subito visione immaginifica, di quelle che proiettano l’animo alla ricerca di altrove e di un oltre attraverso la sosta, la riflessione, la meditazione su quanto circonda la quotidianità di un popolo. «Con l’obiettivo a 360 gradi ho scelto di piegare lo sguardo, – continua Valentina – di lasciare che le linee si curvino e che i confini si dilatino, perché l’esperienza fosse totale, avvolgente, come entrare in una sfera. Così l’architettura diventa racconto, la ceramica luce e colore, i vicoli un microcosmo che accoglie, protegge, avvolge». E’ una narrazione per immagini nelle quali le parole si fanno alito di vento che spira tra passaggi dell’anima e obiettivo fotografico. Un racconto che era lì, pronto per essere letto e raccontato per immagini da chi ha saputo fermarsi e tracciare una nuova storia al di fuori delle tradizioni, su qualcosa che ormai era scontato, talmente quotidiano da diventare, per certi versi, immateriale. Al Ciroppoli, nucleo antico e forse originario di Vietri, si arriva attraverso una lunga scalinata; bisogna poi attraversare un passaggio di grande suggestione, fatto di porte e piccoli gradini che dicono di una umanità residente, per poi aprirsi in un vicinato uguale nel tempo, così come era sorto per viver e non solo abitare. E al centro del paese, all’ombra di un seicentesco pannello ceramico devozionale, dove la strada principale si dirama verso la chiesa di San Giovanni, è il “vicolo Passariello” a richiamo di un piccolo doppio passaggio interrotto da uno slargo, grazioso con il suo fontanino, le pareti decorate con la processione major del paese e qualche “ciuccio” in ceramica, simbolo di una tradizione centenaria. Suggestioni di un paese… luoghi di immaginazione per chi riesce, almeno per un attimo, a fermarsi e guardare, con occhi dell’anima, quell’ordinato svolgersi di un “transito” a servizio dell’uomo. «Per me, questo viaggio tra i passaggi e le piccole piazzette di Vietri – dice la Di Pasquale – è stato come entrare in un mondo parallelo, fatto di luoghi nascosti, unici e irripetibili, che rivelano l’anima più intima del paese. Ho fotografato l’architettura, i vicoli stretti, i percorsi quasi segreti che collegano i diversi punti del borgo. Sono passaggi percorribili solo a piedi». Partire e ritrovarsi al luogo di partenza, un circolare con l’animo e la mente come i segni grafici di Maurits Cornelius Escher a dominio di un continuo ritrovare e scoprire percorsi antichi, frequentati eppure poco conosciuti anche da chi li vive. Quasi pensiero ad alta voce, Valentina dice: «Ho provato a ricreare quella sensazione di intimità, accoglienza e sorpresa mista a stupore tipici di chi li attraversa per la prima volta, con lo scopo di suscitare le stesse sensazioni nello sguardo di chi quei vicoli li conosce bene e li vive intensamente». E aggiunge: «L’architettura, la ceramica, la natura e la vita quotidiana si intrecciano in un racconto che è insieme intimo e universale, fatto di smarrimento e ritrovamento, di protezione e accoglienza». In questi luoghi di “passaggio” il respiro della gente si confonde con quello della ceramica, a decoro di pareti, ad esaltazione di un’arte che da secoli è produzione dell’uomo per l’uomo nella bottega delle mani, costruendo, giorno dopo giorno, una civiltà fatta di argilla. Gira la ruota del torniante con ritmo antico, il pennello a punta rasa si intinge nella ciotola del colore e attraversa la bianca superfice di un piatto, di un vaso, di un oggetto a tracciare segni di solarità mediterranea. Il paese vive, così, in simbiosi la sua quotidianità e le sue tradizioni, attraverso strade e vicoli, ma anche con quei passaggi urbani che collegano, uniscono luoghi, uomini, storia e storie di un popolo: la vecchia ruota degli “esposti” è ancora lì dove fu posta, nel transito a gradini della soprastante chiesa madre, al riparo da sguardi indiscreti; e ancora “lo Scarico” che si apriva alla Via Nuova o “Casilette” a richiamo di una piazzetta con piccole case… quasi un paese nel paese. Ecco la scoperta di Valentina Di Pasquale, che ha saputo fermare l’attimo già svanito di luoghi immobili eppur ricchi di movimento. Dice l’artista: «Vietri si svela come un organismo vivo, fatto di geometrie, di storie e di respiri che si intrecciano, in cui perdersi è già un modo per ritrovarsi».





