di Aldo Primicerio
Repubblica, Panorama, Il Sole. Ed Il Fatto più di tutti, al quale noi ci ispiriamo spesso e volentieri. Sono i media che non ritirano la mano quando c’è da affondare il dito nella piaga. Quando ad ogni governo escono fuori le solite beghe di gente che dovrebbe essere rispedita a casa, e che invece resta al suo posto. Non fa eccezione l’ultimo governo in ordine di tempo, quello di centrodx di Giorgia Meloni, insediatosi con i petti in fuori e le pance in dentro perché autodichiaratosi eticamente e giudizialmente integerrimo. Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto anche qui il mitico Antonio De Curtis.
Dal 2013 ad oggi fatti sconcertanti, ma senza rinvii a giudizio
Quel che sorprende è che negli ultimi dieci anni sono accaduti fatti seri e circolate gravi notizie, non seguite da inchieste, avvisi di garanzia e rinvii a giudizio. E’ perché se ne sono sgonfiati i contorni penali o perché, avvenute le dimissioni, si è lasciato perdere? Partiamo dal giugno del 2013, governo Letta. Josefa Idem, canoista tedesca naturalizzata italiana, parlamentare Pd, è nominata ministra per la Pari Opportunità. Dopo qualche mese la Idem si dimette in seguito ad alcune notizie riguardanti sue irregolarità contributive edilizie. Nel marzo 2015, governo Renzi. Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti si dimette perché coinvolto nell’inchiesta Grandi Opere. Lui e il figlio avrebbero ricevuto regali e favori da Stefano Perotti, imprenditore arrestato nell’ambito dell’inchiesta di Firenze. Ma non risulterà mai indagato. Nel 2016, sempre governo Renzi. Federica Guidi, già presidente di Confindustria Giovani, si dimette da ministro dello Sviluppo Economico. Nel corso di intercettazioni telefoniche lei rassicura il suo compagno sull’approvazione di un emendamento in forza del quale sarebbero stati favoriti i suoi interessi economici su un impianto di estrazione petrolifera in Basilicat. Ma anche qui, dopo le di lei dimissioni, non viene aperta una inchiesta con un avviso di garanzia. Sono solo alcuni di tanti episodi su cui sorvoliamo perché a raccontarli ci vorrebbero mesi. Episodi dove l’accanimento di alcuni esponenti delle opposizioni ed il megafono di alcuni media inducevano a comportamenti ammissivi, alle dimissioni, ed a decisioni di mettere tutto in un cassetto dal quale qualcuno avrebbe potuto sempre tirarlo fuori.
Lollobrigida, Del Mastro, La Russa. Episodi in fondo veniali rispetto ad antefatti più gravi
Non è stato così ai giorni nostri, quando, ad alcuni episodi di presunto malaffare o malcostume di esponenti del governo Meloni, non ci sono state reazioni simili a quelle del passato. Partiamo dal caso di Augusta Montaruli. Nel febbraio di quest’anno si dimette da sottosegretario all’Università dopo la condanna definitiva per l’uso improprio (spese pazze) dei fondi di gruppi consiliari del Piemonte negli anni dal 2010 al 2014. Ma una lauta ricompensa non si fa attendere, perché riceve subito la nomina nella commissione di vigilanza Rai. Nessun nostro commento né alla condanna né alla nuova nomina. Ma, ci chiediamo, perché continuare a dichiararsi estranei alla vicenda dopo una condanna definitiva, ovviamente sostenuta da carte e fatti? E perché viene poi confortata dalle dichiarazioni incoraggianti dei capigruppo di FdI Foti e Malan, che l’aspettano nel gruppo parlamentare e nel partito “perché continui ad essere “punto costante e prezioso riferimento e a trasfondere quell’entusiasmo che le deriva da una disinteressata passione”. Davvero incredibile. In questi casi non è meglio tacere e abbandonare – come nei casi Idem, Lupi e Guidi – che proferire spropositi? Altro caso, quello di Daniela Santanché. Già al giuramento da ministro del Turismo la solennità del momento è sconfessata dal crimine di cui viene accusata, falso in bilancio e bancarotta fraudolenta per la vicenda Visibilia, ma poi coinvolta anche in altre inchieste penali, debiti, milioni di euro incassati da misteriosi finanziatori come scrive Repubblica, le accuse dei dipendenti per contributi e tfr non pagati. Per non aggiunfgere i soldi dell’aziende in dissesto spesi per appartamenti ed immobili. Doveva dare rmolte spiegazioni in aula, ma al Senato lei ha dichiarato di non sapere nulla e di avere appreso tutto dai giornali. Ma è possibile che le Procure non le abbiano comunicato un avviso di garanzia? Ed anche in questo cason il governo Meloni non ha mosso un muscolo ed ha lasciato la Santanché al suo posto, dal quale lei si è guardata bene dal dimettersi. E poi ancora il caso di Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, indagato dalla Procura di Roma per non aver pagato all’Agenzia delle Entrate soldi incassati in qualità di conferenziere. Ed inoltre, per non aver pagato 715mila euro di tasse su un quadro acquistato ad un’asta, ma fatto apparire come un’acquisto della fidanzata. Sgarbi, come nel suo stile, nega tutto, rinfaccia falsità al ministro Sangiuliano, ed annuncia che non si dimette. Insomma storie sgradevoli, ma anche in questo caso nessuna grinza o gesto del governo Meloni. Si fa finta di niente ed ognuno resta al suo posto.
