Entrare nella Noschese Bakery a Pontecagnano ( Sa)è come fare un viaggio sensoriale nel cuore del gusto e dell’accoglienza. A riceverti c’è Nicola Noschese, 62 anni, originario di Pontecagnano, in provincia di Salerno: energia contagiosa, simpatia travolgente e una profonda competenza nel suo mestiere.
Ci accomodiamo ai tavoli di legno dal design curato, proprio di fronte al banco del pane, circondati da scaffali pieni di delizie. In menù, oltre al pane e ai lievitati, si può gustare una straordinaria pizza alla pala o tonda, ma anche un buon piatto di pasta con il pescato del giorno o con i prodotti dell’orto coltivati dal papà di Nicola. Ad accompagnare tutto, vini selezionati. E così, tra un calice di bollicine e un piatto di rustici, iniziamo la nostra chiacchierata tra risate, ricordi e riflessioni gourmand.
Nicola, ti ho cercato per parlare di pane e mi accogli con un Trento DOC. Un modo speciale per iniziare questa intervista!
È il mio stile, dice Nicola, per me l’accoglienza è parte del mestiere. Il cibo non è solo nutrimento, ma anche emozione, e un calice di bollicine è il modo giusto per dare valore a ogni incontro.
Com’è iniziato tutto? Quando hai capito che volevi fare il panettiere?
È iniziato quasi per caso. Mio padre acquistò un piccolo panificio e io, da ragazzino, lo aiutavo. Imparai da lui, con gli strumenti e le conoscenze che aveva all’epoca. Il pane, allora, era centrale nella vita quotidiana. Si comprava ogni giorno, non poteva mancare in casa, e rappresentava quasi un rito. Oggi tutto è cambiato, ma per me il pane resta un alimento sacro;
Oggi però spesso il pane viene demonizzato, soprattutto nelle diete. Che ne pensi?
È vero. I carboidrati sono stati trasformati nel “nemico pubblico numero uno”, ma il problema non è il pane in sé, quanto la qualità delle farine e il modo in cui viene prodotto. Le farine moderne sono spesso troppo raffinate, sbilanciate, e i processi industriali impoveriscono il prodotto. Ma con farine genuine e lievitazioni naturali, il pane può tornare ad essere un alimento sano e importante;
C’è un grande ritorno ai grani antichi. Tu li usi?
Sì, li utilizzo e li consiglio. Sono meno ricchi di glutine, più digeribili e non sottoposti alle mutazioni genetiche che hanno interessato molti cereali moderni. Questi grani non solo risultano più digeribili, ma non sono passati attraverso le modifiche genetiche (come l’irradiazione nucleare) imposte alle sementi durante la guerra. I grani antichi, invece, sono più autentici. Penso al Senatore Cappelli, alla Saragolla… sono varietà che raccontano una storia diversa;
Secondo te, oggi il pane può ancora avere un ruolo nella dieta quotidiana?
Assolutamente sì, ma con moderazione e consapevolezza. Un buon pane, fatto con farine selezionate, lievitato correttamente, è un ottimo complemento al pasto. Non bisogna esagerare, certo, ma neanche eliminarlo del tutto. Il problema non è mai l’alimento singolo, ma l’equilibrio generale della dieta.
Quindi niente estremismi a tavola?
No, gli estremismi a tavola fanno male. Non esiste un alimento perfetto, esiste una buona combinazione di alimenti, fatta con intelligenza e gusto. Eliminare del tutto il pane, la pasta o altri ingredienti tradizionali spesso è frutto di mode, più che di scienza. E poi, diciamocelo: mangiare deve anche dare piacere;
Come vedi il futuro del tuo lavoro?
Lo vedo in evoluzione, ma con solide radici. Sto portando avanti una sorta di “riconversione” del mio panificio, puntando sempre di più su qualità, tracciabilità, legame con il territorio. Offriamo anche cucina, perché il pane è solo l’inizio di un racconto più grande, fatto di sapori, ricordi, relazioni. E voglio continuare a raccontarlo, ogni giorno;
Quale la tua tecnica?
