La seconda giornata di Francesco Ivan Ciampa - Le Cronache
Musica Spettacolo e Cultura

La seconda giornata di Francesco Ivan Ciampa

La seconda giornata di Francesco Ivan Ciampa

di Olga Chieffi

Seconda fatica, questa sera, alle ore 20, nel gioiello barocco di San Giorgio, per Francesco Ivan Ciampa, il quale dopo la prima de “La Cenerentola” sarà protagonista, insieme alla pianista georgiana Salome Jordania, alla testa dell’Orchestra Filarmonica Salernitana, del quarto appuntamento del cartellone concertistico “Benedetta Prima…vera”. La serata principierà con l’’Ouverture Coriolano, op. 62, composta nel 1807 da Ludwig Van Beethoven, quale introduzione al dramma omonimo di Heinrich-Joseph von Collin. Questa pagina è certamente una delle composizioni che meglio illustrano la straordinaria capacità beethoveniana di utilizzare il mezzo sinfonico quale veicolo ideale per esprimere l’essenza di un soggetto drammatico. Motivi concettualmente “significanti” combinati e sviluppati sul piano dell’opposizione dialettica vengono impiegati per sintetizzare la contrapposizione ideologica fra le aspirazioni individuali e la forza metafisica del destino che ispira il nucleo drammatico dell’azione teatrale, incentrato sulla rivolta eroica del guerriero Coriolano contro la sua stessa patria con i celebri violenti accordi iniziali che richiamano il climax della Quinta Sinfonia e il tentativo da parte delle sue donne di elevarlo nella sfera dei sentimenti nobili, con il dolce e consolatorio secondo tema in mi bemolle maggiore. Solista della serata sarà la pianista Salome Jordania, una scoperta del nostro direttore artistico Daniel Oren, la quale si cimenterà col secondo concerto in Fa minore op.21, composto da Fryderyk Chopin nel 1830, dedicato alla contessa Delphine Potocka, ma la cui musa ispiratrice fu Konstancja Gladkowska, studentessa di canto al Conservatorio di Varsavia; di lei Chopin scriveva a un amico: «Forse, per mia sfortuna, ho trovato il mio ideale, a cui sono rimasto fedele, pur senza dirle una parola, per sei mesi; quella che sogno, a cui ho dedicato l’Adagio del mio Concerto…». Il concerto è diviso in tre tempi: il Maestoso inizia con una intonazione piuttosto languida nei primi violini che si spezza subito in accenti alteri e drammatici, e dà origine a una abbastanza diffuso sviluppo orchestrale. Il tema principale, affidato allo strumento solista è oggetto di una complessa tessitura, la cui trama è composta da infuocate cadenze, distensioni, improvvise riprese e intrecci, su di un tappeto di suoni offerto dalla orchestra, che conclude il tempo con una enfatica conclamazione del tema dominante. Il Larghetto è il più felice della composizione per la freschezza dell’ispirazione, l’alta qualità musicale delle fioriture, l’originalità delle armonie, porta, indelebile, il sigillo del genio. In esso si avvertono premonizioni ed atmosfere dei futuri «Notturni». Il Larghetto si mantiene, generalmente, in un clima sospeso di sogno e di fantasticheria amorosa, ma, nella parte mediana, l’estasi rapita, per una improvvisa impennata dello strumento solista sul tremolo inquieto degli archi, si converte in dolorosa agitazione, concludendosi, però, in suono pacato o rassegnato che, lentamente, smuore. Gli echi delle danze della sua terra risuonano, invece nell’ Allegro vivace, che scatta subitaneo, leggero, rapido su ritmo di mazurca, concludendo il Concerto all’insegna del virtuosismo. Non occorre il nomignolo di “Jupiter”, forse coniato dall’impresario Johann Peter Salomon, per individuare nell’ultima sinfonia di Wolfgang Amadeus Mozart, datata 1788, il valore di summa di un’intera esperienza compositiva, estremo contributo, alla sinfonia che chiuderà la serata. Sintesi suprema di esperienze musicali, culturali ed esistenziali, la Jupiter realizza una perfetta convivenza di solenne e intimo, serio e faceto, dotto e cordiale, in un organismo che cela miracolosamente le giunture al punto da convincere l’ascoltatore che il fluire d’un linguaggio nel suo opposto sia naturale – «naturalissimo», chioserebbe Figaro. Si considerino l’insinuarsi a sorpresa, nel grandioso I tempo, di un petulante terzo tema, poi fondamentale nello sviluppo e nella coda, tratto dall’aria Un bacio di mano K. 541 che Mozart aveva scritto per l’opera buffa di Anfossi Le gelosie fortunate, in scena quell’anno a Vienna. All’altro capo della sinfonia, il tema che inaugura il Finale risale a un antico soggetto gregoriano, il Magnificat del 3° tono, impiegato per secoli, anche da Mozart (nel Credo della Missa brevis K. 192), che qui viene posto alla base di un tempo sì in forma sonata, ma innervato, grazie ai procedimenti della fuga, dalla combinazione in contrappunto multiplo di ben cinque idee tematiche. Con la Jupiter Mozart eleva un messaggio tutto interiore di serena, olimpica utopia che trascende qualsiasi dolore: messaggio che troverà nell’adagio del concerto per clarinetto e nel Die Zauberflote il sigillo definitivo, verso l’Oltre.