Pagani. Nessuna riparazione per la custodia cautelare “ingiusta”: niente da fare, quindi, per Michele Petrosino D’Auria che si è visto respingere il ricorso dalla corte di Cassazione. Inammissibile. Confermato il giudizio dell’Appello di Salerno nonostante l’assoluzione definitiva sul reato associativo. La Corte territoriale ha correttamente esaminato la questione sottoposta al suo esame secondo i parametri richiesti valutando in maniera congrua e logica, e con l’autonomia che è propria del giudizio di riparazione, la ricorrenza di una condotta ostativa determinata da dolo o colpa grave, avente effetto sinergico rispetto all’emissione della misura custodiale nei confronti dell’interessato. “È infatti noto che, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, la colpa che vale ad escludere l’indennizzo è rappresentata dalla violazione di regole, da una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può insorgere, grazie all’efficienza sinergica di un errore dell’autorità giudiziaria, una misura restrittiva della libertà personale. Il concetto di colpa che assume rilievo quale condizione ostativa al riconoscimento dell’indennizzo non si identifica con la “colpa penale”, venendo in rilievo la sola componente oggettiva della stessa, nel senso di condotta che, secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, possa aver creato una situazione di prevedibile e doveroso intervento dell’autorità giudiziaria. Per la Cassazione, insomma, la Corte territoriale, valutando autonomamente il materiale probatorio utilizzato dai giudici di merito, ha fondatamente ritenuto che il comportamento di Michele Petrosino D’Auria, “pur ritenuto privo di rilevanza penale, ha contribuito colposamente in maniera decisiva all’emissione della misura cautelare”. Sono stati valorizzati specifici fatti riconducibili all’interessato, non esclusi dal giudice della cognizione, quali la riscontrata vicinanza del D’Auria Petrosino agli ambienti malavitosi di Pagani, “in continuità con il precedente clan di Tommaso Fezza , da cui non risulta si sia mai dissociato, risultando anzi capace di raccogliere e controllarne il pacchetto considerevole di voti elettorali per dirottarli verso il candidato sindaco Alberico Gambino in cambio di numerosi vantaggi personali e familiari, primo fra tutti l’affidamento della gestione dei parcheggi comunali di Pagani in favore di società a lui facenti capo e da lui controllate, nonostante la formale intestazione a terzi. Per gli ermellini è stata “anche valorizzata la fittizia intestazione a prestanomi delle società a lui facenti capo, in quanto logicamente ritenuta condotta tipicamente posta in essere da soggetti che gravitano negli ambienti della malavita per mascherare risorse potenzialmente sottoponibili a misure di prevenzione”. Proprio dalla consistenza di tali “contatti” di Petrosino D’Auria con ambienti malavitosi ed in considerazione delle indicate modalità di gestione dei suoi affari, la Corte della riparazione ha ragionevolmente reputato come abbia, quantomeno con colpa grave, contribuito a dare causa alla misura cautelare subita, trattandosi di situazioni atte a determinare interventi coercitivi dell’autorità. In questa prospettiva, va qui ribadito che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, integra la condizione ostativa della colpa grave la condotta di chi, nei reati associativi, abbia tenuto comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità al sodalizio criminale.





