di Olga Chieffi
E’ il momento degli onori per Giuseppe Gibboni, che si è imposto a mani basse, nel massimo concorso mondiale dedicato al violino, il Premio Niccolò Paganini, il quale ieri pomeriggio, prima di partecipare all’incontro con il ministro della cultura Dario Franceschini al Collegio Romano, Alexander Gadjiev secondo ‘Premio Chopin’ di Varsavia 2021, Leonora Armellini quinto ‘Premio Chopin’ di Varsavia 2021, Giovanni Bertolazzi secondo ‘Premio Listz’ di Budapest, nonché il Maestro Ottavio Dantone, direttore musicale dell’orchestra Accademia Bizantina di Ravenna, seconda migliore al mondo ai ‘Gramophone Award’ 2021, è salito al Quirinale per ricevere i complimenti del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Abbiamo voluto usare un termine appartenente al mondo dello sport, per indicare la vittoria di Giuseppe Gibboni quell’ “a mani basse” che ha la sua origine nel mondo delle corse dei cavalli, che sta per una vittoria senza sforzo, senza alzare le mani per smanacciare o usare la frusta, poiché la prima viola del teatro alla Scala, Danilo Rossi, ha giustamente montato la polemica, per l’attenzione quasi nulla dei media rivolta alla vittoria del Paganini e ai diversi riconoscimenti ottenuti dal mondo della cultura e della musica a vantaggio dei soli successi sportivi, l’Europeo di calcio, le medaglie olimpiche (attenzione non tutti gli ori hanno ricevuto l’amplificazione della stampa, come ad esempio lo storico alloro del doppio p.l. femminile Rodini-Cesarini!), e tutti i titoli continentali che hanno fatto risuonare più volte l’inno di Mameli. Così, finalmente, nel pomeriggio di ieri, il ministro alla Cultura Dario Franceschini ha ricevuto i vincitori dei premi internazionali, perché “è giusto – ha affermato il Ministro – che il Paese riconosca la capacità e il merito di questi giovani talenti italiani, che si sono distinti in competizioni musicali internazionali. Bisogna invertire questa tendenza, perché ognuno di loro rappresenta anche le centinaia di giovani che non vincono i premi ma studiano tantissimo, si impegnano tutti i giorni passando la loro vita a suonare, provare, nei conservatori italiani, avendo scelto un percorso difficile che richiede talento ma anche grande sacrificio.
La giornata vissuta deve essere la prima di una lunga serie di occasioni in cui il talento e il lavoro artistico, capace di vincere i più importanti concorsi di musica classica al mondo, venga riconosciuto pubblicamente dalle istituzioni del proprio Paese. L’Italia non ha solo un passato glorioso pieno di maestri ed artisti famosi, ma ha un presente importante in cui dei giovani talenti e professionalità continuano ad affermarsi e farsi apprezzare in giro per mondo”. Le risposte dei musicisti sono state all’altezza delle loro imprese. “E’ un onore immenso aver vinto il Premio Paganini – ha confessato Giuseppe Gibboni – Ho avuto anche il privilegio di debuttare con l’Accademia nazionale di Santa Cecilia: ero a Roma ma senza il mio violino – ha raccontato – per fortuna mi è arrivato alle due di notte appena in tempo per le prove al mattino. Ancora non ho avuto modo di suonare il violino-cannone di Paganini, l’ho potuto soltanto ammirare ma presto coronerò questo sogno”. Per Giovanni Bertolazzi, “per sviluppare il proprio percorso musicale servono senza dubbio talento e vocazione ma anche e soprattutto spirito di sacrificio, perché la musica richiede un impegno totale e il tempo pare non basti mai. Sogno fin da piccolo di dedicarmi alla musica, mi lascio ispirare dai grandi Maestri del passato ma guai cercare di emularli, sarebbe troppo rischioso”. Un “pericolo” che avverte anche Alexander Gadjiev, parlando di “un percorso infinito, alla