di Alfonso Malangone*
La decisione presa dal Comune di offrire in vendita alla Invimit Sgr Spa, società del Ministero dell’Economia, l’intera area della Fattoria ‘Monte di Eboli’, pari a 1.807.070 mq, ha sorpreso due volte. Per spiegare il perché, è necessario premettere che su quell’enorme estensione sono presenti tre diverse attività, come detto in altra occasione: il campo fotovoltaico di 42 ettari realizzato da terzi a fronte di una concessione onerosa ventennale con scadenza 2031; il Canile Municipale; la casa di accoglienza della Comunità di Emmanuel che cura anche la coltivazione di almeno 130 ettari grazie a una concessione gratuita ventennale in scadenza a Marzo 2024. Almeno questo si è capito dai documenti disponibili (fonte: Comune). Ovviamente, sono gradite rettifiche. Così, la prima sorpresa è prodotta dalla dichiarata volontà di cedere la proprietà dei circa 130 ettari descritti nell’elenco annuale delle alienazioni e dei quali si è sempre proposta la cessione del diritto di superficie per 60 ettari, con durata trentennale, al prezzo di € 3.500 annui per ettaro (fonte: Comune). E, quindi: “come è possibile vendere, oggi, quello che neppure in parte si poteva vendere fino a ieri”? Sull’argomento si è già scritto. Inutile ripetere. La seconda sorpresa riguarda il parco fotovoltaico, sia perché mai messo in vendita, sia perché l’Ente incassa un canone annuo di € 1,2 milioni dalla società concessionaria. E, quindi: “perché adesso si vuole alienare”? In verità, una spiegazione si può pure trovare. Ma, prima, è necessario chiarire l’operazione sottostante.
A partire dall’anno 2007, furono introdotti dal Governo i cosiddetti ‘Conti Energia’ per sostenere, con invitanti incentivazioni, progetti per lo sviluppo di fonti rinnovabili da realizzare anche con accordi pubblico-privato. Le agevolazioni offerte spinsero l’Amministrazione Comunale a predisporre uno studio di fattibilità per un impianto in grado di “soddisfare ampiamente il fabbisogno elettrico di tutte le utenze comunali e di pubblica illuminazione, nonché di beneficiare della tariffa incentivante (cit.)”. Così, con delibera di Giunta n. 1245 del 13/11/2009, si avviò l’elaborazione di un ‘progetto di finanza’ con relativa procedura ad evidenza pubblica per la selezione della controparte industriale. Al successivo bando di gara, chiuso il 09/03/2010, partecipò solo la Toto Costruzioni Generali Spa, azienda di Chieti di spessore internazionale, con la quale vennero poi definite le condizioni tecnico/finanziarie. In forza degli accordi sottoscritti, il Comune assunse il ruolo di ‘soggetto responsabile’ con l’impegno a mettere a disposizione il terreno, senza altri oneri, a fronte del compenso annuo di € 1,2 milioni, anche se all’inizio si era parlato di € 3,5. Il privato, invece, si impegnò a curare sia la progettazione che la realizzazione, gestione, manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto, con il diritto a incassare, per il tramite dell’Ente, il corrispettivo della vendita totale dell’energia e la tariffa incentivante prevista dalla Legge (fonte: CCIAA Roma). A quella data, il totale annuo delle due voci era pari a € 13,2 milioni. In sostanza, rispetto all’alternativa offerta dalla Legge, cioè di cedere solo l’energia eccedente il consumo comunale ovvero tutta quella prodotta, fu scelta la seconda ipotesi che, probabilmente, non era quella ipotizzata all’origine. Non è chiaro, questo. Però, poiché in Giunta sono tuttora presenti alcuni degli Assessori che votarono la delibera, sarebbe interessante sapere da loro qualcosa in più. Sta di fatto che, alla fine dei venti anni, il Comune avrà incassato € 24 milioni (1,2×20), pagando tutta la luce consumata, e la società almeno € 264 milioni (13,2×20). Complimenti. In ogni caso, nel 2010/11 la Renexia Spa del Gruppo Toto realizzò l’impianto per il tramite di una società ‘di scopo’, la Monteboli Spa, posizionando in solo sette mesi oltre 102.000 pannelli per una spesa di € 72 milioni presi a mutuo. Poi, a distanza di un anno, decise di vendere la Monteboli ad una società con sede nell’isola di Guernsey, territorio inglese ‘offshore’ a regime fiscale agevolato, per € 90 milioni (fonte: Legance). Un guadagno di € 18 milioni! In una classifica tra gli investitori invitati ad arricchirsi, la Renexia-Toto potrebbe essere almeno da podio, C’è pure da dire che nell’accordo era previsto un polo didattico di pertinenza comunale, con sale per congressi e conferenze specifiche. Non risulta sia mai stato realizzato.
Ciò premesso, dal 2012, il Comune ha incamerato i canoni annuali e ha ricevuto i proventi del ‘Conto Energia’ girandoli contestualmente, si suppone, alla società ‘offshore’. Fino al 2016, non è possibile ricostruire i movimenti, perché i Consuntivi non sono disponibili sul sito web. Dal 2017, e fino al 2020, sembra che il saldo tra il totale delle entrate, compreso il canone, e quello delle uscite sia stato positivo proprio per l’importo del canone. Diversamente, nel 2021, lo sbilancio risulta negativo per € -562.670,01 e, cioè, l’Ente avrebbe incassato un compenso minore. Nel 2022, poi, il saldo è pari a € -1.328.355,16 e, quindi, sarebbe mancato più dell’importo del canone (fonte: Bilanci). Se così fosse, il danno si raddoppierebbe, perché gli incassi ‘futuri’ furono ceduti a MontePaschi nel 2014 (fonte: Cronache) e l’Ente è comunque tenuto a rimborsare la rata con soldi propri. Meglio: nostri. E, quindi: “è possibile che la scelta di vendere dipenda da condizioni divenute penalizzanti”? In tutto questo, nel 2022, i ricavi di vendita dell’energia sono quasi raddoppiati, dai 13 milioni ai circa 23, probabilmente per i noti aumenti dei prezzi. Così, pagando un canone invariato, i guadagni della ‘offshore’ diverrebbero stratosferici. Anch’essi da podio. Non solo. A fine concessione, su richiesta del Comune, essa potrà smantellare l’impianto e smaltire i minerali rari, quali il silicio e il rame, presenti nei pannelli. Poiché sono introvabili, ai prezzi attuali si arricchirebbe una seconda volta. Certo, il contratto prevede anche l’ipotesi per il Comune di continuare a gestire il parco in proprio. Ma, non ci sarebbe un grande beneficio perché la tariffa incentivante finirà allo scadere dei 20 anni e perché l’efficienza dei pannelli si riduce al 75% dopo il quindicesimo anno e si azzera generalmente tra i venti e i venticinque (fonte: NWG). Poi, si dovrebbe pagare un rottamatore per i 102.000 pannelli, gli impianti e tutto il resto. E, quindi: “ci sarebbe un vantaggio per i cittadini”? Non si sa. Quello che si sa di sicuro, è che da noi si arricchiscono gli altri. Mica ci vuole il Mago Otelma, per capirlo.
*Ali per la Città