di Alfonso Malangone*
La recente revisione del Codice degli Appalti ha ribadito la natura, la funzione e la finalità degli accordi di collaborazione tra Enti e Imprese, definiti di Partenariato Pubblico-Privato (fonte: Dlgs 31/03/2023 n. 36, art. 174). Premesso che nulla è cambiato rispetto al passato, il Partenariato costituisce una modalità operativa a disposizione delle Amministrazioni per la realizzazione e/o la gestione nel lungo periodo di opere pubbliche con il concorso di controparti private (fonte: MEF). Benché ogni contrato possa essere variamente regolato, spetta sempre al privato il compito di progettare, realizzare e gestire l’intervento, nonché di coprire in misura significativa il suo costo, in cambio di un giusto tornaconto. In ogni caso, l’unico obiettivo deve essere quello di assicurare la soddisfazione di un bisogno pubblico alle migliori condizioni di mercato.
In forza dei vantaggi offerti da questi accordi e in presenza delle agevolazioni concesse dal Governo per lo sviluppo di fonti rinnovabili, nel 2008 il Comune decise di avviare il progetto di un parco fotovoltaico di dimensioni sufficienti a coprire il consumo annuo di luce da parte degli Uffici pubblici e degli impianti stradali. In verità, i benefici erano davvero invitanti perché la Legge, attraverso il cosiddetto ‘Conto Energia’, impegnava il Gestore del Servizio Elettrico Nazionale ad acquistare a prezzi di mercato la quantità di elettricità prodotta e a riconoscere un contributo sull’investimento da calcolare con parametri variabili in relazione a tre specifiche tipologie ammesse. Con una eccezione: ai progetti presentati dagli Enti Pubblici sarebbe stato riconosciuto, sempre, il parametro massimo (fonte: finanziaria 2008, art. 2 c. 173).
Così, con la delibera n. 1331 del 05/12/2008, la Giunta conferì a Efibanca, una importante banca d’affari, l’incarico di affiancare l’Amministrazione nell’impostazione del progetto “in tutti quegli aspetti … tesi a garantire il buon esito dell’operazione” (fonte: delibera). Poi, però, con la delibera n. 1245 del 13/11/2009, la stessa Giunta decise di indire un bando per selezionare il partner privato sulla base dell’offerta economica più conveniente. Come detto in altra occasione, alla scadenza del 09/03/2010 pervenne un’unica proposta da parte della Toto Costruzioni Generali Spa, azienda di rilievo internazionale, a condizioni pure migliorative rispetto a quelle del bando (fonte: CCIAA Roma). In sintesi, il Comune assumeva il ruolo di ‘soggetto responsabile’, il che assicurava il parametro massimo dell’incentivo, a fronte di un compenso annuo di € 3,5 milioni, di cui € 200.000 per l’utilizzo del terreno di 42 ettari a Monte di Eboli, e € 3,3 milioni per il diritto di sfruttamento dell’impianto. Con questo importo, l’Ente avrebbe pagato largamente i consumi elettrici quantificati in non più di € 2,5 milioni annui. L’impresa, di contro, si faceva carico della realizzazione e gestione del Parco acquisendo il diritto a ricevere i ricavi della vendita dell’energia, per circa € 2,5 milioni, e la più alta tariffa incentivante prevista dal secondo ‘Conto Energia’, in vigore nel 2010, per € 13,9 milioni. In totale, € 16,4 milioni annui (2,5+13,9). Tuttavia, per le lungaggini amministrative connesse alle autorizzazioni, le agevolazioni in vigore nel 2010 furono sostituite da quelle del terzo ‘Conto Energia’, valido nel 2011, con parametri più bassi e, quindi, con una riduzione dell’incentivo a € 10,7 milioni. Così, fermo l’incasso per la cessione dell’energia, il totale dei ricavi diminuì a € 13,2 milioni annui (2,5+10,7) con una contrazione, sul programmato, di € 3,2 milioni (16,4-13,2). Per questo motivo, la Monteboli Spa, società del gruppo Toto incaricata di eseguire l’investimento, lamentò la presenza di uno squilibrio nel piano economico/finanziario e chiese di rinegoziare l’accordo per il canone ottenendone la riduzione a € 1,2 milioni a fronte dell’impegno a recuperare a proprie spese un immobile, già presente nell’area del Parco, da destinare a Polo Didattico per le scolaresche e gli studiosi del settore delle energie rinnovabili (fonte: cit. e delibera di Giunta n. 895 del 19/11/2011). C’è solo da aggiungere che il progetto si avvantaggiò comunque del parametro massimo grazie alla presenza della firma pubblica. Un beneficio proprio pari a € 1,2 milioni rispetto all’incentivo spettante, per la tipologia prescelta, se proposto dalla società (fonte: cit.).
