Lavoro, Domenico Nese (Inail): "Troppi infortuni" - Le Cronache Attualità

di Arturo Calabrese

Un anno segnato dal sangue quello che si va a chiudere. Tante le morti in questo 2024 e numerosissimi gli infortuni. Numeri sui quali interviene Domenico Nese, recentemente eletto Presidente del Comitato Consultivo Provinciale di Inail Salerno.

Domenico Nese, eletto Presidente del Comitato Consultivo Provinciale di Inail Salerno.

“L’elezione, all’unanimità, è avvenuta nel corso della prima riunione del comitato composto da 20 delegati provenienti dal mondo sindacale, datoriale, pubblica amministrazione ed associazioni. Accolgo questa nomina con profonda gratitudine e determinazione”, consapevole delle sfide che ci attendono per rendere i luoghi di lavoro più sicuri e per garantire una tutela sempre più efficace ai lavoratori e alle imprese del nostro territorio. I Co.Co.Pro. sono nati da una Legge del 1962, sono commissioni paritetiche nominate dalla locale Prefettura. Si compongono da dieci rappresentanti dei lavoratori, sei rappresentanti delle associazioni datoriali, un rappresentante degli artigiani, un funzionario medico, un funzionario del Ministero del Lavoro, un rappresentante dell’associazione nazionale invalidi e mutilati sul lavoro, e dal direttore della locale sede Inail. Tra i compiti istituzionali del Comitato, rientra anche l’esame dei dati e statistiche sull’incidenza di infortuni e di malattie professionali per settore, zona o periodo dell’anno. Promuovere il coordinamento dell’attività della Sede Inail con altri organi e istituzioni presenti, per consentirne il più razionale utilizzo e il potenziamento ai fini della tutela dell’igiene e sicurezza. Controllare lo standard qualitativo del servizio offerto dall’Istituto ad imprese e lavoratori e le sue scelte strategiche. Proporre iniziative e programmi per lo sviluppo della cultura e della prevenzione nell’ambito provinciale”.

Ogni giorno leggiamo notizie tragiche: in provincia di Salerno tante le vittime nel 2024, sette in soli quaranta giorni.

“L’Inail pubblica periodicamente i dati analitici anonimi degli infortuni e malattie professionali e li rende disponibili in archivi pubblici liberamente utilizzabili, nell’ambito del progetto “Open Data”. Da questi archivi risulta che in Provincia di Salerno, da gennaio ad ottobre 2024, sono stati denunciati 4496 infortuni sul lavoro. Di essi 14 sono “infortuni mortali”. La fascia di età in cui si sono verificati maggiori incidenti è compresa tra i 51 e 60 anni. I settori più a rischio in provincia di Salerno, dove si sono verificati i maggiori infortuni, risultano essere il manifatturiero con 465 infortuni, segue la sanità con 447, il trasporto con 387 infortuni, il settore costruzioni con 369 ed il settore acqua e rifiuti con 205 infortuni, i rimanenti sono distribuiti tra tutti gli altri settori. Benché si registri un lento declino degli infortuni, ma non per quelli mortali, i risultati sono molto al di sotto delle aspettative. Gli infortuni scendono col contagocce. È legittimo chiedersi perché? Per quale motivo nonostante in Italia abbiamo una legge ben fatta, non si riescono ad ottenere risultati adeguati?”.

Cosa dovrebbero fare le aziende?

