di Marta Naddei Morire di pena detentiva. E’ il rischio che ha corso, e che ancora oggi corre, Francesco Sorrentino. E’ il rischio che corre un altro detenuto salernitano, rinchiuso nella casa circondariale di Parma, e quello che ha corso Giuseppe Danise. Ed è stato il triste destino di Carmine Tedesco, la cui morte chiede ancora giustizia. Solo dopo un lungo calvario, Francesco Sorrentino – che per 36 anni ha vissuto in cella – potrà finalmente usufruire del regime degli arresti domiciliari (sarà ospitato presso la casa dell’anziana sorella nella natìa Sant’Egidio del Monte Albino). Due settimane fa, a Sorrentino, è stata asportata la vescica: un intervento d’urgenza all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, che ha scongiurato la morte certa verso la quale il detenuto si stava avviando. Quel tumore che lo ha colpito – ma che il personale medico del carcere di Fuorni si rifiutava di “riconoscergli”, nonostante le relazioni di diverse strutture ospedaliere – lo stava mangiando vivo, tanto che Sorrentino, come racconta la nipote Antonietta Ferraioli, è arrivato a pesare poco più di 40 chilogrammi a fronte degli 80 iniziali. Un “traguardo”, quello degli arresti domiciliari, cui il legale dell’uomo, Bianca De Concilio, è riuscito a giungere dopo un percorso tanto tortuoso quanto paradossale, fatto di trattamenti a dir poco discutibili, spesso sfociati in umiliazioni, da parte dei sanitari della casa circondariale di Fuorni, così come del tribunale di sorveglianza di Salerno. «Si vedeva che stava male – ha detto l’avvocato De Concilio nel corso di una conferenza stampa tenutasi su iniziativa del segretario dei Radicali di Salerno, Donato Salzano – Sarebbe bastata un’ecografia per evitargli dolore e sofferenza. E’ vero che in alcuni casi, con l’aiuto di medici compiacenti, molti detenuti fingono dei malori per ottenere dei vantaggi, ma nel caso di Sorrentino erano palesi le precarie condizioni di salute. E’ una vicenda triste soprattutto dal punto di vista umano: nelle altre strutture detentive presso le quali Sorrentino è stato ristretto ha ricevuto le idonee cure, qui a Salerno no. Non gli credevano quando diceva di essere malato: atteggiamenti di questo tipo, per chi lavora in una struttura che dovrebbe essere di riabilitazione e reinserimento in società, non fanno altro che aumentare, livore, rabbia e voglia di ribellione nei detenuti. Le condizioni di salute di Sorrentino lo rendevano e lo rendono incompatibile con il regime carcerario». A dire la sua è stata anche la nipote di Sorrentino, Antonietta che ha lanciato un messaggio ben preciso: «E’ vero che sono detenuti e che hanno commesso degli sbagli ma questo non significa che debbano essere abbandonati solo perché devono pagare. Sono persone e come tali vanno rispettate». Ben presto sarà depositata la querela e l’avvocato De Concilio avrebbe già richiesto il sequestro delle cartelle cliniche di Francesco Sorrentino. Ma quello del detenuto di Sant’Egidio non è certamente l’unico ed ultimo caso di trattamenti “inumani” nelle carceri. Dopo gli ormai numerosi casi registrati alla casa circondariale di Fuorni ed alla sezione detentiva del Ruggi, pur cambiando città la situazione non cambia. Protagonista, suo malgrado, è un carcerato originario di Campagna, attualmente ristretto a Parma. L’uomo, assistito sempre dall’avvocato Bianca De Concilio, pare versi in condizioni fisiche al limite. Trapiantato sia di rene che di pancreas, è affetto da diabete – circostanza che gli ha cagionato la perdita delle dita dei piedi che lo costringe a spostarsi in sedia a rotelle – ed ha un occhio di vetro. Nel corso dell’ultimo colloquio, il legale si è anche reso conto che le medicazioni non venivano sostituite da diversi giorni. E’ stata chiesta una relazione sullo stato di salute dell’uomo alla direzione della casa circondariale di Parma ma, allo stato, è rimasta lettera morta. Insomma, un altro caso ai limiti dell’umana sopportazione. Nel corso della conferenza stampa, il segretario dei Radicali salernitani Donato Salzano ha inteso ringraziare il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli che, nei giorni scorsi, ha inviato una lettera ai direttori di Asl e Ruggi, nonché a quello del carcere di Fuorni proprio per sollecitare in merito alla tutela del diritto alla salute dei detenuti della casa circondariale provinciale. «La speranza c’è – ha detto Salzano – Napoli ha preso una posizione netta e politica sulla questione, confermandosi in prima linea nella lotta per la difesa dei diritti umani».
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Riabilitazione, tutti col fiato sospeso
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