di Peppe Rinaldi
Il primo ottobre Le Cronache ha raccontato la vicenda del magistrato della Corte dei Conti, Michele Oricchio, Presidente di sezione regionale della Campania, finito nel registro degli indagati della procura di Salerno. Cose che capitano. Il pubblico ministero Alessandro Di Vico contesta al collega e ad una cinquantina di altri soggetti, di aver agito illegalmente (artt. 476-479-81 e 110 cp), in concorso con l’ex comandante della Polizia Urbana di Capaccio Sofia Strafella, per annullare una contravvenzione del 2 luglio 2021 elevata, pare, per un eccesso di velocità. L’importo della contravvenzione è di 183 euro. Una miseria, si dirà, per chi assorbe mensilmente e da anni stipendi significativi. Parliamo di circa 14mila euro, cui si aggiungono tra i 40 e i 50mila euro annui di “indennità di funzione”. Eppure. Al dottor Oricchio la cosa forse apparve ingiusta, di sicuro sgradita, quindi, non si sa bene chi, non si sa bene come, non si sa bene perché, quella multa è stata annullata. Oppure: qualcuno, per eccesso reverenziale, per calcolo o semplicemente perché c’era la possibilità di farlo, istigò il magistrato. Cambia ma non troppo. Oppure l’hanno fatto a sua insaputa. Tutto può essere. Alla fine, la multa fu annullata attraverso presunti artifizi dal Comando di P.U. in combutta con Oricchio, manovra costata poi cara ad altri soggetti coinvolti in serie e con capi di imputazione fotocopia: questa è la tesi che sorregge il quadro del pm. Le ragioni, lo scenario e il contesto l’abbiamo raccontato più di una volta, chiunque voglia capirne qualcosa in più può cliccare sul sito di questo giornale e cercare.
La novità, a questo punto, quale sarebbe? Venerdì scorso lo stesso pm Di Vico ha spedito agenti della GdF in Comune per una perquisizione. In astratto nulla di nuovo per Paestum, specie da un po’ di tempo a questa parte, se non fosse che i finanzieri avrebbero ricevuto un ordine preciso: perquisire, non acquisire atti, la sede del Comando di Polizia Urbana. Ora, una cosa è mandare la polizia giudiziaria a perquisire l’abitazione, ad esempio, di un comandante o di un militare o di un pubblico ufficiale sospettato di qualcosa; altro è ordinare la perquisizione di una sede di polizia, urbana sì ma pur sempre polizia. Non è inedita la circostanza ma neanche frequente.
C’è relazione tra l’indagine sui cosiddetti «furbetti delle multe» e questo nuovo accesso? Questo lo sanno solo gli investigatori ma fonti accreditate di Palazzo indicano che nel decreto di perquisizione ci fosse un solo nome, tra tanti (complessivamente siamo oltre i 60). Quale? Michele Oricchio, l’alto magistrato della Corte dei Conti. Cosa cercava la polizia giudiziaria? Ci sono altre carte, altri atti che riguardano questa vicenda, oppure s’è trattato di una scelta ulteriore, verosimilmente tattica, degli inquirenti per giungere ad altro? Trattandosi di una banalissima faccenda di micro-clientela prefeudale e non di un intricato caso di omicidio plurimo, non dovrebbe esserci molto altro da dire se non stabilire se il fatto sia vero o meno. E questo lo diranno (forse) i giudici.
In realtà, le indiscrezioni parlano anche di una motivazione a sostegno del provvedimento: quel giorno il dottor Oricchio superò il limite di velocità per ragioni di servizio. In pratica, fu costretto a correre più forte. Se ne deduce, ove mai questa cosa fosse confermata, che quel venerdì 2 luglio 2021 il dottor Oricchio fosse in ritardo a un irrinunciabile appuntamento istituzionale, laddove per «istituzionale» si intenda qualcosa legato non alla rappresentanza ma alla funzione. Una sorta di causa di forza maggiore che scriminerebbe, come direbbe lo stesso Oricchio, la sua condotta. Non è da escludere, si vedrà se e quando altri suoi colleghi saranno chiamati a giudicare. Un pm ordinario, uno dell’antimafia, in genere è sommerso da guai, rogne, tragedie improvvise, tanti altri elementi gli possono stravolgere il quotidiano, tanto per cui può e deve schizzare fulmineamente in ogni dove. Un magistrato del Conto dello Stato, in prevalenza, ha a che fare con carte, numeri, codici e leggi.
Questa vicenda si inserisce in un contesto febbricitante, all’interno di un ente locale come Capaccio, flagellato da venti giudiziari che non accennano a stemperarsi. Anzi.