La mia è una tecnica più scientifica. Ma attenzione: questo non esclude la sensibilità. Anzi, ogni arte , dalla cucina alla panificazione , richiede sensibilità. Io però ho cominciato ad approcciare il pane in modo più analitico già nel 1990, quando ho comprato la mia prima sonda per misurare la temperatura dell’impasto. Ero a Milano, cercavo informazioni, leggevo ricerche su temperature ideali di fermentazione, sui 24-26 gradi perfetti per la lievitazione… Insomma, ho cominciato a trattare l’impasto come una materia da studiare;
Un approccio più moderno, insomma…
Esatto. Ho iniziato a studiare il lievito, a costruire le mie madri, a capire come gestirle. Ho approfondito le tecniche, le proporzioni, i comportamenti dell’impasto rispetto alle variazioni di temperatura, di umidità, e anche in relazione al tipo di macchina utilizzata. La conoscenza scientifica mi ha aperto un mondo. E poi c’è una cosa che non deve mai mancare…
Cosa?
La curiosità. È la molla che ti spinge a scoprire, a migliorarti. Non si finisce mai di imparare, soprattutto in questo mestiere. E poi ci vuole passione. Tanta. Solo così si riesce a fare un prodotto che emoziona;
Parli di emozioni,pensi che oggi il pane riesca ancora a suscitare emozioni come un piatto elaborato?
Un bel piatto di pasta, magari un piatto della tradizione, può scatenare grandi emozioni. Il pane, purtroppo, spesso viene sottovalutato. Ma quando è fatto bene ,con una buona lievitazione, grani di qualità e attenzione ,può diventare anche lui un alimento che emoziona. I miei clienti mi raccontano che si commuovono davanti a una pagnotta, perché ritrovano i sapori di una volta.
Qual è oggi il tuo prodotto di punta?
Sicuramente il pane. Ma nel mio laboratorio trovate anche salumi, formaggi, baccalà, nel periodo autunnale ed invernale il baccalà è il più richiesto e poi primi piatti. E la pizza, ovviamente. Cerchiamo sempre di offrire prodotti che raccontano un territorio, che abbiano qualità e carattere;
Ed i dolci quali sono i più richiesti?
Senza dubbio la pastiera , perché non è solo un dolce, ma un racconto fatto di profumi e memoria. Ogni ingrediente deve essere riconoscibile, ma nessuno deve prevalere. L’equilibrio ,come in una sinfonia è ciò che la rende speciale. E l’amore di chi la prepara fa il resto;
Nicola, da qualche anno la tua produzione di panettoni artigianali ha riscosso grande successo. Qual è il segreto dietro questo risultato e come scegli le varianti da proporre?
Sono più che soddisfatto del percorso fatto finora. I miei panettoni, leggeri come una nuvola, sono frutto di anni di sperimentazione, studio costante e soprattutto dell’esperienza maturata grazie agli insegnamenti di grandi maestri dell’arte bianca. Ogni fase, dalla selezione delle materie prime alla gestione del lievito madre, è curata con estrema attenzione. Tra le varianti che hanno conquistato maggiormente i miei clienti c’è quella con pesche e albicocche, un abbinamento che profuma d’estate e conquista al primo assaggio;
Hai un sogno nel cassetto ancora da realizzare?
Si vorrei avere più tempo per me ,la mancanza di personale e l’ esigenza del mercato mi porta a lavorare la maggior parte della giornata ed anche se il mio lavoro è la mia passione, vorrei poter leggere quella pila di libri nuovi accantonata nel salotto andare in palestra, giocare a tennis,viaggiare…
C’è qualche nuovo progetto per la Noschese Bakery?
Sì, il progetto “colazione”. Voglio portare nelle case una colazione di altissima qualità, fatta con prodotti semplici ma buoni. Oggi nella pasticceria , soprattutto quella da colazione , spesso si abbonda con ingredienti troppo pesanti, troppi zuccheri, troppi grassi. Io vorrei tornare alla fetta di torta della nonna, quella che ti faceva felice e ti dava energia. Sarebbe bello svegliarsi così ogni mattina.
Raffaella D’Andrea





