Manola: una travolgente colata di lava - Le Cronache
Spettacolo e Cultura teatro

Manola: una travolgente colata di lava

Manola: una travolgente colata di lava

Trionfo assoluto di Nancy Brilli e Chiara Noschese al Teatro delle Arti, le quali si sono concesse in uno spumeggiante incontro Prima della Prima agli studenti dei licei salernitani

 

Di Olga Chieffi

 

Nancy Brilli e Chiara Noschese si sono raccontate sabato sera al Teatro delle Arti prima fuori e, indi, sul palcoscenico, incontrando, in una entusiasmante “Prima della Prima”, gli studenti di due licei salernitani. Il messaggio delle due attrici è quello di mettersi sempre in “gioco”, di premere il tasto “play”, nel senso più ampio del termine, in ogni cosa che si pensa di realizzare, di studiare, fare esperienze, cercare di vivere con i proventi di ciò che per cui si è lavorato ed un messaggio speciale è stato lanciato dalla Brilli, alle ragazze, la raccomandazione di fare gruppo, di credere nel proprio talento, senza percorrere vie traverse e scorciatoie. Le donne devono fare squadra per realizzare un qualsivoglia progetto per stima e non per innalzare “quote rosa”. Fino a quando le donne penseranno di fare carriera o di mantenersi perché “mogli di”  non si potrà andare da nessuna parte. Il sipario, poi, si è aperto su una grande colata di lava che tutto travolge, mobili e parole, che attraversa la casa delle due gemelle non monozigote, Anemone, la Brilli, e Ortensia, la Noschese, protagoniste di una drammaturgia ironica ma, allo stesso tempo, capace di esprimere messaggi profondi, incentrata su due sorelle caratterialmente agli antipodi che si detestano, la prima raggiante ed estroversa, l’altra spettrale e introversa, il bianco e il nero, superficialità contro profondità, bellezza e bruttezza. Lo spettacolo è composto di monologhi alternati e incrociati con Manola, una maga, specchio, pubblico, alla quale le sorelle Ortensia e Anemone si risolvono a confidare i loro grovigli psicologici e sentimentali, parte di un testo teatrale che l’attrice Margaret Mazzantini ha scritto e recitato, insieme con Nancy Brilli, con notevole successo, per il debutto nella regia teatrale di Sergio Castellitto, poi divenuto un romanzo, quindi rivisitato e aggiornato dalla stessa Brilli per la versione 2022, a venticinque anni dalla prima scrittura. Due sorelle, due caratteri, due destini che dialogano in verità con noi, il pubblico per oltre un’ora e mezza, in cui non si avverte alcun calo di tensione: Ortensia cerca sfogo alla propria infelicità, nell’esistenzialismo di Sartre, mentre la pavona Anemone accede alle esoteriche frequentazioni con l’idea di soccorrerla, salvo poi approfittarne anche lei. Affiorano così, dai contigui resoconti, le recriminazioni, le vanterie, il denudamento estremo delle due donne, in toni comici, che si tingono sempre più di tetro umorismo. La colata di lava e di parole ci trasporta in situazioni insolite e stravaganti, attraverso un fervore linguistico che offre anche segnali del nostro tempo instabile, certo “chiacchiericcio genitale” smentito dal “blocco della spermatogenesi” nell’uomo occidentale, sconfitto dagli immigrati extracomunitari; le terapie dell’anima, la religione, il buddhismo, comunismo e filosofia star & stripes: “Dove finisce il cattolicesimo s’affaccia il comunismo, dove si schianta il comunismo attecchisce salda la psicanalisi, dove tentenna la psicanalisi s’insinua la magia”. Il vulcano linguistico vomita frammenti di specchio esistenziali e reperti d’epoca, se non fosse per la svolta, lo scambio delle parti tra le sorelle, tra la bianca e la nera, provocata da una specie di deus ex-machina con l’ immaginifica comparsa nella commedia di un uomo laido e inutile, tal Poldo, che conquista e sposa Anemone per poi tradirla con Ortensia. Ecco, allora, lo smarrimento di Anemone, che in uno dei tanti dialoghi con Manola ovvero con noi, la platea che ha la capacità di ascoltare, dirà di Poldo “Al sesso tra quei due non ci posso neanche pensare. Non so proprio come faccia Ortensia a trovarglielo, il coso, al trippone, in mezzo a tutto quel lardo puzzolente”. Il testo è scoppiettante e variegato, con frasi volutamente ridondanti, ma la prolissità e l’esasperazione di certi contenuti a volte diluiscono l’efficacia del messaggio di fondo. Non felice la “cacciata” finale di un autobus pieno di neri che liberano l’ex racchia della sua ingombrante verginità: “…ho sentito che quello che stava accadendo era l’archetipo di ogni desiderio femminile”.  All’altra sorella Anemone, non rimarrà che cantare “Lascia ch’io pianga” dal Rinaldo di Haendel, una delle diverse gemme che hanno impreziosito la colonna sonora dell’intera piéce, tra una splendida interpretazione di “Que reste-t-il de nos amours?” nella versione di Paolo Fresu e Richard Galliano o “I don’t Know Why But I do” di Clarence “Frogman” Henry. La storia di Anemone e Ortensia resta un ritratto veritiero e doloroso delle molteplici angosce che possono affliggere le donne, costringendole a lunghi percorsi di sofferenza, la maggior parte delle volte sole e incomprese. Applausi scroscianti e appuntamento al 5 marzo con Giacomo Rizzo.