La scuola dei fiati: Midsummer Night’s dream - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Musica Spettacolo e Cultura

La scuola dei fiati: Midsummer Night’s dream

La scuola dei fiati: Midsummer  Night’s dream

Olga Chieffi

“La musica ha sognato per troppo tempo, adesso vogliamo svegliarla. Eravamo sonnambuli: vogliamo diventare sognatori svegli e coscienti”. E’ questa la frase aggiunta da Richard Strauss in esergo al suo “Also sprach Zarathustra”, che riprendiamo collegandoci al sogno collettivo tra maestri, strumentisti e grande pubblico, vissuto ieri a Vietri in un incantevole clair de lune, che ha illuminato i due concerti svoltisi tra Villa Guariglia, dove si è esibito l’ensemble del Conservatorio Martucci di Salerno, diretto da Alessandro Murzi e la Villa Comunale, dove ha dato spettacolo la Banda della Aeronautica Militare, diretta dal maggiore Pantaleo Leonfranco Cammarano, un vero asse, per scuola, intenzione, tradizione, tra la “cantera” della massima istituzione musicale salernitana e la stellare formazione dell’arma azzurra. Good vibes in ogni dove, a Villa Guariglia, dove i ragazzi si sono cimentati con alcune trascrizioni delle sinfonie d’opera, ovvero con la tradizione vera della banda, passando per una romanza sentimentale, quel Sogno d’amore firmato da Francesco Paolo Tosti ed elegantemente schizzato dal soprano Giulia Pettrone, per chiudere con l’esecuzione della Fantasia per sax alto e orchestra di fiati, affidata al talentuoso Francesco Alfano, che ha tenuto ben alta l’eredità del magistero salernitano del suo strumento, protagonista di una partitura affatto semplice, con la ricerca di tutta la formazione, nel creare singolari possibilità timbriche e ritmiche in temi di immane concretismo tecnico, in una ronda funambolica che, però, non è mai sfuggita al controllo. Applausi scroscianti e ragazzi subito giù in villa per assistere al finale del concerto della Banda dell’Aeronautica Militare, la quale è infarcita di maestri che hanno iniziato i propri studi al conservatorio G.Martucci di Salerno, a cominciare dal direttore Pantaleo Leonfranco Cammarano, il quale con una carriera già avviata da docente di conservatorio, ha “strambato” diventando il Maestro della banda dell’Arma Azzurra, in pieno rispetto delle tradizioni di famiglia, di papà Vincenzo, che abbiamo intravisto assiso nell’anfiteatro vietrese. Con lui, il primo sax alto Sebastiano Ventriglia, la prima tromba Angelo Zanfini e, ancora il flicorno Enzo Cozza, il piccolo mi bemolle Massimo Buonocore, il vice Maestro Angelo Mazara e il percussionista Peppe Costa, da Minori, per il quale si è mossa anche la sua maestra Maria Grazia Pescetelli, con tanti ex allievi, ora colleghi, tanti strumentisti con la banda in testa, poiché il nostro conservatorio è figlio in pieno di questo genere e tutte le generazioni di strumentisti a fiato e percussioni hanno sempre guardato a quella formazione dell’Orfanotrofio dell’Istituto Umberto I, che fu “cantera” ribollente delle istituzioni militari, i cui Maestri direttori venivano di persona, nelle varie classi salernitane a scegliere ed assoldare i promettenti strumentisti, incluso Ennio Morricone, nonché delle grandi orchestre, dall’Opera di Roma, alla Fenice, alla Scala. La “cantera” è ben viva e sogna, oggi, come allora di entrare in qualche banda militare, ma bisogna studiare seriamente, sacrificarsi, come ha ribadito il Maestro Luigi Avallone nel consegnare il Premio Internazionale Vietri Sul Mare ad un emozionato Leo Cammarano, unitamente al Sindaco Giovanni de Simone e a tante autorità Militari e civili. Al di là del concerto, l’anfiteatro, si è trasformato in tòpos, ove è stato realizzato, giovedì sera, grazie alla musica quel ponte di note tra generazioni, che ha onorato coloro i quali lo hanno lanciato, tra infinite difficoltà e stenti, all’ inizio del secolo scorso, non immemori dei conservatori napoletani. La banda ha affrontato in due sere, la prima nella cavea di Baronissi e la seconda a Vietri, due programmi completamente diversi, eseguiti senza alcuna sbavatura. Nel paese natìo di Pellegrino Caso, omaggiato con l’esecuzione della marcia sinfonica Intima Luce, dove si è potuto apprezzare l’immagine sonora di clarinetti e flauti sul registro acuto, una specie di supremazia del timbro, in un complesso di relazioni cromatiche e foniche, con le altre sezioni, a partire dalle quali il contenuto stesso si disegna e si costituisce, si è andato ben oltre certa tradizione dal gusto nazional-popolare, alla quale la banda ha ceduto in quel di Baronissi, tenendo ben conto dell’invito del paese dei Musici. Euphoni in grande spolvero, quindi, nel pezzo a loro dedicato da Philip Sparke, un reale scintillìo, in particolare nell’ Allegro finale nelle Two part Invention, realizzato dai luogotenenti Matteo Guarino e Samuele Traficante, prima di attaccare, In the South (Alassio), Op. 50, una ouverture da concerto composta Edward Elgar, con il maestro Cammarano ad accompagnare la sua formazione attraverso il gesto di un officiante discretissimo, cercando quasi di sparire, con il compito di voler restituire al suono una purezza appropriata, dove i significati originari, quelli del viaggio in Liguria, fossero tutti presenti ma, insieme mirabilmente lontani. Celebre il solo di viola, di questa ouverture, che abbiamo ascoltato eseguito dal sassofono contralto di Sebastiano Ventriglia, il quale non ha certo fatto rimpiangere l’arco dalla voce umana, grazie al suo suono di morbido cristallo, levando quella specie di canto popolare, simbolo dell’ Italia mediterranea, unitamente alla sezione che guida, che lo ha seguito nella ricerca di quel flou di levigata e rarefatta fattura, che modula per tutto il brano, dando forma a quell’incanto fatto di nulla. Si è, poi, continuato con il Nino Rota de’ Il cappello di Paglia di Firenze, una overture fatta di scaleggi, in un idioma brillante e ironico, eseguita con un’articolazione fresca e spigliata da parte del complesso bandistico, con la tornitura e la grazia nella sottolineatura dei particolari. Finale con The Hounds of Spring, un’ouverture per banda, scritta dal compositore americano Alfred Reed nel 1980, che ha posto in luce tutte le sezioni, andando a concludere tra gli applausi la splendida esecuzione. Intensa Musica per lo spettacolo lunare del Buck Moon, primo plenilunio di un’estate nel segno delle arti, talismano di piccole ebbrezze sonore.