Secondo la Dda, Sarro alterava gli iter delle gare della Gori
Nel mirino della Dda la gestione degli appalti sul caso della Gori che avrebbe indetto numerose gare per dei lavori di somma urgenza per la rete idrica. La procura ha sottolineato come il servizio idrico è stata una delle maggiori spese nell’ambito delbilancio regionale degli appalti tra il 2001 ed il 2013. Insomma, l’inchiesta sembra destinata ad allargarsi in maniera vertiginosa
l’approfondimento 2
“La Regione Campania ha speso centinaia di milioni di euro in appalti per somme urgenze che sono dati in misura quasi integrale a ditte di Casapesenna, come se ci fossero idraulici solo li’. Secondo il gip, il creatore della rete o comunque coinvolto, risulta essere Tommaso Barbato, all’epoca funzioni dirigenziali pressi l’acquedotto” lo ha dichiarato il procuratore Aggiunto Giuseppe Borrelli, durante la conferenza stampa a Napoli sull’operazione Medea, eseguita stamattina dal Ros. “Barbato – ha continuato Borrelli – risultava essere in stretti contatti con Francuccio Zagaria, che si conferma a questo punto essere stato la mente imprenditoriale del clan. Lo stesso cioe’ che aveva gestito con un ufficio collocato all’interno della struttura, lo stesso ospedale di Caserta”. Due sono le ordinanze eseguite ieri mattina, la prima riguarda 10 destinatari di misure cautelari in carcere, e tra questi ci sono: Barbato Tommaso ex senatore ed ex consigliere regionale campano dell’Udeur, l’ex consigliere regionale Polverino Angelo, e l’ex sindaco di Caserta Pio Del Gaudio (sospeso dall’ordine dei giornalisti). La seconda invece riguarda le richieste agli arresti domiciliari , oltre a Carlo Sarro anche il brigadiere dei carabiniere Cervizzi Alessandro. “Per quanto riguarda la vicenda che del parlamentare – ha spiegato l’Aggiunto – nel corso delle intercettazioni si parlava di una tangente, ma non abbiamo al momento elementi rilevanti che portano a questo fatto illecito. Al di la’ della tangente, pero’ a noi risulta che lo stesso politico (Sarro) abbia alterato l’iter della gara”. La Dda partenopea ha inviato dunque per Sarro la richiesta di domiciliari alla Camera. Nelle quasi 300 pagine di ordinanza si legge che il parlamentare di FI avrebbe “turbato il regolare svolgimento della gara d’appalto bandita dalla Gori spa e ricadente nel proprio territorio dell’Ato 3 Sarnese Vesuviano” di cui e’ commissario straordinario, in merito ai “lavori di manutenzione, pronto intervento, rifunzionalizzazione, ricostruzione e riabilitazione delle reti idriche e fognarie”. Secondo l’ipotesi accusatoria, “l’imprenditore Giuseppe Fontanagrazie grazie all’aiuto di Giovanni Cosentino e Maria Costanza Esposito (fratello e moglie di Nicola Cosentino), avrebbe tentato di ottenere da Sarro “l’assegnazione di un grosso appalto bandito” dall’Ato 3 “rappresentando altresi’ l’intenzione, qualora la sua richiesta non fosse stata esaudita, di denunciare lo stesso Sarro poiche’ destinatario di una tangente di 2,5 milioni di euro”. L’appalto costituito da tre lotti, secondo quanto ricostruito dalla Dda, sarebbe stato aggiudicato “a ditte riconducibili al clan di Michele Zagaria”. Dall’ordinanza si legge chiaramente di un collegamento diretto tra lo stesso Sarro e Francesco, detto Francuccio Zagaria. Durante un interrogatorio del 2014, infatti il testimone ha riferito ai giudici che Sarro ando’ ai funerali del cognato di Michele Zagaria. Destinatari del blitz di ieri anche un carabiniere Alessandro Cervizzi e un finanziere Monaco Silvano. “L’operazione dell’Antimafia, che sta svelando un diffuso sistema corruttivo all’interno degli enti che gestiscono i servizi idrici in Campania, rafforza la tesi del Movimento Cinque Stelle. Una gestione privatistica dell’acqua apre la strada a corruzione, contaminazione tra camorra e politica e alle mazzette. L’unico modo per impedire i soprusi del carrozzone politico Gori è rispettare l’esito del referendum del 2011 e procedere verso una gestione pubblica del servizio idrico sotto il controllo dei cittadini”. Lo ha affermato il il deputato del Movimento Cinque Stelle Luigi Gallo sull’operazione della dda di Napoli che ha portato ad una richiesta di arresto per il deputato di Forza Italia Carlo Sarro, vicepresidente della Commissione Giustizia e commissario straordinario dell’ATO 3, accusato di aver favorito il clan dei Casalesi. E all’arresto di 13 persone, tra cui l’ex sindaco di Caserta Pio Del Gaudio, l’ex senatore Tommaso Barbato e l’ex consigliere regionale Angelo Polverino. “Dall’indagine – ha denunciato Gallo – emerge che, se le ipotesi di reato venissero confermate, il sistema che sta assetando ed affamando le famiglie della Regione Campania sotto l’esplosione dei costi delle bollette dell’acqua per ripianare i debiti di gestori come quelle della Gori, nasce anche da meccanismi corruttivi e mafiosi. Solo dopo le segnalazioni mie e del M5S, anche il presidente dell’Anac Cantone si era reso conto dell’incompatibilità, vigente dal 2013, di Sarro, commissario Ato3 e parlamentare. Ma dopo la pronuncia dell’Anticorruzione, Carlo Sarro ha continuato ad emanare atti presumibilmente illegittimi, sulle tariffe e le bollette Gori. Ci sono ancora tante ombre, come l’inchiesta che riguarda GORI su possibili assunzioni clientelari che dal 2012 pare essere in atto dalla Procura di Torre Annunziata. Spero che ben presto si faccia definitivamente chiarezza”.
