di Antonio Manzo
#Nordioresisti. Nel tempo difficile per una “rivoluzione copernicana” della giustizia è ancora attualissimo rilanciare il grido che rafforzi la resistenza dell’attuale Guardasigilli. L’ultima notizia arriva dal tribunale di Roma del tutto ignorata dalla grande stampa che preferisce tacere o enfatizzare gli ostacoli politici che sta subendo Carlo Nordio. La notizia, mutuando il linguaggio calcistico, fa sintetizzare così: l’allora presidente della Cassazione che condannò Berlusconi prende tre gol nella partita contro il Senatore. Esposito, infatti, insieme al suo collega della Cassazione Claudio D’Isa, ha perso la causa per diffamazione contro il giornale Il Foglio. Esposito ha preso due condanne a Napoli con il respingimento della causa penale e civile contro il Mattino (pubblicò una intervista al presidente Esposito quattro giorni dopo la condanna e poi tentò di smentirla). Esposito aveva chiesto due milioni di euro al cronista che lo intervistò e al direttore dell’epoca Alessandro Barbano. In tribunale ed in appello i giudici respinsero, per due volte, il ricorso di Esposito. Ebbene, la notizia nuova che arriva da Roma è una sentenza molto precisa e pedagogica a sostegno della rivoluzione di Nordio: criticare i magistrati non è un reato. Attenzione, la critica “oltre che in forma di pacata espressione di una valutazione personale dell’autore” può esprimersi “anche in tema di aperto dissenso”. E questo è, scrive il giudice “il diritto di critica dei provvedimenti giudiziari e dei comportamenti di magistrati”. Cioè, per capirci, non è affatto reato diffamatorio sostenere che la sentenza finale di condanna della Cassazione per Silvio Berlusconi fu “una schifezza”. Sì, “una schifezza”. Un giudizio netto, sia sulla sentenza che sul comportamento dei due alti magistrati della famosa Sezione Feriale che si ritenevano diffamati, cioè il mitico presidente Antonio Esposito e il giudice Claudio D’Isa. Conviene ricordare quel che scrisse Giuliano Ferrara su il Foglio del 30 giugno 2020, l’inventore di un giornalismo sottratto al doppiopesismo ipocrita e mascherato dall’impenetrabile piombo. Ma il giudice di Roma, senza cedere ad alcun timore reverenziale, ha sancito che il diritto di giudicare i magistrati è sacrosanto. E sentenziare con questo principio, che è un pezzo di “rivoluzione copernicana”, l’infondata, presunta parola diffamatoria della sentenza-schifezza Ferrara sostenne che la “schifezza” della sentenza finale del 1 agosto 2013 che Esposito lesse a tutto il mondo e commentò contento, alcuni giorni dopo, in una intervista di due pagine speciali del quotidiano Il Mattino. La sentenza cacciò brutalmente Berlusconi dal Senato tra gli applausi, felici ,di italiani della curva sud antiberlusconiana nei pressi del Quirinale (la scenografia “istituzionale” del tempo per l’inquilino Giorgio Napolitano che sembrava volesse replicare l’assalto a Craxi con le monetine di fronte l’uscita dell’hotel Raphael). Gli italiani antiberlusconiani, ed anche una fetta minoritaria, non furono solo contenti della condanna. Gioirono dopo la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano di concedere a Silvio Berlusconi la pena alternativa dell’alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali per scontare la condanna per il processo Mediaset. Dovette svolgere come volontario il servizio sociale presso la Sacra Famiglia di Cesano Boscone dove assistere, nella malcelata compiacenza di avversari e quasi amici, anziani autosufficienti ammalati di Alzheimer. Il giorno che Berlusconi arrivò a Cesano Boscone trovò un solo contestatore, Pippo Fiorito sindacalista Cuba della struttura che gridava di avere un sogno nel cuore: vedere Berlusconi a San Vittore. Berlusconi scontò così la condanna tranne poi tornare tra voti e applausi al Senato della Repubblica beneficiano anche della smemoratezza degli italiani dopo aver “applaudito” alla sentenza “schifezza”. <Le sentenze non si commentano> è stato il ricorrente refrain giustificativo di una ipocrisia nazionale che ha invaso l’opinione pubblica italiana costretta a registrare sentenze di condanna e, allo stesso tempo, mascherare con l’ipocrisia del non commento anche le evidenti nefandezze della malagiustizia che colpisce sempre i più poveri. Stavolta i giudici hanno onorevolmente assolto Giuliano Ferrara. La sentenza “una schifezza” non è reato. La sentenza è una “schifezza”: Berlusconi batte Esposito, tre a zero. Due “gol” della giustizia napoletana ed uno di quella romana.