di Antonio Manzo
La Regione Campania condannata per l’occupazione illegittima di una cava sita a Trivio di Castel Sn Giorgio di proprietà Sicob di Sara Rainone.
La cava era stata occupata nel maggio 1998 per lo sversamento delle macerie e del materiale fangoso dell’alluvione di Sarno. Ora la proprietà ha richiesto il, pagamento dell’occupazione illegittima – la Regione non ha mai espropriato l’area. Di qui la condanna del Consiglio di Stato, dopo 34 anni dall’alluvione di Sarno. La Regione è stata costretta ad un accordo di pagamento dell’occupazione illegittima della cava Sicob per circa 6 milione di euro. La proprietà Rainone ha preteso il pagamento maturato dopo le sentenze: si è accordata con la Regione Campania per 5milioni e 487 mila euro più il pagamento della parcella agli avvocati della Sicob di Rainone per oltre 100 mila euro. La discarica di Sicob ha “trasformato” le macerie in oro ed ora potrà diventare anche eventualmente anche una discarica, uno dei punti favorevoli alla proprietà dopo l’accordo transattivo. E’ il prezzo pagato alla mancata requisizione al tempo della frana del sito di Castel San Giorgio per poi poterlo espropriare per un sopraggiunta emergenza (articolo 42 testo unico sugli espropri). E, soprattutto, la Regione ha pagato tutto a vantaggio dell’impresa perfino con l’utilizzo della cava dismessa e pagando, come se fosse stata una discarica dove erano stati sversati 300mila metri cubi di materiale proveniente dall’alluvione di Sarno. La Regione ha così pagato come se fossero stati rifiuti smaltiti a 15 euro a tonnellate di materia a terre e rocce da scavo e a 30 euro a metro cubo per conferimento di materiale edile. Anzi, la pretesa non tanto banale dell’impresa aveva calcolato un danno di circa 7 milioni di euro e la Regione pronta a pagare ma con uno sconto apparso ma non quantificato del 20 per cento.
Ma per raccontare questa straordinaria storia di burocrazia con milioni di euro a danno dei cittadini, bisogna fare un passo indietro. E di molti anni. Sono le ore tragiche del maggio 1998 quando una frana provoca centinaia di morti nei comuni di Sarno, Quindici in provincia DI Avellino e Bracigliano. Una delle prime emergenze che agli amministratori locali si presenta è quella del deposito del materiale alluvionale che aveva sconquassato i paesi della frana. E’ così che la Regione, all’epoca guidata dal compianto Antonio Rastrelli individua una cava dismessa nelle frazione Trivio di Castel San Giorgio di proprietà della Sicob. Quel giorno drammatico comincia una lunga storia giudiziaria che è finita in maniera più che vantaggiosa per impresa privata mai colpita da un esproprio della cava da parte degli enti e, quindi, procrastinando una illegittima occupazione finita che ha trasformato e le macerie in oro per la ditta Rainone. La prima condanna della Regione Campania arriva nel 2014 e obbliga la restituzione dell’area occupata intimando di provvedere con recupero ambientale al ripristino dei luoghi. In tale condanna viene intimato ai comuni disastrati di Siano, Quindici e Bracigliano di corrispondere al risarcimento del danno per illegittima occupazione. Badate bene siamo già a distanza di 35 anni dall’alluvione. La Regione Campania non dà esecuzione alla sentenza di condanna del Consiglio di Stato e la ditta intende far valere le sue ragioni instaurando jn giudizio di ottemperanza dinanzi al Tar, successivamente definito dalla Regione con atto transattivo del 3 novembre 2022. La palla tanto ha girato con il suo guizzo infernale della politica che a palazzo Santa Lucia la storia iniziata con il presidente di centro destra Rastrelli finisce nelle mani del suo successore di centro sinistra Vincenzo De Luca a ben 30 anni e passa dall’alluvione di Sarno. L’atto transattivo prevede che alla ditta di Sara Rainone (amministratore unico della Sicob, nata a Salerno 22 febbraio 1974), vengano corrisposti 5 milioni 844 mila e 66 euro. Con lo stesso atto transattivo viene anche obbligata la Regione di favorire l’ulteriore riempimento della cava dismessa con materiale derivante da lavori di interesse regionale. In pratica la Regione potrebbe anche formalmente aprire la cava ad ospitare paradossalmente un nuovo sito di rifiuti pagando la proprietà già beneficiaria di un congruo risarcimento danni per l’occupazione illegittima con il materiale di risulta della frana di Sarno.
Arriviamo a novembre dello scorso anno. La giunta regionale decide di mettere fine alla vicenda di burocrazia tutta d’oro per il privato. La giunta delibera di accedere all’atto transattivo e chiudere la vertenza. La delibera dispone gli atti di pagamento di 5 milioni e passa di euro con debiti fuori bilancio. Cioè con soldi non previsti dal bilancio della Regione. E’ chiaro che sorge legittimo l’interrogativo del contribuente: per quale motivo la Regione non ha mai – a partire dai giorni della emergenza drammatica della frana fi Sarno – provveduto ad acquisire l’area con esproprio. La Regione avrebbe “acquistato” il ben con costo notevolmente minore e vantaggioso di quello poi finito per pagare dalla giunta regionale. Operazione che sarebbe stata possibile effettuare ai sensi dell’articolo 42bis del testo unico sugli espropri, tenendo conto che tale acquisto sarebbe costato notevolmente meno e, in ogni caso, la Regione sarebbe titolare di un bene da restituire all’ambiente e alla collettività, ad esempio con un parco pubblico. Ma la storia di straordinaria burocrazia ha fatto pagare un costo enormemente maggiore a tutto vantaggio del privato. La collettività paga soltanto. Il creditore si chiama Sara Rainone.