L’intervista a Carlo Sarro
“Sono sconcertato. Sto leggendo l’ordinanza e vedo che mi si addebita una presunta turbativa d’asta senza indicare nè quando, nè con quali mezzi, nè con quali finalità sarebbe stata compiuta, qualora mai fosse stata compiuta”: lo dice Carlo Sarro, per il quale il gip di Napoli, su richiesta della Dda ha chiesto alla Camera l’autorizzazione agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta sull’intreccio fra clan dei Casalesi e politica. “Leggo una contestazione fondata su non so che cosa – aggiunge Sarro precisando di non avere al momento ricevuto la notifica di alcun atto e di leggere l’ordinanza scaricata da un sito – Siamo in presenza di un episodio per il quale, nel capo d’imputazione, non mi si contesta l’aggravante mafiosa, sempre che ci sia mai stata questa turbativa d’asta, unico reato ipotizzato nei miei riguardi. Non mi viene contestato alcun episodio di corruzione, diversamente da quanto diffuso stamani da alcuni organi d’informazione. Inoltre vengo inserito in un contesto a me completamente estraneo, sia sul piano del mio comportamento personale, sia su quello delle mie competenze istituzionali. Sono sconcertato di tutto ciò”, conclude Sarro che sottolinea di aver già rimesso tutti i suoi incarichi nelle mani del partito di Forza Italia e quelli istituzionali nelle mani del Gruppo Parlamentare, compreso quello di componente della Commissione Parlamentare Antimafia.
Giallo sulla pen drive del boss
E’ giallo su una pen drive usb del boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria, scomparsa dal bunker di Casapesenna dove è stato arrestato il 7 dicembre del 2011, e che, secondo quanto registrato in un’intercettazione ambientale, sarebbe stata poi acquistata, per 50mila euro, dal fratello di un imprenditore vicino al boss dalle mani di un poliziotto infedele. La circostanza è emersa nell’ambito di un’inchiesta sull’intreccio tra politica e camorra che ha portato il Ros dei carabinieri a eseguire 12 arresti nei confronti di altrettante persone, tra cui figurano anche imprenditori e politici. I militari hanno anche notificato alla Camera dei Deputati una richiesta di arresti domiciliari per il parlamentare Carlo Sarro, accusato di turbativa d’asta. La notizia della presunta compravendita della pen drive tra Orlando Fontana, fratello di Giuseppe, imprenditore di riferimento del boss Zagaria, e un rappresentante delle forze dell’ordine, è stata resa nota dal procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Giuseppe Borrelli, nel corso di una conferenza stampa nella sede della Procura della Repubblica. Secondo quanto riferito da Borrelli, la chiavetta usb era nel bunker quando Zagaria venne arrestato: poi, ha aggiunto, “è sparita, con la collaborazione di un non meglio identificato appartenente alla Polizia di Stato che avrebbe poi favorito l’arrivo della pen drive nelle mani di Orlando Fontana”. Della chiavetta usb, a forma di cuore, ne è stata accertata l’esistenza “nel corso di indagini successive, attraverso intercettazioni avvenute ben dopo le operazioni di cattura di Zagaria”, ha detto ancora Borrelli. Per il procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo, “non si può escludere un contatto tra Zagaria e un’altra persona in quei concitati momenti”. Della vicenda della presunta compravendita della pennetta usb di “capastorta”, questo il soprannome del boss Michele Zagaria, parlano due persone che gli investigatori riescono ad ascoltare attraverso un’intercettazione ambientale. I due discutono della trattativa nella quale non sono stati direttamente coinvolti, ma della quale in realtà hanno saputo da terze persone. Ciononostante, la Procura della Repubblica, per approfondire la vicenda, ha fatto eseguire dei controlli sul personal computer di Michele Zagaria dai quali sono emerse delle anomalie: discrepanze, però, che non hanno prodotto prove riguardo la sparizione del supporto informatico del boss, rendendo ancora più fitto il “giallo” della misteriosa pen drive.