Lucia Castellano,: Sesso in carcere, problemi a Fuorni e Vallo - Le Cronache Ultimora
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Lucia Castellano,: Sesso in carcere, problemi a Fuorni e Vallo

Lucia Castellano,: Sesso in carcere, problemi a Fuorni e Vallo

 di Erika Noschese

 

 

Una svolta storica nel sistema penitenziario italiano: il diritto alla sessualità varca finalmente le mura carcerarie. A più di un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha emanato le prime linee guida che aprono la strada ai colloqui intimi dietro le sbarre, definendolo un “vero e proprio diritto soggettivo” dei detenuti. Inizialmente, questa possibilità sarà attiva in via sperimentale in 32 istituti, tra cui Brescia, Trento, Civitavecchia, Bologna, Secondigliano a Napoli e Sollicciano a Firenze. Tuttavia, l’accesso non sarà universale e sarà regolamentato da criteri specifici, riservato al coniuge o al convivente stabile del detenuto, potenzialmente anche più volte al mese e sostituendo i colloqui visivi tradizionali. La sfida cruciale sarà garantire la privacy e la sicurezza all’interno di apposite “camere degli incontri”, sorvegliate esternamente e ispezionate prima e dopo ogni utilizzo. La priorità sarà data ai detenuti senza benefici penitenziari, con pene più lunghe e buona condotta, escludendo chi è al 41-bis o coinvolto in episodi di spaccio o possesso di oggetti proibiti. L’attuazione di questa direttiva si scontra però con una realtà infrastrutturale complessa. “Su 189 istituti penitenziari solo 32 hanno confermato spazi idonei allo scopo, previa attuazione ingenti e corposi interventi strutturali, mentre gli altri 157 istituti hanno dichiarato di non avere a disposizione spazi adeguati,” ha spiegato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, commentando infine con un realista: “Miracoli non ne possiamo fare”. Proprio sulle implicazioni pratiche e sanitarie di questa novità abbiamo raccolto le dichiarazioni di Lucia Castellano, provveditrice dell’amministrazione penitenziaria della regione Campania.

Solo 32 strutture ritenute pronte, stando alle dichiarazioni di Nordio. Tra cui Secondigliano.

«Sicuramente la struttura di Secondigliano è quella più avanti, ma non è l’unica della Campania. Dobbiamo partire, se non partiamo non sappiamo. Faremo monitoraggio delle varie strutture e capiremo. Sicuramente Secondigliano sarebbe già disponibile: è il carcere più strutturato perché più nuovo e ha più spazi, ma non è l’unico. Ci sarà sicuramente più difficoltà a Poggioreale, per esempio, ma questo va da sé. Però bisogna verificare in tutte le strutture quali sono le possibilità. Secondigliano ha struttura più grande, c’è maggiore consuetudine al trattamento e più grande attenzione ai rapporti esterni. Inoltre, ci sono una logistica e una struttura diverse. Ma non è detto che non si possa fare. A Poggioreale immagino ci saranno più difficoltà che altrove, perché sono messi malissimo dal punto di vista strutturale, ma non è detto che non si faccia».

Si tratta di una svolta storica, pur complicata da eseguire.

«Partiamo con ordine. Nel gennaio 2024, mi sembra, c’è stata questa sentenza che ha dato una svolta importante perché ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli di ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevedono la possibilità di colloqui intimi. Questo è il punto. Questa sentenza ha fatto sì che il dipartimento, poiché è materia molto complessa, abbia riunito un tavolo di lavoro, cui ha preso parte anche la direttrice di Secondigliano, per vedere come attuarla. Adesso ci sono le linee guida di attuazione di questa sentenza. Poi è chiaro che si fa un gran parlare perché è un argomento che stimola le curiosità. C’è una sentenza, e come tutte le sentenze della Corte è esecutiva, e c’è un lavoro molto accurato del Dipartimento per approfondire le condizioni della sentenza nel miglior modo possibile. Per cui la sentenza già ha scritto che considerava tutti i problemi esecutivi che si sarebbero creati: pensiamo a Poggioreale o San Vittore, casi in cui c’è già promiscuità, per cui inserire anche questo è di complicata attuazione. Ma ciò non esula dal doverlo applicare ovunque. Loro hanno fatto uno studio per stabilire chi possa beneficiare di questi colloqui».

