Secondo appuntamento questa sera, a Villa Guariglia, della sezione classica della XVII edizione dei Concerti d’ Estate. Dopo l’inaugurazione del cartellone nella splendida chiesa delle Madonna delle Grazie di Raito, si ritorna nell’abituale cornice della terrazza della villa ove alle ore 21 si esibirà il Quatuor Terpsycordes, formazione svizzera, ma fondata dal violinista salernitano Girolamo Bottiglieri, che schiera Raya Raytcheva al secondo violino, Caroline Cohen – Adad alla viola e François Grin al cello, reduci dalla splendida incisione per l’etichetta Ambronay Editions e distribuito da Harmonia Mundi “Con intimissimo sentimento” dei quartetti op. 18 n. 6 “La Malinconia” e op. 132 attraverso le voci degli strumenti d’epoca Vuillaume.
ll festival quest’anno è il capofila degli eventi cofinanziati con PO FESR Campania 2007 – 2013 Ob. O. 1.12 con DD.GR. n.197/2013 e n.692/2013: La Scoperta della Campania – Sessione “Giugno 2014 – Gennaio 2015” . I “Concerti d’estate di Villa Guariglia”, che rientrano nel PO FESR Campania 2007 – 2013 Ob. O. 1.12 , si avvalgono anche del contributo ed il patrocinio del Comune di Vietri sul Mare, della Provincia di Salerno, della Camera di Commercio di Salerno, della Coldiretti Salerno, dell’EPT, della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, del Gal Casacastra e del Conservatorio di Musica “Giuseppe Martucci” di Salerno. Il faro di Erchie che svetta dalla costa a picco sul Mediterraneo, riletto artisticamente da Giancapetti (il maestro della ceramica scomparso lo scorso 18 gennaio), è l’immagine del festival E si propone come una dedica a colui che seguiva abitualmente la rassegna, riservandosi un posto in seconda fila. Anche per questa edizione, parallelamente ai concerti, si terrà la Mappa del Gusto, il format nato con il festival ed organizzato con la preziosa collaborazione della Coldiretti di Salerno che mette in campo i ristoranti del territorio per la preparazione di un menù dedicato, realizzato utilizzando solo prodotti d’eccellenza del territorio, fondendosi con l’edizione 2014 del progetto di Campagna Amica “Colti e mangiati”. Il concerto , che avrà quale preludio, alle ore 19, la visita animata “Quando il governo governò l’Italia” a cura dell’associazione Erchemperto e di Antonella Schiavone, ultimo evento di Salerno Capitale, principierà con il quartetto op.50 n°5 in Fa maggiore, Hob.III:48 “Il sogno”, composto da Franz Joseph Haydn. L’op. 50 del genio tedesco, comprende sei quartetti (n. 1 in Si bem. magg., n. 2 in Do magg., n. 3 in Mi bem. magg., n. 4 in Fa diesis min., n. 5 in Fa magg., n. 6 in Re magg.), che rispondono al consueto criterio ciclico per quanto riguarda la sequenza delle tonalità e l’inclusione del quartetto in minore, e di due lavori più leggeri, al termine della raccolta. Nella letteratura sull’op. 50 solito in evidenza il totale monotematismo. Lo sviluppo del materiale tematico da singole cellule motiviche e la mancanza di temi contrastanti sono caratteristiche non solo dei primi movimenti ma anche dei Minuetti e dei finali. A parte il fatto che tale tecnica (pur senza la stessa consistenza logica) si ritrova di già nei quartetti precedenti, essa comunque non costituisce l’unico elemento tipico di questa serie. Oltre alla concentrazione tematica, per tutto il corso dei movimenti fluisce un lavoro onnipresente di riduzione motivica e sviluppativa, soprattutto nei tempi iniziali di Sonata, con non poche conseguenze sulla funzione della Ricapitolazione. E’ il Poco Adagio in Si bemolle a giustificare il titolo commerciale con cui è citato spesso questo quartetto Il sogno, dedicato a Federico Guglielmo II di Prussia, ottimo violoncellista e gran fruitore di musica. Seguirà una