E’ diventata quasi una corrispondenza di amorosi sensi con Gennaro Carillo, direttore artistico di Salerno Letteratura. A lato troverete, integralmente, una sua nuova lettera. Noto con piacere che accanto a Sciacca e Gadda ha gradito le citazioni nazional popolari di Gigi Amaturo e di Vincenzo De Luca. Ora Carillo ci ha inviato la sua biografia, ci ha parlato del suo amore per Salerno, partendo dal ricordo del nonno. Interessante e gradevole. Credo però che non sia entrato ancora nel cuore della vicenda, della polemica nata per la presenza di De Giovanni nella città che ha sbeffeggiato nel ruolo di capo popolo. Preciso che nessuno mai ha messo in cattiva luce la manifestazione Salerno letteratura. Nè è stato chiesto di verificare conti e spese e introiti. Se qualcuno lavora è giusto che venga ricompensato, quindo il suo cachet sarà certamente adeguato alla professionalità con cui dirige la manifestazione. Nè è pietra dello scandalo il famoso gettone di presenza per gli ospiti, laddove fosse previsto. Non sarebbe stato nemmeno uno scandalo se De Giovanni, che fa bene il suo lavoro, fosse stato ricompensato per la comparsata al Duomo. Nessuno ne ha parlato, nemmeno il consigliere comunale Cammarota su cui si è scagliata la reazione di lesa maestà. La vera questione, caro Carillo, è stata messa da parte e non si tratta di lesa salernitanità come lei sbrigativamente ha scritto. Si tratta semplicemente di rispetto verso la città e verso la Salernitana i cui tifosi, come quelli del Napoli, sono visceralmente legati. E De Giovanni lo ha fatto, ripeto il concetto, non come autore di romanzi ma come uomo. Sbagliando tempi e modi e andando a rinfocolare la stupida guerra tra una minoranza di salernitani e una minoranza di napoletani. Però quella minoranza è diventata maggioranza perchè gli episodi di incontinenza verbale di De Giovanni si sono succeduti nel tempo e a tutte le latitudini. Salerno ha la sua storia, la sua cultura, le sue passioni. Rispetta e accoglie tutti, ma chiede rispetto. Concetto molto semplice. De Luca ha avuto un merito: spezzare quell’idea di colonizzazione che negli anni 80 era venutafuori con forza, basti pensare allo scippo dell’Università, spostata in quota avellinese senza che in città restasse almeno un presidio. Se la Sua manifestazione gode di ottima stampa vuol dire che lo merita, come merita evidentemente i contributi di Comune e Regione (ma immagino che ci sono anche altri Enti territoriali). Questo però non significa che oltre a vedere i propri soldi finire all’Associazione, i salernitani devono essere anche offesi e sbeffeggiati. Non tutti sono d’accordo, come potrà leggere a lato, nella lettera inviata da un lettore. Ma il principio è questo. Naturalemente l’artigleria mediatica napoletana schierata per difendere De Giovanni tira per la giacca il sindaco Napoli. Cito le parole di un bravissimo collega come Gabriele Bojano. “Il sindaco ha già dato con i fischi a dei tifosi in piazza della Concordia”. Napoli avrebbe dovuto invece evidenziare subito, non per censurare o per voler condizionare le scelte dell’organizzazione, l’incauta e inopportuna presenza di De Giovanni. Il quale si dice sia rimasto offeso per il mancato intervento dello stesso sindaco e del Governatore in sua difesa. Quando gli amici della stampa (questione di pubblicità o semplice appartenenza al cerchio degli amici degli amici?) tira fuori la parola fascista per etichettare Cammarota, significa che non ci sono argomenti concreti per sostenere la difesa d’ufficio. De Giovanni si può definire fortunato: l’inutile opposizione salernitana, da Celano a Ventura, da Santoro a Sarno, passando per i 5 stelle, dorme sonni tranquilli, non disturba il manovratore, fa finta che non sia successo niente. Mi auguro di essere stato chiaro e certamente, caro Carillo, al di là di questa vicenda, il giornale le saprà offrire il proprio spazio per la sua attività.La domandina finale: De Giovanni manterrà la parola di rinunciare all’incontro o farà come un paio di mesi fa? Non vengo più a Salerno disse. Salvo poi presentarsi regolarmente. Non ci resta che attendere. t.d’a.
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