di Filippo Attianese
NOCERA INFERIORE. È passato poco più di un anno. Era il 13 Febbraio 2014 il giorno in cui la Corte di Giustizia Federale depositava la sentenza del processo d’appello per i fatti del derby di Salerno, una sentenza che condannava definitivamente la Nocerina all’esclusione dal calcio professionistico.
A poco più di dodici mesi di distanza da quel giorno è arrivata anche l’ultima sentenza, quella rimasta ancora in sospeso, riguardante Giovanni Citarella, allora patron del sodalizio rossonero.
La sua posizione era stata stralciata per lo scoppio dell’inchiesta sui fondi neri che aveva reso impossibile la sua presenza al processo; il ritiro dei provvedimenti restrittivi nei confronti dell’ex presidente rossonero, però, ha consentito la riapertura del caso da parte del nuovo Tribunale Federale Nazionale. Anche per lui, come per gli altri dirigenti coinvolti nella vicenda e per i tecnici Fontana e Fusco, è arrivata l’inibizione per tre anni e sei mesi.
La richiesta era stata in realtà ancora più pesante; la procura aveva chiesto cinque anni di inibizione con proposta di radiazione: alla fine, però, la pena è stata allineata a quella degli altri soggetti coinvolti nel caso.
Nella motivazione della sentenza si legge che “sussiste la prova, ascrivibile anche al signor Citarella, della volontà di far interrompere la gara anzitempo, fornendo precise disposizioni all’allenatore in seconda, il signor Fusco, che avrebbe dovuto far venire meno il numero legale attraverso l’effettuazione immediata di cambi ed una serie di infortuni, poi effettivamente susseguitisi nel breve volgere di pochi minuti; così come” sussiste la prova della volontà “di giocare per non perdere i contributi.”
Secondo il dispositivo firmato da Claudio Franchini, presidente del TFN, la prova della partecipazione all’illecito dell’ex patron rossonero è nell’ormai famoso conciliabolo avvenuto nella pancia dell’Arechi: “è indiscutibile il contributo probatorio fornito dall’addetto al controllo gara, il quale ha chiaramente udito il conciliabolo intercorso tra i signori Citarella, Benevento, Fontana e Pavarese, nel corso del quale gli stessi hanno convenuto di far concludere rapidamente la gara,” spiega il TFN, “le motivazioni che hanno determinato tale scelta […] si rinvengono in quanto riferito dal calciatore Hottor circa la voce che girava tra alcuni compagni di squadra che si doveva giocare la partita per non far perdere i contributi alla Società, notizia che trova sostanziale riscontro anche nell’audizione del Pavarese.”