Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. E’ questa l’imputazione per la quale è stato chiesto il rinvio a giudizio per l’attuale Soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Gennaro Miccio, dell’architetto Giovanni Villani, funzionario della stessa Soprintendenza e dell’ingegnere Giuseppe Luigi Carluccio, progettista e direttore dei lavori a Palazzo Santoro. Già, proprio lo storico palazzo di corso Garibaldi in stile Coppedè, sottoposto a vincolo di tutela dal 15 maggio 2007, rappresenta il motivo del contendere. O meglio, lo è il titolo di colui cui è stato affidato l’incarico di progettare e dirigere i lavori di restauro conservativo, l’ingegner Carluccio che non sarebbe in possesso dei requisiti per ricoprire questa carica, contrariamente a quanto affermato dalla Soprintendenza che aveva dato il via libera alla sua nomina. Tutto è nato da un esposto-denuncia presentato da uno dei condomini dello stabile sito nel centro cittadino, il professore Alessio Colombis, trasmesso alla Procura della Repubblica il 4 ottobre 2011, in merito alla qualifica dell’ingegnere Carluccio. Un esposto che ha dato i suoi frutti con la richiesta di rinvio a giudizio emessa dal pubblico ministero, Carmine Olivieri, ora all’attenzione del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Salerno, Sergio De Luca che ha fissato per il prossimo 16 gennaio la data per la discussione dell’eventuale rinvio a giudizio. L’esposto a firma del professor Colombis si basa sulla nota 14343 del primo giugno 2010 a firma dell’allora Soprintendente Giuseppe Zampino e degli allora funzionari responsabili del procedimento per Palazzo Santoro, quello pro tempore, Giovanni Villani, e quello in carica in quella data, Gennaro Miccio. Una nota nella quale, sempre su richiesta di chiarimenti del professor Colombis, si affermava che l’ingegner Giuseppe Luigi Carluccio, pur non possedendo l’abilitazione in architettura richiesta come titolo necessario per poter progettare e dirigere lavori su di un edificio, come Palazzo Santoro, sottoposto a vincolo di tutela, potesse ugualmente farlo essendo in possesso di una specializzazione in restauro monumentale conseguita post-laurea presso l’Università di Roma, La Sapienza. Un titolo che i vertici della Soprintendenza giudicarono idoneo per affidare ugualmente progettazione e direzione dei lavori all’ingegnere leccese. Una dichiarazione che, secondo le indagini svolte dal pm Olivieri, risulterebbe essere non veritiera: stando alle carte, nonostante sul curriculum di Carluccio fosse presente come titolo la specializzazione in restauro monumentale, di fatto questo titolo sembra che Carluccio non ce l’abbia. Fuori dalla questione l’ex soprintendente Zampino che avrebbe semplicemente firmato in “buona fede” la nota, fidandosi del parere dei suoi funzionari. In sostanza, come si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, «Villani e Miccio, in concorso tra loro e su istigazione di Carluccio, redigevano la nota protocollo n. 14343 nella quale attestavano che “l’ingegner Giuseppe Carluccio…ha esibito un curriculum dal quale si è rilevato che egli è in possesso della specializzazione acquisita post laurea in restauro monumentale rilasciata dall’Università “La Sapienza” di Roma, laddove al contrario, le indagini consentivano di verificare che alcuna specializzazione era stata mai rilasciata al Carluccio da detta Università».
Ora tra due mesi, il Gup De Luca si pronuncerà in merito. Sta di fatto che certamente l’esperienza di Gennaro Miccio alla Soprintendenza di Salerno non sarà certo ricordata come tra le più tranquille.