di Vito Pinto
Accantonata la sacralità del Giovedì Santo, con la celebrazione della “Missa in Coena Domini”, e i riti del Venerdì Santo, con la tristezza della Passione e morte in croce di Gesù Cristo, ecco che il popolo cristiano si prepara alla Notte Santa tra il sabato e la domenica, una notte di suggestioni ed emozioni durante la quale si celebra il grande mistero della resurrezione dalla morte del Figlio dell’Uomo. E la Chiesa si appresta ad una celebrazione che coinvolge, da sempre, i fedeli in una partecipazione dove la speranza di una rinascita a nuova vita muove i fili di un destino che fu segnato sin dal momento del “Tutto è compiuto”. Così la notte della Luce si apre sull’umanità con quel progressivo e processionale “Lumen Christi” che si diparte dal Cero Pasquale per inondare i luoghi di preghiera. Ed è la “Laus cerei” o, se vogliamo, dell’Exsultet, il canto del Preconio, dell’annunzio della Pasqua. Un canto di grande emozione che il Diacono ritma in gregoriano, un canto con il quale si proclama la vittoria della luce sulle tenebre, rappresentata dal cero pasquale acceso, e annuncia la risurrezione di Cristo. Canta il Diacono dall’alto dell’ambone che si erge sulla silenziosa assemblea di fedeli: «Exsultet iam angelica turba caelorum: / exsultet divina mysteria: / et pro tanti Regis victoria tuba insonet salutaris.» (Esulti il coro degli angeli, / esulti l’assemblea celeste: / un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto).Ed è il battesimo dei catecumeni, primo atto di vittoria del Cristo risorto sulle tenebre della morte. D’altra parte la Pasqua di celebre sempre nella prima domenica dopo la prima luna nuova di primavera, cioè nella stagione della rinascita della natura. Presente nella liturgia cristiana da oltre un millennio, l’Exsultet è ritenuto dai critici l’inno più bello della liturgia e il capolavoro del canto gregoriano. Non è certamente un caso se Wolfgang Amadeus Mozart ebbe a dire: «Rinuncerei a tutta la mia musica pur di aver composto l’Exsultet».Perché questo canto in latino potesse essere capito da tutti i fedeli, monaci e miniatori sapienti, auspici signori e regnanti, realizzarono dei rotoli di pergamena con i versi del canto, arricchiti da splendide miniature con le quali si illustrava ciò che il Diacono cantava. Rotolo che al momento della celebrazione veniva fatto scorrere dal leggio dell’ambone verso il basso, sì che i fedeli potessero capire, attraverso le immagini, le parole del canto. Era, in effetti, una Biblia pauperorum, una bibbia dei poveri, di coloro che non sapevano leggere, non conoscevano il latino e ai quali non doveva essere inibita la comprensione di quell’annuncio di resurrezione. Una funzione, quindi, didattica ma anche memoria delle cose sante e, soprattutto, emozionale. Anche se raro, l’Exsultet di Salerno non è isolato, in quanto fa parte di un insieme di circa trenta Exultet, alcuni dei quali conservati nei più prestigiosi musei europei. Essi sono l’espressione di un contesto culturale e religioso maturato fra X e XIV secolo in Italia meridionale, in particolare nell’area fra Campania, Lazio e Puglia. Almeno queste sono le Regioni da cui provengono tutti gli Exultet conosciuti al mondo, corrispondenti per la maggior parte all’area longobarda-cassineseE il Museo Diocesano di Salerno ha conservato il suo, uno dei 30 rotoli esistenti al mondo. L’Exsultet salernitano, in pergamena istoriato con miniature del XIII secolo, risulta composto di 11 fogli, di cui 10 figurati ed uno con l’inizio del Preconio, che costituisce anche la parte pervenuta con testo scritto. Ogni foglio risulta composto da due scene tranne quella centrale della Crocifissione, che chiude la parte del Prefatio. Negli anni si è avuta una sorta di spacchettamento dell’opera con delle assurde mutilazioni che lo hanno privato dei fogli con il testo: i fogli, infatti, erano tenuti insieme da sottili strisce di cartapecora. Comunque questo importante documento ci riporta ad un grande apparato monumentale che ha caratterizzato la cattedrale salernitana nei secoli del Medioevo. Scrive, infatti, Antonio Braca, storico attento, già in forza alla Soprintendenza ai monumenti di Salerno: «La nostra Cattedrale era predisposta in gran parte proprio per la celebrazione di questa liturgia del Sabato Santo. L’ambone maggiore, quello sulla destra, ha perso il suo ruolo, ma nel Medioevo era affiancato dal candelabro per il Cero Pasquale e ancora di più preceduto dalla vasca coperta dal ciborio per il battesimo dei catecumeni. Quella vasca, rimossa dopo i lavori di fine Seicento, corrisponde alla fontana che nel totale anonimato si trova al centro dell’atrio in sostituzione di quella prelevata dal re Borbone ed oggi nella Villa comunale di Napoli». Così ritorna in luce l’antica ritualità che nella notte santa della Resurrezione vi fosse l’accensione del cero e il battesimo dei catecumeni. Ricordo che ci porta ad uno dei momenti più suggestivi della religione cristiana, quello della Resurrezione di Cristo, della sua vittoria sulle tenebre e sulla morte. E la liturgia che l’accompagna, la notte del Sabato Santo, si empie di magica suggestione, di intime emozioni, come quelle della notte di Natale, il giorno dell’Incarnazione e della Natività. Il popolo dei fedeli si raccoglie nella propria chiesa, dove svolge e segue il rito che accompagna la Pasqua. Ed in questo momento i nuovi fedeli ricevono il Battesimo. Ecco, tutti questi contenuti ci riconducono all’Exultet e soprattutto al rito che si svolgeva nel Medioevo.Ma al di là di ogni significato, vanno sottolineate alcune caratteristiche presenti solo nell’Exsultet salernitano, come la tavola che rappresenta la Chiesa, altrove raffigurata da una matrona, mentre nel rotolo salernitano essa è rappresentata da S. Pietro seduto sulla chiesa tra luminosi candelabri. Inoltre nella iconografia della Crocifissione vi è un particolare che appare per la prima volta: la Maddalena, in proporzioni ridotte, si stringe ai piedi della Croce. Nella scena dell’Anastesis Gesù scende nel Limbo per liberare Adamo ed Eva: è raffigurato come un trionfatore in una mandorla dorata, immagine che si ritrova solo nell’Exsultet di Salerno.Un’opera preziosa, quindi, che ci giunge dal Medioevo e che non molti salernitani conoscono.