di Andrea Pellegrino
Non c’è carta, non ci sono penne, non c’è neppure l’inchiostro per i timbri. Insomma pare una scena ambientata nella Corzano di “Io speriamo che me la cavo”, ed invece siamo a Palazzo di Città, dove annualmente fiumi di soldi vengono investiti in luminarie natalizie ed opere milionarie al Teatro Verdi. Ebbene, basta chiedere una ricevuta all’ufficio tributi per rendersi conto che manca perfino l’inchiostro per apporre il timbro. Così il tutto viene affidato ad un post-it scritto a penna. Materiale di cancelleria completamente scarso nelle stanze dei gruppi consiliari, costretti ad elemosinare carta a destra e manca, perfino per stampare i lavori delle commissioni consiliari, con annesse giustifiche per i consiglieri. Dunque, uno scenario surreale, al centro tra la realtà e la finzione. Per Roberto Celano: «Si sta mascherando un dissesto finanziario. Non hanno la forza economica neppure di assicurare il materiale di cancelleria. Manca la carta e l’inchiostro all’ufficio tributi, manca tutto negli uffici dei gruppi consiliari. Siamo all’assurdo ma è il segno di una eredità lasciata da una gestione fallimentare che ha contrassegnato la città di Salerno per un quarto di secolo. A mio avviso – conclude – siamo sul baratro del dissesto».