Luana Moccia: Noi balneatori creiamo indotto da oltre venti milioni di euro - Le Cronache Ultimora
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Luana Moccia: Noi balneatori creiamo indotto da oltre venti milioni di euro

Luana Moccia: Noi balneatori creiamo indotto da oltre venti milioni di euro

di Erika Noschese

 

 

«Sono i Comuni, adesso, i responsabili del nostro destino». Non è facilmente risolvibile la situazione di stallo che coinvolge gli imprenditori del settore balneare, che si sono visti prorogare le loro concessioni fino al 2027, in attesa che vengano espletate le gare di rito per stabilire i nuovi concessionari per l’utilizzo delle aree costiere ed eventuali aree adiacenti. La situazione, infatti, potrebbe prevedere alcune sorprese in termini di assegnazione dei vari lotti di riferimento, proprio grazie all’appetibilità data da aree con grande potenziale d’investimento e poca offerta attualmente a disposizione.

Potenziale crescente anche grazie alla presenza dell’aeroporto di Salerno, che in poco tempo ha chiarito quale possa essere la portata turistica sempre crescente che riguarderà tutta la provincia di Salerno. A confermarlo è anche Luana Moccia, titolare del lido “Fantastico” e presidente della “Mistral Aps”, associazione degli imprenditori turistici dell’area di Pontecagnano.

Proroghe delle concessioni fino al 2027: stallo o miglioria?

«Di base, noi avevamo una proroga che ci avrebbe permesso di prolungare le concessioni per ulteriori 33 anni: sicuramente, quindi, questa proroga ci porta indietro e non avanti. Siamo stati, infatti, rinnovati per soli 2 anni».

Come si sta muovendo l’intero settore?

«A seconda di ogni città e ogni stabilimento attivo, è in corso l’interlocuzione con il Comune di riferimento perché sono i Comuni, adesso, i responsabili del nostro destino. Saranno loro, infatti, a indire le gare, attenendosi alle direttive ministeriali: stanno iniziando quindi gli incontri con i diretti interessati. Il prossimo incontro, per quanto riguarda Pontecagnano Faiano, ci sarà il 28 gennaio alle ore 17, presso la mediateca. Un incontro voluto dai vari consiglieri e assessori che hanno delega al demanio e turismo, alla presenza del sindaco, per parlare di ripascimento, della preparazione delle gare e per l’applicazione del Puad».

Quanto è vasta l’area d’interesse del bando che si realizzerà?

«A Pontecagnano, rispetto ad altre realtà, siamo abbastanza fortunati: una parte di lidi è proprietà privata della Curia, per cui non ha stabile né spiaggia che vanno all’asta. Nell’altra metà invece va tutto in gioco: sia la porzione di spiaggia, sia la struttura in cui si è investito anche a sei zeri».

I Comuni, in generale, hanno le competenze necessarie per espletare simili procedure di gara?

«Se anche non avessero le competenze, potrebbero affidarsi a consulenti esterni: hanno il dovere di tutelare un motore economico della città. Esistono le aree principali dell’area sud della Campania: per quanto ce ne siano alcune celeberrime, come la Costiera Amalfitana o le aree più danneggiate come quella di Pontecagnano: si tratta comunque di motore economico».

Eppure Pontecagnano funziona.

«Pontecagnano non viene citata spesso, ma nonostante non siamo un territorio totalmente attrattivo, ospitiamo 22 attività turistiche e creiamo un indotto che supera i 20 milioni di euro, offrendo lavoro al settore stagionale, non annuale, ma pur sempre dando lavoro a 600 addetti. Tutto questo nonostante siamo in una fascia costiera che non è delle migliori, arrivando a sentirci quasi in un’area di guerra. L’amministrazione non può esimersi dal tenerne conto».

Il Comune, sul tema, non sembra immobile.

«Rispetto al nostro Comune, nel dettaglio, credo ci sia la volontà di fare: il prossimo incontro verterà proprio sulla discussione di tutti gli aspetti del settore, ma si partirà dal ripascimento che sarà inteso come vero motore di sviluppo. Inoltre, c’è la svolta epocale dell’aeroporto che, di fatto, sarà un ulteriore motore trainante. Anche l’imprenditore pigro dovrà investire per non rimanere indietro, rispetto a un tale fenomeno di sviluppo. Ci sono tutti i presupposti affinché questa unione di fattori, cioè le aste a livello nazionale e i fenomeni locali di nostro interesse come ripascimento e aeroporto, chiariscano che ci vuole un ponte tra pubblico e privato».

E di investimenti.

