Musica, ironia e quella ribelle allegria, nelle canzoni del ‘43. Domani lo spettacolo “Se potessi avere mille lire al mese”
Di OLGA CHIEFFI
Ripercorrere gli eventi della seconda guerra mondiale in Italia, scorrendo i testi delle canzoni dell’epoca è una lente con cui è possibile osservare le varie fasi del conflitto non come una semplice sequenza cronologica di eventi, ma con un punto di vista di natura psicologica e sociologica. Dai canti trasmessi in radio a scopo propagandistico dal regime fascista, alle canzonette leggere e di svago, quello swing all’italiana che ha segnato la storia della canzone italiana, ai canti elaborati dopo l’8 settembre, testimonianza del clima di odio ed efferatezza che stava subendo un paese diviso, la musica resta sempre protagonista della storia, insieme a tutte le arti. A tracciare un percorso del genere ci proverà domani sera, alle 21,15, nell’arena del Teatro dei Barbuti, Eduardo Scotti, che chiuderà la rassegna estiva ideata da Peppe Natella, rievocando i giorni dell’Operazione Avalanche, nel loro LXXVI anniversario, attraverso la musica e il grande cinema del tempo, con le dive dei film dell’epoca che prima della grandissima temperie del neorealismo lasciavano intravvedere il sogno borghese. Il titolo, infatti, è “Mille lire al mese”, di Carlo Innocenzi e Alessandro Sopranzi, scritta per il film omonimo uscito nel 1939, un film quasi del tutto dimenticato, a torto perché il regista austriaco Max Neufeld fu un pioniere della commedia cinematografica e gli attori, Alida Valli, Umberto Melnati e Renato Cialente, erano eccellenti. Un film che chiariva che per guadagnare questa cifra un giovane non solo doveva essere specializzato in un ramo di tecnologia all’avanguardia, ma gli conveniva emigrare: e i riferimenti alla televisione, mezzo del tutto sconosciuto agli italiani, nonché la collocazione della vicenda Budapest, capitale di sogno delle lettrici dei romanzi ungheresi, proiettavano la conquista delle mille lire in una dimensione da operetta. Assisteremo, quindi al racconto di eventi bellici di pari passo con le canzoni, costruendo, così, quasi una cronaca di guerra con colonna sonora. Musica e parole contraddette, a volte, dalle cosiddette canzoni della fronda, la cui ribelle allegria fu colpita dal regime come antifascista, anche quando, magari, non lo era, immortalando, così, capolavori di evasione come “Il tamburo della banda d’Affori” e “Maramao perché sei morto”, testi il cui non sense veniva interpretato come eversivo, se non addirittura colpevole di qualche segreta intesa col nemico, magari in collusione con quella musica “negroide e animalesca” (il jazz) messa a tacere dal Minculpop in nome della “buona cara melodia italiana”. C’era la guerra, mancavano cibo e libertà, ma non mancava la voglia di divertirsi a ritmo di musica. Scorrendo l’indice di una raccolta di radiosuccessi dell’epoca, ritroviamo “Caro papà”, “Ritmando in sol” dal fil “Violette nei capelli” “Domani non m’aspettar” dal film “Antonio Meucci” e ancora “C’è un fantasma al castello” e “Se la radio non ci fosse” , segno di quel felice connubio tra musica e cinema e del grande successo delle melodie ritmate. Sono i giorni della radio che campeggiava sempre accesa nelle case (indimenticabile la serata del 23 novembre del 1996 al Casinò Sociale di Salerno “Quando la Radio….” 1930-1960 firmata da Franco Deidda e Corradino Pellecchia, uno dei fiori all’occhiello della presidenza di Adolfo Gravagnuolo), delle grandi orchestre di Angelini, Barzizza, Semprini, e del virtuoso fisarmonicista Gorni Kramer, che ne 1943 incise “Ho un sassolino nella scarpa “ di Valci, cantata in puro stile dixieland da Natalino Otto e nel ‘44, L’esecuzione modernissima, di “Da te era bello restar”. A segnare un’epoca ci riuscì il film di Mario Mattoli “Stasera niente di nuovo” del 1942, nel corso del quale Alida Valli interpretava a fil di voce, ma con tanta tristezza e sensualità “Ma l’amore no”. La canzone accompagnò lo sbarco degli alleati, la caduta del fascismo, il governo Badoglio, il breve armistizio, la tragica notte dell’8 settembre, che aprì un vero e proprio iato tra repertorio leggero, canti della Resistenza, l’invasione del “V Disk”, sino al ritorno alla bella e intensa canzone italiana che si risentì solo nel 1945 con “In cerca di te”.