a cura di Annamaria Parlato
La Costiera è un palcoscenico a celo aperto, una perla incastonata tra le rocce e il mare. Ma lo scenario cambia se ci si abbarbica più in alto: montagne e colline, una vegetazione lussureggiante tipica della macchia mediterranea con i terrazzamenti dove la vite, qualche ulivo e il limone la fanno da padrone. L’agricoltura in un territorio merlettato, con i suoi numerosi tornanti non è semplice da gestire e anche qui la viticoltura come alle Cinque Terre e in Valtellina viene definita “eroica”, proprio per la difficoltà che si ha nella conduzione di queste terreni così impervi e quasi ribelli al lavoro dell’uomo. Dal 1995 la Costiera Amalfitana ha ottenuto la DOC con denominazione “Costa d’Amalfi” suddivisa poi nelle tre sottozone Tramonti, Ravello e Furore. La modalità di allevamento della vite è particolare in quanto dall’antichità veniva impiantata sulle cosiddette macere o muretti costituiti da pietre disposte l’una sull’altra senza utilizzo di malta. Con l’ausilio dei pali di castagno allo scopo di sfruttare il terreno sottostante la vigna per altre coltivazioni e di mantenerlo fresco durante i periodi di grande calura, le viti vengono disposte a pergola sui terrazzamenti (max 4 filari) e il paesaggio assume forme geometriche d’ineguagliabile bellezza. Il vignaiolo che è anche contadino e pescatore in queste zone, è una persona di grande esperienza che segue ritmi atavici dettati dalla natura e che affida gli esiti della propria vendemmia nelle mani del Creatore. Il clima mediterraneo con forti escursioni termiche e la salsedine caratterizzano la qualità delle uve, conferendo ai vini una pregevole eleganza e profumo inconfondibile. Numerosi sono i vitigni ultracentenari presenti in zona per giunta a piede franco, non intaccati dalla filossera e molto produttivi. Questi vigneti probabilmente come in altre zone d’Italia furono introdotti in Costiera dai Romani tra il I e il III secolo d.C. di cui si hanno testimonianze grazie alla presenza di due ville patrizie di tipo marittimo ed agricolo rispettivamente a Minori e Tramonti. Delle antiche uve se ne trova traccia nei documenti che parlano di “S. Nicola”, “S. Francesco”, “olivella”, “Maddalena”, “scanzanese”, “cannayuola”, “mannavacca”, “mangiaguerra”. Oggi i più noti sono: il Fenile, il Tronto, il Tintore, la Pepella, il Ripolo, la Ginestra, legati anche all’entroterra e autoctoni. A questi poi si aggiungono: lo Sciascinoso, la Falanghina, il Piedirosso, l’Aglianico, la Biancolella, la Serpentaria. Il Ripolo è un vitigno a monopolio del territorio amalfitano dove viene allevato a pergola in piccole aree e in pochi ceppi tra Furore e Positano. Il Fenile che ricorda il colore dorato del fieno è presente Furore, Positano e Amalfi. La Ginestra dal caratteristico profumo è allevata nei comuni di Scala, Ravello, Amalfi, Maiori e Minori, di cui si hanno notizie a partire dall’Ottocento. Della Ginestra è stata richiesta l’iscrizione nel Registro Nazionale della Varietà di Viti, proprio per la sua unicità. La denominazione di Pepella pare sia riconducibile alla tipologia del grappolo che presenta, con acini talvolta piccolissimi come grani di pepe. Forse il vitigno è stato introdotto sulla fine dell’Ottocento a Tramonti, Ravello e Scala. Il Tronto presente anche in area napoletana, è molto simile all’Aglianico e affine all’Aglianicone secondo alcuni studiosi. Concorre come vitigno complementare nella DOC Costa d’Amalfi Rosso, sottozona Furore. Da ciò ne deriva che la DOC Costa d’Amalfi è disponibile nelle tipologie Bianco, Rosso, Rosato, Passito rosso e bianco con sapore dal secco al dolce, e Spumante (spuma persistente, riflessi dorati, profumo fragrante con delicato sentore di lievito, gusto sapido e armonico). Questi vini sposano alla perfezione la tradizionale cucina del territorio a base di pesce, carni e latticini; si abbinano alla raffinata pasticceria locale profumata di limone sfusato amalfitano IGP e a qualsiasi tipo di preparazione più contemporanea.