di Marta Naddei Turbamento di funzione religiosa e oltraggio ad un ministro di culto. Sono queste le due ipotesi di reato su cui ha trovato fondamento l’apertura di un fasciolo di inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Salerno in merito ai fatti relativi alla processione di san Matteo. Una naturale conseguenza di quanto accaduto domenica, giorno in cui la storica manifestazione religiosa in onore del patrono della città si è trasformata in un campo di battaglia, un luogo di sfida in cui ognuno ha voluto dimostrare di essere più forte dell’altro. Al momento, le accuse sarebbero a carico di ignoti: gli agenti della Digos sono a lavoro – vagliando filmati e fotografie – al fine di individuare coloro che hanno letteralmente ricoperto di insulti il vescovo di Salerno Luigi Moretti che ha affrontato la sua personalissima via Crucis tra un improperio ed un fischio. Uno spettacolo indecoroso, quello “regalato” da Salerno al resto dell’Italia che ha facilmente prestato il fianco a similitudini e accostamenti a qualche operatore dell’informazione di testata nazionale – nello specifico Tg5 e Tgcom24 – che non ha perso tempo nell’accomunare l’episodio di Salerno a quelli verificatisi poche settimane fa nel quartiere Ballarò a Palermo e in Calabria. Entrambe le processioni, infatti, si sono fermate per rendere omaggio a personaggi di spicco della malavita organizzata. Cosa c’è di più facile per chi non conosce la realtà salernitana che fare due più due e dire che anche qui, la processione di san Matteo, è stata aggiustata per evitare inchini ai boss di casa nostra? Nulla. Ma forse, la responsabilità di tutto questo non è solo da attribuire a qualche giornalista un po’ distratto ma anche a chi ha consentito di far finire Salerno alla ribalta nazionale.
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