Quali sono le condizioni?

«Le condizioni sono che debbano essere sposati, in una unione civile o in una convivenza certificata, altrimenti chiunque potrebbe dichiarare qualsiasi cosa pur di ottenere colloqui intimi di varia natura, e ciò non è possibile. Questa convivenza o questo legame devono essere certificati, le linee guida lo dicono. Poi bisogna legarlo a una condotta che faccia presumere che il detenuto possa utilizzare questo nuovo strumento senza approfittarne, perché lì stanno da soli, in un colloquio che dura fino a due ore che è un tempo lungo, durante il quale sono senza sorveglianza e senza telecamere. Per cui bisogna verificare chi può fruirne. Poi, queste linee guida ci danno dei criteri di priorità, perché è naturalmente difficilissimo poterlo garantire a tutti con frequenza; quindi, è chiaro che tra chi va in permesso e chi non ci va, si dà priorità a chi non va in permesso. Chi va in permesso può avere un’intimità sicuramente più dignitosa. Queste linee guida ci hanno dato criteri di priorità e di fruibilità di questo strumento nuovo. Sta a noi essere così bravi, noi provveditori, a organizzarlo rispettando la dignità delle persone e dei rapporti intimi, sennò questo importante strumento si ritorce contro il detenuto, se non è garantita una dignità».

Tanti, in primis i sindacati, hanno posto l’accento sulla questione sicurezza.

«Le persone saranno chiaramente controllate prima. Il fatto che il poliziotto non veda non aumenta il rischio. Pensiamo a Poggioreale, che registra 500 colloqui in un singolo giorno; quindi, è chiaro che può sfuggire al controllo un passaggio di droga con un bacio piuttosto che sotto al tavolino. L’attenzione maggiore riguarda la perquisizione prima e dopo. E poi, garantire locali dignitosi, dove noi facciamo fatica, in alcuni istituti, anche a garantire colloqui visivi con i figli, figuriamoci intimi. Quindi una grande sfida di civiltà, che noi siamo contenti di fare».

Per lei è una sfida, accettata peraltro.

«Pongo l’accento sulla sfida, cioè sul fatto che l’amministrazione è chiamata, da questa sentenza e dalle linee guida emanate, a gestire questo nuovo strumento che dà sicuramente dignità alla pena, in condizioni che non sempre lo sono. Non vedo ostacoli, vedo sfide: è diverso. In questo caso la problematicità è legata molto alla struttura più che all’utenza, nel senso che per esempio una struttura molto piccola, con pochi spazi, ha più problemi. Santa Maria Capua Vetere, che è una struttura difficile, ha tanti spazi, quindi è possibile farlo. Certo, poi spero che tutte queste condizioni, priorità e paletti che sia la sentenza sia il dipartimento mettono, possano essere utilizzati anche nella relazione con i detenuti, per far capire loro che è uno strumento importante, che devono usarlo bene e che devono meritare la fiducia delle istituzioni.

Chiaramente se mi beccano col telefono o con la droga, prima di autorizzare un colloquio l’amministrazione ci pensa. Quindi la vedo come uno straordinario strumento di responsabilizzazione dei detenuti».

Salerno, come già evidenziato, ha i suoi problemi. Che criticità rileva?

«Nel caso di Salerno, per esempio, la struttura ha spazi limitati molto vecchi. Ma non opporrò le condizioni strutturali per non farlo. Sarà più difficile: Salerno sicuramente è più difficile così come Poggioreale. Salerno è più complicato. Penso a istituti piccolissimi come Vallo della Lucania, dove è difficilissimo immaginare di trovare uno spazietto, anche piccolo, in cui mettere un letto e un minimo di arredo anche per garantire un bagno e l’igiene del luogo. Quindi questo un po’ mi spaventa. Sicuramente Salerno sarà molto complicata da gestire, così come anche Carinola è abbastanza complicata, poiché ha sezioni nuove e altre vecchie, ma bisogna un po’ ragionarci. Di certo c’è che troveremo gli spazi».