di Erika Noschese
«L’associazione Limen paga un contributo rispetto alle attività portate avanti all’interno della fondazione Menna al pari delle altre associazioni». Il chiarimento arriva dalla presidente Letizia Magaldi all’indomani delle parole pronunciate dal sindaco Vincenzo Napoli in consiglio comunale quando ha dichiarato pubblicamente che i giovani di Limen, attraverso il presidente Gianni Fiorito, versando una quota consistente per occupare gli spazi. «Limen al pari di altre associazioni giovanili hanno una convenzione secondo cui se svolgono attività pagano un rimborso spese, la fondazione Menna è gestita da noi, sono ospiti, studiano in fondazione e se decidono di fare attività pagano un rimborso spese così come fanno altri», ha chiarito la presidente Magaldi che circa la cifra che le associazioni devono pagare ha preferito non rivelarlo perché, ha detto, «non sono informazioni che posso dare» ma, ha poi aggiunto, «di certo c’è che il rimborso spese varia a secondo del numero delle attività che fanno in quanto spendiamo soldi per sostenere l’apertura, la chiusura della fondazione e non è che consente al primo che entra di fare ciò che vogliono». Dunque, le associazioni possono fare richiesta per lo svolgimento di attività ma devono attendere l’autorizzazione prima di procedere. «È chiaro che la fondazione, per il resto, è aperta a tutti, a disposizione degli studenti che scelgono di studiare lì», ha aggiunto la Magaldi, annunciando la volontà di chiedere un incontro al primo cittadino per chiarire la questione. «La convenzione prevede il rimborso delle spese ma si tratta di cifre minime, nulla di eccessivo», ha detto infine la presidente della fondazione Menna. Convenzione che è stata stipulata all’indomani della polemica sulla festa di compleanno di Fiorito negli spazi della fondazione e tutte le conseguenze del caso. Ma di questa convenzione oggi non sembra esserci traccia e non si conoscono nè modalità nè rimborso spese per gli eventi. Intanto, ritorna prepotente la polemica sulla necessità di un bando per la gestione dei beni pubblici ai privati. Questione sollevata dalla consigliera Claudia Pecoraro nel corso dell’ultimo consiglio e prima ancora dalla consigliera Elisabetta Barone. Ma non sono le uniche: nel mese di gennaio dello scorso anno a chiedere all’amministrazione un bando chiaro e trasparente anche l’associazione Memoria in Movimento, guidata da Angelo Orientale poi finita nel dimenticatoio di un’amministrazione incapace di dare risposta quando non si tratta dei soliti privilegiati, appartenenti al cerchio magico di un sistema che fatica a morire. «A seguito dell’ipotesi di intervento di recupero di una zona importante, nonché ricchissimo di storia e di possibilità di riuso pubblico, del nostro centro storico quasi quotidianamente vari interventi, tutti meritevoli e da valutare, sull’ipotetico riuso, in particolar modo del complesso San Massimo, l’ex carcere per essere precisi.
Con piacere prendiamo atto che finalmente ci troviamo dinanzi a un dibattito anche se a “distanza” e racchiuso “solo tra gli esperti”. Ad oggi non ci sembra che le varie associazioni, gruppi di cittadini, movimenti vari che pur esistono nel corpo vivo della nostra città siano state “interrogate” – ha scritto Orientale nella lettera che l’associazione ha inviato ai consiglieri di maggioranza – Ma quello che ci colpisce di più è che tale dibattito, ad eccezione dell’ottimo intervento del professore Cacciatore, si sta facendo senza fare un bilancio di come sia stato utilizzato, e da chi e come è stato utilizzato, la parte già recuperata del nostro centro storico con gli interventi finanziati negli anni scorsi e deliberate dalle giunte precedenti. Ad esempio il Palazzo Fruscione sta svolgendo le attività previste dai finanziamenti vincolati ad una specifica funzione? Il Santa Sofia la cui gestione è stata affidata ad una società privata è fruibile dai cittadini salernitani? E la parte alta del centro storico affidata a fondazioni e gruppi vari ha un “ritorno come bene pubblico” per la città? E il San Michele è ancora affidato ai soggetti di qualche anno fa e sono ancora operativi? Sono solo delle domande su pochissimi casi che vogliamo rivolgere ai nostri amministratori pubblici affinchè in qualche modo si riesca quantomeno a limitare “storture” già registrate nel passato. Eppure di questi esempi il patrimonio comunale è zeppo, quasi “fisiologico”. Ciò è dovuto, ci riferiamo nello specifico a spazi pubblici affidati a enti e gruppi di varia natura, anche da una assoluta discrezionalità della giunta visto che la città di Salerno non ha un regolamento chiaro e preciso di “accesso” agli immobili. Quale domanda da fare? Quali priorità si dà l’ente? Quale ufficio e/o assessorato ha competenze nel censire ed elaborare la “pratica”? Ci sono criteri oggettivi da seguire per costruire una sorte di “graduatoria” per le associazioni? Sono domande che sottintendono la necessità di mettere “mani” su tale questione. Chi vi scrive è solo una piccola associazione, ma a detta di molti è iperattiva e completamente autofinanziata, che sin dalla propria fondazione è iscritta all’albo regionale del volontariato e che, in applicazione del dlgs vigente in materia, è in attesa di essere iscritta al Registro Unico Nazionale». Richiesta avanzata più e più volte nel corso degli anni per provare ad ottenere la «possibilità di vederci concesso uno spazio pubblico sia per mettere a disposizione gratuitamente una nostra ricca libreria ai cittadini e alle strutture e/o istituzioni che vorranno usufruirne, sia per ordinare e catalogare il nostro archivio storico sui movimenti, gruppi, tendenze culturali e storia della sinistra salernitana e poi riversare il tutto nel nostro archivio “virtuale” già in parte operativo. Perché il materiale che noi abbiamo in possesso deve essere totalmente disponile e usufruibile da tutti con facilità».