di Daniel Oren
In tanti hanno ricordato su giornali, radio, tv la figura di Lina Wertmuller, grande ed originalissima regista di cinema, che ci ha lasciati, lasciandoci un gruppo di capolavori che rimarranno nella storia della settima arte. La sua fama era internazionale: anche a Londra, ove mi trovo per le prove del Nabucco al Covent Garden la notizia della sua morte era sul Times in prima pagina e il principale notiziare della BBC ha trasmesso un lungo stralcio del suo film “Pasqualino Settebellezze”. Lina era, però, una teatrante completa, nel senso che ha impresso il segno dell’Arte sua anche nel varietà televisivo – firmò la prima Canzonissima e la serie del Giornalino di Gianburrasca – e nel teatro di prosa. Io la conobbi diversi anni fa, insieme al marito Enrico Job, inseparabile compagno di vita e d’arte, scomparso nel 2008, che, quale scenografo, ha lavorato molto anche per il teatro d’opera. Seguivano insieme la vita musicale frequentando con continuità il Teatro dell’Opera di Roma e il San Carlo di Napoli. Furono il marito e il sovrintendente del Teatro napoletano Francesco Canessa a convincere Lina a cimentarsi in una regia lirica. Esordì con una spettacolare e drammaticissima Carmen, ambientata nei primi anni del Novecento, nella quale Escamillo arrivava alla corrida a bordo di un’auto d’epoca scoperta, nella quale si consumava con una azione a dir poco cinematografica il femminicidio, da parte di Don Josè. Ad Atene, nel meraviglioso Teatro di Erode attico, mise, poi, in scena una romanticissima Bohème, giovanile, spigliata, con i cantanti che recitarono da attori provetti. Nel 2003, Lina presentò a Salerno, un’operina scritta da lei “L’avventura spericolata di Don Quijote”, e musicata da Antonio Sinagra con gli allievi del Conservatorio Martucci al Teatro Augusteo. Firmò al Verdi nel 2016 una indimenticabile regia del Macbeth verdiano che rientrava in un ciclo nazionale dedicato a ShaKespeare. Indimenticabile la sua idea registica dell’albero intorno al quale si riunivano le streghe. Fu quella l’unica volta che lavorammo insieme, ma la sua cultura, la sua professionalità, il suo amoroso rispetto per la musica hanno lasciato in me un segno che oggi accresce il rimpianto e il dolore per la sua perdita