«Il territorio di Pontecagnano soffre di immobilismo atavico: io sono una terza generazione, quindi paradossalmente quando ero piccola (ho ricordi tangibili) e vivevo le stagioni dal 1990, o anche prima, mi rendevo conto che questo era un territorio ospitale. Anche se non parliamo sempre di acqua cristallina, in quest’area c’erano molti servizi: strutture nuove di zecca, territorio accogliente, e c’era anche molto più afflusso turistico. Mio padre apriva la struttura 9 mesi all’anno, con un numero di dipendenti pari a 22. Ora noi apriamo 5 mesi all’anno e gestiamo la struttura con 12 dipendenti. Ciò per chiarire quale fosse il flusso di prima. Dal ‘99 in poi si è piombati in questo immobilismo di cui siamo testimoni: le seconde case al mare sono diventate delle vere baracche, non più idonee per la famiglia».

Che destinazione hanno, ora, questi immobili?

«Queste persone hanno rivolto la loro attenzione a quello che poi è stato un altro fenomeno che ha investito il territorio: i migranti. Si è diminuito il giro d’affari del turismo in favore del giro d’affari dell’agricoltura. Queste case abbandonate, tramutate in baracche, sono diventate le abitazioni di questa forza lavoro. Questi sono dati di fatto assodati».

Le attività possono creare indotto, con questi presupposti?

«Nonostante questo, le attività riescono ancora ad essere redditive: questo perché parliamo di turismo di prossimità. Banalmente, il cittadino di Pontecagnano, Bellizzi o Salerno, non può andare in Cilento o a cercare la location esclusiva della Costiera Amalfitana. Quindi, per forza di cose, deve rivolgersi al turismo di prossimità. La redditività c’è già ora. Non credo che le cifre possano essere basse: una struttura balneare, fatta tutta in muratura, essendo di proprietà ha vissuto comunque grandi investimenti, dai 200 ai 300mila euro. Bisognerà, dunque, avere capacità d’investimento pari almeno a 500mila euro per approcciare a uno stabilimento a Pontecagnano Faiano in fase di accesso al bando. Poi è ovvio che l’aeroporto possa attrarre investitori di alto livello, che quindi spenderebbero 500mila e ne prenderebbero il doppio. Ma lo prenderebbero dopo 4-5 anni, perché è vero che l’apertura dell’aeroporto è fantastica, nessuno ci credeva, ma il processo di sviluppo è a lungo termine. Prima di sentire gente in francese che prenoterà per il mare dovremo aspettare ancora un paio d’anni, non accadrà subito».

E intanto alcuni concessionari potrebbero restare a mani vuote.

«Purtroppo questo è un rischio: è capitato, lo abbiamo visto con l’esempio plateale in Liguria, dove tre strutture sono state prese dal titolare della Geox. Ovviamente, anche il Ministero prevede punteggi maggiori per il proprietario della struttura rispetto a chi investe successivamente. È una possibilità che si vuole scongiurare, ma esiste».

Ma Pontecagnano non è la Liguria.

«Infatti. Credo che la situazione che viviamo attualmente sia determinata e scatenata da due attori principali del territorio: imprenditori e amministrazioni susseguitesi. Come se ci fosse stato un blackout, dopo il 1999, in cui le amministrazioni hanno smesso di credere alla litoranea come base di sviluppo o addirittura come parte della città. Prima di Lanzara, l’ultima stagione è stata impossibile: durante l’estate non avevamo ottenuto nemmeno il ritiro dell’immondizia, per 4 mesi.

Questo paradigma dell’amministrazione ha fatto sì che il titolare delle abitazioni non ci credesse più, trasformando quindi le case in baracche, e al contempo l’investitore ha smesso di investire. Questa rotta ha trovato una nuova bussola con le seconde generazioni: pensiamo ai Bagni Savoy e altre strutture, con oltre 3 milioni di euro di investimenti totali. Su 22 strutture, 5 o 6 hanno iniziato a investire e le altre hanno iniziato a essere guardinghe. C’è poi la terza incognita, data dalle aste, per cui l’imprenditore ha fatto un passo indietro. Va detto che per creare le condizioni per lo sviluppo è fondamentale che pubblico e privato si rendano conto che, per cambiare un territorio, c’è anche bisogno che noi lo cambiamo a partire da noi imprenditori. Può essere pure che la paura del futuro spinga il privato a cambiare atteggiamento, e che lo stesso valga per l’amministrazione. Questo poi lo vedremo. Magari questa cosa non starà molto bene a qualche imprenditore come me, ma è così».