“Non possiamo ridurre la risposta ad una domanda tanto importante ad una semplice questione di disinteresse da parte datoriale o di mancato rispetto delle norme. Anche se ciò indubbiamente può costituire una componente significativa specie in alcuni settori produttivi. Una prima risposta sta nella visione prevalentemente burocratica data in Italia alla questione della sicurezza sul lavoro. Ciò è dovuto innanzitutto ad una legislazione che ha sempre prediletto l’aspetto documentale degli obblighi di sicurezza. La giurisprudenza ha ulteriormente rafforzato l’illusione che fare sicurezza sul lavoro significhi soprattutto costruire un impossibile castello di carte che tuteli il vertice aziendale in caso di infortunio, piuttosto che evitare che accada. È esperienza comune, tra gli operatori del settore, la percezione che una grande quantità di energia venga dispersa in un processo di autotutela piuttosto che di prevenzione. Considerare l’attività di prevenzione principalmente o esclusivamente come applicazione di specifici obblighi di legge significa comportarsi come l’atleta di tiro a segno che si concentrò e fece centro, colpendo però il bersaglio sbagliato. Significa cioè perdere di vista lo scopo finale dell’attività di prevenzione, che è semplicemente evitare gli infortuni e di migliorare le condizioni di salute e non di essere conformi alla normativa. Fino a quando il sistema azienda non avrà compreso come ridefinire il proprio ruolo nell’approccio alla sicurezza con lo scopo strategico di migliorare le condizioni di salute e sicurezza e che in questo quadro l’adempimento normativo costituisce non già un fine bensì un mezzo per ottenere tale risultato, in circolazione avremo perlopiù approcci giuridico-formali alla sicurezza o nel migliore dei casi esclusivamente tecnico-impiantistici, salvo poi dolersene in occasione di eventi infortunistici. La sicurezza sul lavoro deve essere concepita come un valore. Ciò vuol dire attribuire ad essa un ruolo ben più profondo di quello che normalmente viene assegnato dalle aziende. Il concetto di valore deve essere elaborato e condiviso da un’organizzazione caratterizzandone in conseguenza di ciò i comportamenti organizzativi e quelli dei singoli individui che ne fanno parte. Bisogna gestire il tema della sicurezza sul lavoro con le sue vaste implicazioni: emotive, sociali e relazionali. La sicurezza deve essere gestita in azienda in modo condiviso, diffuso, equilibrato e competente. Per creare la cultura della sicurezza, una frase che va sempre di più tanto di moda oggi, spesso pronunciata dai politici in occasione di eventi tragici mortali che hanno scosso il sentimento popolare, ma che gli stessi politici, probabilmente, non conoscono il vero significato di questo termine, occorre una forte leadership che presuppone il contributo consapevole e sollecitato di tutte le componenti aziendali: datore di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori e sindacati. La cultura della sicurezza è chiaramente influenzata dalla cultura organizzativa”.

E lo Stato?

“Come già più volte avvenuto in passato, appena avviene un grave incidente, si riparte con la corsa alla ricerca della soluzione definitiva al problema. In Italia, rispetto alla sicurezza sul lavoro, si legifera molto sotto spinta emozionale-emergenziale, dopo l’accadere di gravi eventi. Quando si verificano fatti gravi questi attirano l’attenzione dei mass media e di conseguenza quella della pubblica opinione. Questa situazione diventa per i politici, che in genere sanno poco o nulla di sicurezza sul lavoro, un’opportunità per il loro consenso popolare, e quindi dopo aver recitato la solita litania: “questi tragici fatti non devono più accadere”, “gli infortuni sul lavoro sono una piaga sociale”, “ci vogliono nuove leggi più efficaci”, “bisogna assumere più ispettori”, “bisogna abolire i subappalti” e così via, decidono di dare il classico segnale legiferando sotto spinta emozionale e con provvedimenti di urgenza che spesso danno vita a nuove norme imprecise e lacunose, creando nuovi sistemi probabilmente immaturi. In questa logica si può inquadrare anche il recente provvedimento della “patente a crediti”, per l’edilizia, nata in seguito all’infortunio plurimo di Firenze nel supermercato Esselunga con 5 morti”.

Lavoro e Sicurezza: obiettivi da raggiungere?

“Definire un obiettivo legato al numero di morti sul lavoro è sicuramente impresa meritoria. Significa cioè riconoscere che l’accadimento sul lavoro, di infortuni mortali, gravi e meno gravi è un elemento gestibile. E quindi la prima domanda che mi sono posto in temi di obiettivi numerici sulla sicurezza è stata: ma è possibile mettere a preventivo che qualcuno possa morire per infortunio sul lavoro? La risposta, se non si vuole ridurre la discussione ad un mero ragionamento teorico, è più complessa di quanto sembri. Risulta ormai statisticamente accertato che non sia possibile eliminare tutti gli infortuni gravi (anche mortali) senza eliminare in egual misura (cioè azzerare) gli infortuni meno gravi e quindi i quasi infortuni. La Piramide degli infortuni (o piramide di Heinrich), ormai scientificamente acquisita, ha reso evidente il fatto che esiste una correlazione statistica tra gli infortuni gravi e meno gravi. In altre parole, l’unico sistema per evitare di avere infortuni gravi è evitare di avere infortuni e l’unico sistema per evitare di avere infortuni è evitare di avere mancati infortuni. Ma eravamo partiti per rispondere alla domanda: è possibile mettere a preventivo che qualcuno possa morire per infortunio sul lavoro? No, non è possibile mettere a preventivo alcun infortunio, neppure il più piccolo. L’unico obiettivo possibile è zero”.

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