chicca che svolge perfettamente il tema scelto dal M° Francesco Nicolosi per questa edizione, il quartetto n°1 di Gyorgy Ligeti “Métamorphoses Nocturnes”, che lasciamo presentare allo stesso compositore. «Métamorphoses nocturnes, il mio primo quartetto per archi, fu scritto a Budapest tra il 1953 e il 1954, ma era inteso solo per il cassetto, dal momento che una esecuzione pubblica era fuori questione. La vita in Ungheria a quel tempo era nella morsa della dittatura comunista, il paese completamente tagliato fuori da ogni informazione esterna. Ma il fatto che qualsiasi cosa “moderna” fosse bandita (proprio come era stata bandita un tempo nella Germania nazista) serviva soltanto ad accrescere l’attrattiva per il concetto di modernità presso tutti gli artisti non-conformisti. Di nascosto si scrivevano libri, si componeva musica, si dipingevano quadri, nel poco tempo libero che si aveva a disposizione. Lavorare per il proprio cassetto era considerato un onore. Fui ispirato a scrivere il Quartetto n. 1 dai Quartetti di mezzo di Bartók, il Terzo e il Quarto, sebbene li conoscessi soltanto attraverso le partiture, dal momento che la loro esecuzione era proibita. Nel caso specifico, “métamorphoses” significa un gruppo di variazioni di carattere senza un tema vero e proprio, ma sviluppate da una cellula germinale (due seconde maggiori, interpolate da una seconda minore). Per quanto riguarda l’aspetto melodico e armonico, il pezzo poggia su uno stile totalmente cromatico, mentre, dal punto di vista della forma, segue i principi del classicismo viennese, cioè struttura periodica, imitazione, elaborazione del materiale tematico, sezione di sviluppo e la tecnica di distribuire tra le varie voci frammenti della melodia. A parte Bartók, le Variazioni Diabelli di Beethoven erano il mio “ideale segreto”. In breve, il lavoro è “moderno” in relazione alla scrittura melodica, armonica e ritmica, ma l’articolazione della forma – quello che definirei il “discorso” – è tradizionale. La fede nella dimensione etica della composizione – un atteggiamento influenzato da Haydn e Beethoven – mi ha provvisto inoltre di un sostegno morale contro l’arte pseudo-populista prescritta dal Partito. Io consideravo modernità e tradizione non come degli opposti, bensì, piuttosto, come una sorta di doppia protezione dall’umiliazione della dittatura artistica.» Finale affidato al Quartetto n°2 op.51in La minore di Johannes Brahms che, pur essendo frutto di una ispirazione malinconica e “nordica”, si caratterizza per un’impostazione poeticamente lirica più accentuata, meno intimistica. Il primo movimento è un Allegro non troppo in la minore, costruito secondo la forma-sonata con tre idee motiviche principali. In seconda posizione vi è un Andante moderato in la maggiore in 4/4 in forma ternaria, ove la sezione iniziale è di natura essenzialmente lirica e si fonda su una frase melodica enunciata dal primo violino e ripresa in modo frammentario dal violoncello, mentre con incedere a canone intervengono il secondo e il primo violino. Il terzo movimento è il Quasi Menuetto, moderato in la minore e in 3/4 che cede, poi, il passo all’Allegretto vivace in 2/4 e in la maggiore, riunendo praticamente assieme i tempi tradizionali del Minuetto e dello Scherzo. Assai stimolante risulta, in questo tempo, la tendenza ad una spiccata libertà formale che travalichi gli schemi tradizionali. Il Finale è un Allegro non assai in la minore in 3/4, ed è un movimento d’indubbia originalità anche nella configurazione formale, a cominciare dall’incedere zingaresco della prima idea, nel contesto d’una sorta di rondò trattato con notevole libertà, pur se nelle grandi linee ha la fisionomia d’un allegro sonatistico.
Olga Chieffi