Adesso, si può fare qualche calcolo. Applicando l’accordo originario, il Comune avrebbe incassato, nei 20 anni, € 3,5×20=70 milioni, mentre la società avrebbe ricevuto € 16,4×20=328 milioni dai quali detrarre: – il compenso da pagare al Comune di € 70 milioni; il costo dell’impianto, previsto in € 120 milioni (fonte: Comune); le spese per la gestione e la manutenzione stimabili in € 2×20=40 milioni. In definitiva: € 328-70-120-40=98 milioni. Cioè: 70 al Comune/98 al Privato. Un rapporto possibile. (Nota: si fa salvo ogni errore per importi elaborati sulla base di valori presenti nella documentazione consultata, fonte: CCIAA Roma).
Oggi, con il nuovo accordo, la situazione è mutata radicalmente. Il compenso al Comune è sceso a € 1,2×20=24milioni, mentre i ricavi del privato sono diminuiti a € 13,2×20=264 milioni. Tuttavia, grazie alla modifica dei pannelli previsti nel progetto (fonte: cit.), la società è riuscita a ridurre la spesa da € 120 milioni a € 72 milioni facendo crescere il margine finale a € 264-24-72-40=128 milioni. Cioè: 24 al Comune (ex 70)/128 al Privato (ex 98). Un accordo che di Partenariato avrebbe poco, salvo errore. Ci sono da aggiungere due cose: – del Centro Studi non c’è traccia, forse perché il Comune di Eboli non avrebbe rilasciato l’autorizzazione edilizia (fonte: cit.); – nel 2012, la Monteboli Spa venne ceduta ad una società dell’isola di Guernsey, paradiso fiscale, al prezzo di € 90 milioni. Un guadagno di € 18 milioni in 12 mesi. Da record. In ogni caso, per favore, se qualcuno ha cifre diverse, le dica.
Già nell’anno 2016, l’allora Consigliere arch. Gianpaolo Lambiase chiese all’Amministrazione di riportare il compenso per il Comune a € 3,5 milioni, sia perché con il nuovo accordo era stato praticamente retrocesso solo il ‘premio’ di € 1,2 milioni per la firma del progetto, sia perché sarebbe stato disatteso l’obiettivo della copertura del consumo di energia, vera finalità da perseguire. Ma, adesso, c’è di più. Dai ‘Residui Attivi e Passivi’ del Bilancio, sembra che nel 2021 il Comune abbia girato al privato ricavi superiori agli incassi, canone compreso, per € 562.671,01 mentre, nel 2022, la differenza negativa sarebbe di € 1.351.339,10. Cioè, un contratto a perdere. Salvo ogni errore. Inoltre, sempre dal Bilancio, nel 2022 la società ‘offshore’ avrebbe visto crescere gli incassi complessivi da € 13 milioni a circa € 23 milioni in conseguenza dell’aumento del prezzo dell’energia. Un guadagno stratosferico. Sempre per favore, chi ha numeri diversi, li fornisca. Per possibili malintese informazioni, sarà doveroso porgere le scuse.
Su questa vicenda, sarebbero opportune delle precisazioni da parte degli Assessori e dei Consiglieri, in quanto rappresentanti dei cittadini e difensori dei loro interessi. Perché, se pure qualcuno può venire ad arricchirsi, dovrebbe almeno farlo con equilibrio. Sarebbe sconveniente sentir accusare la Comunità di avere l’anello al naso. Detto con salvezza di ogni errore e nel rispetto di quelli che, magari, lo portano per davvero.
*Ali per la Città