Medici di famiglia e pronto soccorso - Le Cronache Ultimora
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Medici di famiglia e pronto soccorso

Medici di famiglia  e pronto soccorso

di Elio Giusto*

Il rapporto tra i medici di medicina generale (MMG) e i professionisti dei pronto soccorso rappresenta da anni uno dei nodi critici del sistema sanitario nazionale. Spesso viene raccontato come una contrapposizione: da un lato i medici di famiglia accusati di “spedire” troppi pazienti in ospedale, dall’altro i medici d’urgenza che denunciano un sovraccarico insostenibile di accessi, non sempre giustificati da reali situazioni di emergenza. UN FILTRO SOTTO PRESSIONE Il medico di medicina generale è il primo punto di riferimento per i cittadini. Ma il suo lavoro si svolge in un contesto sempre più complesso: ambulatori sovraffollati, pazienti cronici che richiedono cure continue, anziani con più patologie e risorse diagnostiche ridotte al minimo. In queste condizioni, valutare correttamente un sintomo sospetto diventa un esercizio di equilibrio. Davanti a un dolore toracico, a un improvviso malessere o a un peggioramento respiratorio, l’invio in pronto soccorso non è soltanto prudenza: è spesso l’unica opzione sicura per tutelare il malato e ridurre i rischi legali e professionali. LA PROSPETTIVA DELL’EMERGENZA Per i medici ospedalieri, però, il quadro è diverso. I pronto soccorso italiani registrano ogni anno milioni di accessi e gran parte di essi non rientra nei codici di reale urgenza. L’effetto è un sovraccarico che rende difficile gestire i casi gravi, con tempi d’attesa sempre più lunghi e personale che lavora in condizioni di stress costante. Da qui la percezione, spesso espressa apertamente, che molte delle persone inviate dal territorio potrebbero essere seguite altrove. IL RISCHIO DI UN GIUDIZIO INGIUSTO La polemica nasce spesso da un equivoco: valutare la scelta del medico di medicina generale con il senno di poi. Se un paziente viene dimesso con una diagnosi banale, non significa che il sospetto iniziale fosse privo di fondamento. Il contesto decisionale è profondamente diverso: il medico di famiglia deve ragionare senza strumenti diagnostici immediati, assumendosi la responsabilità di non trascurare eventuali segnali d’allarme. OLTRE LO SCONTRO: POSSIBILI SOLUZIONI Per ridurre la distanza tra territorio e ospedale servono interventi strutturali: Comunicazione costante: linee telefoniche dedicate o piattaforme digitali per un confronto rapido tra MMG, 118 e pronto soccorso; Linee guida condivise: protocolli chiari e costruiti insieme su come gestire i sintomi più frequenti, dal dolore addominale alle crisi ipertensive; Percorsi intermedi: Case di Comunità e ambulatori di continuità assistenziale che possano accogliere pazienti non gravi, offrendo esami di base ed evitando l’ospedale; Formazione reciproca: momenti di aggiornamento congiunti, per favorire una maggiore conoscenza dei rispettivi vincoli e possibilità operative; Investimenti sul territorio: potenziare la diagnostica di primo livello (ecg, ecografie, test rapidi) UN’ALLEANZA PER I PAZIENTI Al di là delle accuse reciproche, è chiaro che MMG e medici ospedalieri si trovano dalla stessa parte: quella della tutela del paziente. La vera sfida non è stabilire chi abbia ragione, ma costruire una filiera dell’assistenza che funzioni senza scaricare il peso sugli anelli più fragili. In un sistema sanitario già indebolito da carenze di personale e risorse limitate, non serve alimentare contrasti ma favorire la collaborazione. L’urgenza, quella vera, si gestisce meglio se territorio e ospedale smettono di guardarsi con sospetto e imparano a parlarsi di più. Solo così si potrà garantire un’assistenza continua, sicura e rispettosa del bisogno principale: quello del cittadino che cerca cure tempestive ed efficaci. *presidente provinciale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale di Salerno