M. Rovella ricomincia dopo la tragedia - Le Cronache Attualità
Cronaca Attualità

M. Rovella ricomincia dopo la tragedia

M. Rovella ricomincia dopo la tragedia

di Erika Noschese

È un paese incredulo, quasi in cerca di una risposta a quel “perché” che, all’indomani della tragedia, affiora nella mente di ciascuno. Il paese prova ad andare avanti, ma tutto sembra essersi fermato a quel sabato di agosto, quando Christian Persico, 36 anni, ha tolto la vita alla sua ex compagna, Tina Sgarbini, 47 anni, strangolandola. Una domenica apparentemente serena, ma il pensiero corre inevitabilmente a quella donna, definita da molti «grande lavoratrice», e a quell’uomo «sempre gentile e garbato». Dopo un giorno di pausa, riprende la Sagra della Braciola e dal primo pomeriggio la piazza adiacente al Palazzo di Città torna a riempirsi. A rompere il silenzio è la Pro Loco Aps che, attraverso i canali social, cerca di restituire una parvenza di normalità a una giornata segnata da interrogativi e inquietudini. «Oggi si riparte, insieme. Dopo una giornata di silenzio e rispetto, la nostra comunità torna ad abbracciarsi intorno alla tradizione più autentica: la Sagra della Braciola. Perché è proprio nei momenti difficili che si misura la forza di un paese. Uniti, ci rialziamo e troviamo nella condivisione e nella voglia di stare insieme il modo più vero per andare avanti», ha comunicato l’associazione. La macchina organizzativa era all’opera già dal mattino, nel rispetto della tradizione. «Questa sera (ieri per chi legge, ndr), la Sagra riapre le sue porte con il calore della nostra gente, i sapori che ci rappresentano e l’energia di una comunità che non si arrende. Montecorvino Rovella è qui, unita, pronta a trasformare il dolore in voglia di vivere. Forza Montecorvino Rovella», hanno aggiunto dalla Pro Loco. In ogni angolo della strada, però, si vedono persone intente a scambiarsi qualche chiacchiera, qualche riflessione, o ricordi di una donna che ha sempre lavorato per sostenere i suoi figli e mandare avanti la propria vita. «Una donna forte, era “l’uomo di casa”: dopo la separazione non si è mai persa d’animo, ha lavorato incessantemente, regalando ai suoi figli una vita serena nonostante le tante difficoltà», ha raccontato un uomo davanti a un bar. Le persone si sono poi radunate in località San Pietro, dove l’omicida si trovava sabato mattina verso le 11: dopo il terribile gesto, si era recato al bar per fare colazione. Qualcuno, incredulo, osserva il locale; qualcun altro cerca di ricordare un gesto meno gentile di Persico, nel tentativo di individuare segnali di quel malessere che lo ha portato a togliere la vita a quella donna che diceva di amare. «Tina aveva un carattere molto forte, lavorava per la famiglia e per mantenere Christian. Lui, invece, era molto più fragile: non aveva un impiego stabile, ma quando qualcuno lo chiamava per qualche lavoretto non si tirava indietro. Capirà bene che non si può vivere in una casa con tre ragazzi con un solo stipendio. Ci sono delle necessità e, forse, Tina era stanca di dover lavorare per due», ha raccontato ancora una donna nei pressi del bar in piazza. Parole, queste, che erano state pronunciate già da Antonio, papà della vittima che negli anni ha dovuto fare i conti con un altro grande dolore: la perdita della moglie. In un’intervista rilasciata a Tg1 il giorno del femminicidio ha raccontato che «Lei l’ha cacciato fuori perché non lavorava, si presentava a casa e faceva i comodi suoi. Mia figlia a un certo momento ha detto “tu te ne devi andare da qua”». Tra i tanti presenti in strada, c’era chi osservava il ponte dell’Auditorium, e chi cercava di ripercorrere mentalmente il tragitto compiuto dal 36enne prima di consegnarsi alla giustizia. Nessuno però sembra aver cambiato idea sul 36enne: «educato, gentile» mentre altri lo definiscono come un uomo dal carattere un po’ chiuso». L’odio però si scatena sui social: tanti i commenti sotto la foto che ritrae Tina e Christian insieme: “Devi marcire in galera, hai ucciso il mio primo amore”, ha scritto Ettore che, con Tina, ha condiviso un pezzo importante della loro vita: sei anni insieme quando erano, forse, ancora troppo piccoli per pensare ad una vita insieme. Le reazioni. «Le parole hanno un peso. E quelle lasciate in un biglietto dall’assassino di Tina Sgarbini, uccisa nella sua casa dall’ex compagno, sono macigni. “Ho fatto una cavolata”, un’espressione che potrebbe far pensare a una guida senza patente o in stato di ebbrezza, a un comportamento che infrange la legge ma non distrugge una vita. Da quelle parole non traspare pentimento, né rimorso. E, cosa ancora più grave, non emerge alcuna forma di pietà — nemmeno quella che si riserva a un animale investito per sbaglio». A dirlo l’avvocato penalista Alba D’Antonio, da sempre impegnata in prima linea nel contrasto alla violenza di genere. «L’assassino sembra preoccuparsi solo delle conseguenze. Nessun cenno a Tina, uccisa nella sua casa, forse per aver fatto una scelta che il suo carnefice non accettava. Perché le donne, ancora oggi, non possono — e non devono — scegliere. Devono esistere in funzione di chi hanno accanto – ha poi aggiunto l’avvocato D’Antonio – Vi prego, però: questa volta non parlate di raptus o disperazione. È morta una donna. Un essere umano. E merita rispetto. Forse conteremmo meno morti se si tornasse a insegnare il rispetto».