di Olga Chieffi
Delle geografie sensoriali si disegnano mappe, proprio come accade per i monti, i fiumi, le pianure. Ma è una cartografia che sovverte le certezze, invece di fissare coordinate precise. Così, niente di più fluido ed evocativo di un paesaggio composto da musica, arte letteratura, cucina, perché dai sensi trapelano storie, con la loro densità affettiva e la loro costitutiva eccedenza rispetto al tempo e ai luoghi. E niente di più vibrante di un corpo d’acqua sulle cui rotte avviene la diaspora di ritmi, melodie, vocalizzi, tonalità: il Mediterraneo. “Un’infinità di tracce accolte senza beneficio di inventario”, direbbe Gramsci, lain Chambers, invece sa quanto sia destabilizzante inseguire le scie sonore di un archivio liquido e meticcio – il nostro mare, le sponde di tre continenti – e quanto il pensiero di terraferma abbia da guadagnare da un simile spaesamento. Questa l’essenza il progetto Mediterraneo contemporaneo, la rassegna sui linguaggi contemporanei della cultura mediterranea, che intende intercettare le avanguardie artistiche, le identità culturali di civiltà vicine alla nostra più di quanto immaginiamo. Quest’anno verrà raccontato il Libano. Ideato e curato da Maria Rosaria Greco, già curatrice della rassegna femminile palestinese avviata nel 2014, si afferma come lo spazio mediterraneo di Casa del Contemporaneo. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Jugoslavia. Significa sprofondare nell’abisso dei secoli, fino alle costruzioni megalitiche di Malta o alle piramidi d’Egitto. Significa incontrare realtà antichissime ancora vive, a fianco dell’ultramoderno. Tutto questo perché il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Nel paesaggio fisico come in quello umano, il Mediterraneo crocevia, il Mediterraneo eteroclito si presenta al nostro ricordo come un’immagine coerente, un sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in un’unità originale. Maria Rosaria Greco ha dedicato l’edizione del 2021 dedicata al Libano scosso da un momento di grande instabilità sociopolitica ed economica che, dopo le esplosioni del 4 agosto 2020 nel porto di Beirut, è ancora più drammatico. Fra oggi e il 18 dicembre ci saranno otto appuntamenti per conoscere da vicino il Libano, le sue tensioni culturali e sociali, i suoi sapori, la sua musica. Si inizierà oggi con lo chef Kamal Mouzawak fondatore a Beirut del ristorante cooperativa Tawlet. “Make food, not war” è il suo motto, e terrà a Salerno una cooking class e uno show cooking. Altra ospite è la fumettista Lena Merhej, cofondatrice della rivista “Samandal”, che presenterà la sua graphic novel “Marmellata con laban” in libreria dal 21 ottobre u.s. e pubblicata da Edizioni Mesogea, a cura di Maria Rosaria Greco e tradotta da Enrica Battista. Con Lena ci saranno tre incontri: il workshop in Accademia di Belle Arti a Napoli, poi un incontro a Salerno e uno a Caserta. Dal fumetto si passerà alla letteratura con lo scrittore Mazen Maarouf che presenterà il suo “Barzellette per miliziani” edito da Sellerio nel 2019, tradotto dall’arabo da Barbara Teresi, da cui si trarrà un reading sonorizzato dall’ “Hartmann Ensemble”. Il momento dell’attualità viene approfondito con la presenza del giornalista Nizar Hassan, leader del movimento “Li Haqqi” (per i miei diritti) che dall’ottobre del 2019 ha guidato le proteste civili e le richieste di rinnovamento sociopolitico in Libano. Infine chiude la rassegna il concerto jazz del musicista Makram Aboul Hosn, contrabbassista, che si presenterà a Salerno in quintetto, con Khaled Yassine alle percussioni e batteria, Nidal Abou Samra, Giuseppe Doronzo e Michael Moore al sassofono, per presentare “Transmigration” venuto alla luce tre giorni dopo le esplosioni di Beirut, e pubblicato nel febbraio di quest’anno. Un progetto questo Mediterraneo Contemporaneo che si basa su un’idea meno scontata di identità e di dimora. Grazie alla sensualità delle arti, alla memoria che custodiscono e alle appartenenze che mettono in gioco, ci rendiamo conto che l’importante non è tanto avere una casa nel mondo, bensì creare un mondo in cui sentirsi a casa.