Di fronte a tutto questo (e tralasciamo storie circolanti su Panorama sui ministri Crosetto, Musumeci, Giorgetti, Calderone e Urso) appaiono davvero veniali, come ammette anche Il Fatto, gli episodi di cui sono stati protagonisti Lollobrigida, Del Mastro e La Russa. Il primo, per il famoso episodio della fermata del Frecciarossa non prevista ma concessagli da Trenitalia a Ciampino. Il secondo, il sottosegretario alla Giustizia Del Mastro, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio in relazione al caso Cospito, l’anarchico accusato di due attentati, dove la Procura di Roma aveva chiesto l’archiviazione ma il Gip si è opposto impnento l’apertura del processo. Ed il terzo, il presidente del Senato Ignazio La Russa, per la denuncia ai danni del figlio Leonardo Apache di violenza sessuale e stupro nei confronti di una ragazza. Anche qui una storia disgustosa, cui il presidente del Senato appare ovviamente estraneo ma che poi gli si complica tra le mani perché la Procura non può sequestrare e consultare il telefonino di Apache in quanto la sim è intestata al padre. Un risvolto increbile e comico, se non fosse in sé drammatico. Storie sconcertanti, che ci limitiamo a raccontare così come le leggiamo, e che lasciamo al giudizio dei lettori ed alla loro memoria già in vista delle prossime elezioni europee, tra pochi mesi. Quando saranno davanti alla scheda, spero ricorderemo tutto prima di scegliere lo schieramento su cui non si hanno riserve.
Perché tanta corruzione in Italia? Come è cambiata la politica?
Storie che ci impongono degli interrogativi. Perché tanta corruzione in un piccolo Paese come l’Italia? Che, nella classifica del CPI, Corruption Perception Index di Trasparency International, occupa un posto tra i più arretrati, assai più giù di Paesi che ritenevamo peggiori del nostro? E qui le analisi, anche profonde, abbondano. Una delle cause della nostra corruzione sembra l’accresciuta rilevanza della politica locale, quella di Comuni e Regioni. Addebitabile ad una diminuita centralità dei partiti. Che ha cambiato la politica, e trasferito istanze, poteri e responsabilità al di fuori della sfera degli apparati di governo. E poi la politicizzazione (la politica come «motore» della corruzione) ed in seguito il suo opposto, la depoliticizzazione della corruzione, cioè la natura collettiva-associativa della corruzione, caratterizzata da scambi stabili e reticoli ampi. Dove la politica perde di rilevanza ma non viene però meno, perché risulta piuttosto uno strumento al servizio di comitati di affari e di reti criminali, di cui gli stessi politici sono compartecipi. Un discorso lungo, complesso ed assai interssante, che non si ha però tempo e spazio per essere comprensibilmente trattato. Una cosa è certa. Il mondo di oggi ha urgente bisogno di azione, e soprattuto della nostra compartecipazione e dei nostri piccoli gesti riparativi quotidiani, invce del nostro menefreghismo. Perché i nostri figli e discendenti non abbiano ad attribuirci la colpa del disinteresse e della nostra indifferenza.