ricerca di noi stessi e di ciò che ci emoziona”, mentre Leonora Armellini osserva che “c’è l’idea diffusa che l’impegno nella musica tolga molto alla vita personale e invece è il contrario, dà tantissimo perché musica e vita vanno di pari passo”. Il nostro Giuseppe prima dell’ incontro con Dario Franceschini è salito al Quirinale per essere ricevuto dal Presidente della Repubblica. “E’ un piacere incontrarla e farle i complimenti, è uno straordinario traguardo – ha detto Sergio Mattarella – un riconoscimento di importanza straordinaria per la musica e per il violino”.”Grazie davvero, è un onore immenso – replicato Giuseppe Gibboni – sono senza parole, sono veramente molto emozionato e la ringrazio con tutto me stesso”. Un antagonismo quello di musica e sport che non dovrebbe affatto sussistere, basta guardare un po’ indietro, quando in un Ginnasio ateniese, Platone confidava ai discepoli le ansie e gli abissi di quel suo viaggio incredibile e appassionato verso il mondo sublime dell’ Idea, indicando loro i tratti salienti dell’educazione dell’Uomo d’oro: “Or con la ginnastica e la musica, a quanto prima dicemmo, noi li educavamo”. E i discepoli potevano ammirargli le grandi spalle di atleta coronato ad Olimpia. Un binomio inscindibile quello di musica e sport, che è assoluto protagonista nel pattinaggio artistico sia su ghiaccio che a rotelle, nella ginnastica ritmica, nell’ esercizio a corpo libero dell’artistica, nel nuoto sincronizzato, nel dressage. Quante medaglie legate a brani musicali, la pattinatrice tedesca Katharina Witt bicampionessa olimpica, prima seducente Carmen, poi scatenata esecutrice di “Thriller” di Michael Jackson, o la francese Surya Bonaly, la “Venere nera” grintosa e dolcissima interprete del Largo dell’Inverno e del tempo tempestoso d’estate dalle stagioni di Antonio Vivaldi col suo salto mortale all’indietro sul ghiaccio e la sensualità del cigno nero di Oksana Baiul alle Olimpiadi di Lillehamer nel 1994, ancora, la morte del cigno di Camille Saint Saens della ginnasta bulgara Maria Petrova che scelse questa pagina per l’esercizio d’addio. Danza Salinero nel rettangolo d’oro di Atene regalando la corona d’alloro alla sua amazzone Anky Van Grunsven sulle note di Milord, mentre Emilio con la Regina del Dressage, la valchiria, Isabell Werth, si divide tra l’incipit della V sinfonia di Beethoven, l’aria di Lauretta dal Gianni Schicchi e quella di Gilda dal Rigoletto, non disdegnando la tarantella, mentre suona il Big Ben insieme a Pomp and Circumstance di Elgar per Valegro e Charlotte Dujardin. Ma se il termine “musica”, indica una famiglia specifica di eventi sonori nella quale sono compresi suoni, rumori e silenzio, per cui la musica, così intesa, è la vita stessa dell’uomo e la sua natura è cosmica e simbolica, sarà “musica” l’attacco perfetto, “unisono” di un Quattro senza, quando la vogata raggiunge una fusione tale per cui i quattro atleti, diventano “quattro professori d’orchestra”, per dirla con il nostro Giampiero Galeazzi, sarà “musica” il piede che impatta il pallone, il silenzio di una partita a scacchi, lo sparo della carabina o il mugghiare delle rapide di un fiume affrontato dal mulinare delle pagaie, le sartie delle barche a vela. E’ l’istante dello sport, che parimenti a quello della musica è l’atto, la vita stessa nella sua pienezza, o, con linguaggio nietzschiano, il dionisiaco. E’ lì tra le linee del rettangolo di gioco, sul quale ogni volta, sia esso il Santiago Bernabeu, o il campo da tennis, la pista di atletica o il ring, si giocherà la gara della vita, sperando nella meraviglia, in quell’infinito “oh!”, che si attende parimenti da ogni esibizione, da ogni concerto, da ogni palcoscenico.